FORMAZIONE

Giannini: “Più programmazione e didattica digitale per superare il gap sugli e-skills”

Il ministro dell’Istruzione: “Innovazione e rilancio delle infrastrutture i pilastri della Buona Scuola. Ma bisogna lavorare anche alla preparazione degli insegnanti”. Nel 2020 serviranno 176mila figure ad alta specializzazione IT

Pubblicato il 30 Ott 2014

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Nella scuola italiana “c’è un gap digitale” su formazione e infrastrutture “che conosciamo e su cui stiamo lavorando” perché nel piano del Governo “fra i pilastri della Buona Scuola c’è la digitalizzazione”. E’ stata il ministro dell’Istruzione Università e Ricerca, Stefania Giannini, ad affermarlo, intervenendo ad un convegno a Roma sulle competenze digitali nell’ambito della campagna europea “e-Skills for Jobs”.

Giannini ha quindi evidenziato che “il livello educativo italiano” passa per l’incremento delle infrastrutture digitali “ma soprattutto – ha spiegato – rinnovando i contenuti, la metodologia didattica e il coding”, cioè la programmazione in informatica. Ciò significa, ha aggiunto Giannini, “anche una preparazione adeguata degli insegnanti”.

Dal convegno, evento conclusivo della campagna campagna europea eSkills for Jobs 2014 – Making a career with Digital Technologies, è emerso che sviluppo dei talenti imprenditoriali non è andato di pari passo con la crescita delle competenze tecnologiche necessarie per la migliore competitività delle imprese italiane.

Secondo un report di Empirica, dal 2009 al 2010 c’è stata una crescita del 9% di cittadini con elevate competenze digitali, soprattutto nell’uso della rete, arrivando al 12% nel periodo 2011-2012, ponendo l’Italia all’11° posto in Europa. Tuttavia, la crescita media europea nell’ultimo dei due periodi analizzati si è assestata al 13,67%, portando l’Italia in 14° posizione. Come dire: cresciamo, ma meno degli altri. Vi è anche una migrazione dell’uso delle nuove tecnologie dall’ambito professionale a quello privato, fatto che può ben essere sintetizzato nell’espressione “internet of things”, per battezzare in certo senso l’era in cui viviamo.

Allo stato attuale sono ben oltre 20mila i posti di lavoro vacanti per figure con alte competenze tecnologiche, ma l’esplosione che si prevede in Italia, stando al report fornito da Empirica, è che si possa arrivare ad 84mila nel 2016, per crescere omogeneamente fino a 176mila nel 2020. Il dato più interessante che emerge, è che diminuisce leggermente il trend di posti di lavoro strettamente legati al settore Ict, passando dalle 654mila unità del 2012 alle 632mila previste nel 2020, mentre cresce la richiesta di figure con competenze in information technology di alto livello anche in settori fuori dall’Ict, passando da 675 mila professionisti nel 2012 agli 808 mila previsti nel 2020, solo per quanto riguarda l’Italia.

L’Italia ha, a livello europeo, uno dei più bassi tassi di occupazione. Ciononostante, ha proporzionalmente anche il più alto numero di posizioni aperte nel settore tecnologico e che non riescono a trovare candidati idonei. Con una disoccupazione giovanile che nella fascia di età fra i 15 e i 24 anni sfiora il 40%, si capisce bene quale può essere il bisogno di competenze digitali.

Un report Modis mette in risalto che nel 2013 c’erano 15.000 posti di lavoro liberi nel settore high tech in Italia l’anno scorso e si prevede che il prossimo anno arriveremo a 19.000. Nonostante la generale mancanza di opportunità professionali, 3.000 di queste posizioni sono rimaste scoperte. E si prevede che quest’anno saranno almeno 4000. Oltre la metà di queste posizioni erano per un impiego full time, un terzo part time e il 13% per l’apprendistato.

Il caso italiano è esemplare, ma a livello europeo la situazione non è molto diversa. Il divario tra il numero di posti di lavoro offerti e il numero di persone con le giuste competenze digitali cresce del 3 % ogni anno, secondo la Commissione Europea.

Secondo le stime della Commissione il gap in tutta l’UE passerà dai 275.000 posti di lavoro offerti nel 2012 a mezzo milione l’anno prossimo e 900.000 entro il 2020.

Le ultime statistiche dell’Ocse sulla scuola italiana e il suo grado di innovazione digitale non lasciano dubbi: sei computer ogni 100 studenti rispetto ad una media europea di 16, portando l’Italia davanti solo a Romania e Grecia. La percentuale di studenti iscritti ad istituti scolastici dotati di apparecchiature con tecnologia di alto livello e con connessione ad internet a banda larga è del 6% rispetto ad una media europea del 37%. Nella stragrande maggioranza dei casi le scuole italiane non sono digital ready.

“Il programma eSkills for Jobs 2014 ha come scopo quello di combattere l’arretratezza italiana nell’uso delle nuove tecnologie come strumento di comunicazione, condivisione di esperienze e crescita, innanzitutto sociale e culturale, e quindi anche economica – ricorda Giancarlo Grasso vicepresidente di Anitec, associazione che coordina in Italia il progetto Ue – Crediamo che il primo passo possa essere quello di mettere a fattor comune le migliori esperienze nel campo formativo e scolastico, sostenute da enti, associazioni e imprese”.

Per John Higgins, Direttore Generale di DigitalEurope, “se non si interviene in maniera decisa per colmare questo gap, c’è pericolo di perdere una generazione di giovani. È essenziale spingere per la loro piena occupazione e il modo più ovvio per farlo, quando le opportunità non abbondano, è quello di formarli adeguatamente per le realtà che, invece, stanno assumendo. E questo significa innanzitutto permettere loro di acquisire le competenze digitali richieste oggi”.

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