SOCIAL MARKETING

Giovani e poco retribuiti: l’Italia non è un paese per influencer

Report Onim: è under30 il 60% di chi svolge attività di comunicazione online. Ma è un ruolo che ancora stenta a trovare posto nel mondo del lavoro

Pubblicato il 05 Ago 2019

L. O.

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Influencer italiano? Non è ancora una professione. Emerge dal report di Onim, Osservatorio Nazionale Influencer Marketing, secondo cui solo il 17% di chi esercita digital influencing riesce a mantenersi. “Un monito importante – annota l’organizzazione – per i tanti che vedono sempre di più l’influencer come mestiere del futuro: affermarsi realmente (non solo a livello di performance) in questo scenario è un obiettivo più complesso di quello che si possa pensare”.

Solo il 16,5% degli intervistati dichiara di chiedere “sempre” una retribuzione, mentre il 24% non la chiede mai. La retribuzione, quando avviene, è rappresentata nel 26% dei casi da “prodotti omaggio”, esperienze gratuite (19%) e nel 38% dei casi da un “contributo economico”.

Del resto gli influencer vengono supportati da agenzie e team nel loro lavoro e nella gestione dei progetti con i brand solo nell’8,3% . “Dopo la crescita vertiginosa degli ultimi anni – fa sapere l’osservatorio – l’influencer marketing sta attraversando un periodo di apparente maturità, provando ad andare oltre l’hype che lo ha accompagnato”.

L’identikit dell’influencer medio italiano descrive individui under30 nel 60% dei casi (il 38,3% under 20). Il 58,5% dichiara di operare come creator da meno di un anno. Accanto a questi, con il secondo dato per rilevanza, le figure “storiche”, che operano cioè da 4 anni.

Tra i settori al top fashion (20,3%), lifestyle (19,2%) e travel (15,2%) su tutti. Staccati food & beverage (7,8%), beauty (8,8%) e tecnologia (5,8%), “settori invece estremamente richiesti e rilevanti per i brand e i loro progetti di Influencer Marketing”.

Instagram si conferma il canale dell’Influencer Marketing. Oltre la metà degli intervistati (53,2%) dichiara infatti di essere fortemente attivo su tale piattaforma. Segue Facebook (18,5%), blog (9,2%), Twitter, LinkedIn, Snapchat. Discorso a parte per YouTube che, pur essendo un canale certamente fondamentale nell’ecosistema Influencer Marketing, registra numeri ridotti (5,1%), causati nella maggior parte dei casi, dalla difficoltà del contenuto video non certo per tutti.

I contenuti visuali si confermano quelli maggiormente utilizzati, sia per la capacità di cogliere l’audience che per le caratteristiche delle piattaforme utilizzate, Instagram su tutte. Le immagini sono lo strumento principale (il 66% le usa “molto spesso”), ormai base, per comunicare, seguite dalle Stories (il 35%), forma radicata nelle strategie di ogni influencer, e dai video, sempre più rilevanti, ma anche più complessi da realizzare con continuità.

La creazione dei contenuti per i brand resta la forma di collaborazione preferita dagli influencer, seguita dalla partecipazione agli eventi e dai progetti di ambassadoring che permettono agli influencer maggiore stabilità economica e la possibilità di essere più coinvolti nel progetto.

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