PRIVACY

Google sotto processo in Uk: ha “spiato” gli utenti Apple

L’Alta Corte di Londra autorizza il procedimento legale nel Paese e non in California come richiesto da BigG. All’esame le denunce di alcuni possessori di iPhone e iPad “tracciati” durante le navigazione su Safari a fini pubblicitari

Pubblicato il 17 Gen 2014

Patrizia Licata

privacy-130508115703

Google di nuovo nei guai per questioni di privacy e stavolta verrà processata in Gran Bretagna, il Paese dove le presunte irregolarità sono state rilevate, a danno di alcuni utenti, e non, come richiesto da Google, nel suo Paese di origine, dove risiedono i suoi server.

A puntare l’indice contro Google sono tre utenti britannici di iPhone e iPad che sostengono che il colosso del web abbia, senza informarli, registrato le loro abitudini di navigazione sul browser Safari per poi bombardarli con pubblicità mirate.

I tre utenti, Judith Vidal-Hall, Robert Hann e Marc Bradshaw, che si sono uniti nel gruppo Safari Users Against Google’s Secret Tracking, hanno visto riconosciuto dalla High Court di Londra il loro diritto ad essere ascoltati in questo tribunale, mentre Google aveva sostenuto che l’alta corte londinese non fosse competente e che dovesse intervenire invece un tribunale della California.

Il gruppo di utenti di Safari accusa Google di aver aggirato le impostazioni di sicurezza del loro browser per registrare le loro abitudini online a fini pubblicitari. Per il giudice Justice Tugendhat, l’alta corte londinese è “la giurisdizione appropriata” per ascoltare le ragioni degli utenti inglesi.

L’accusa parla di un tracking “clandestino” da parte di Google dell’utilizzo di Internet che ha causato disagi ai navigatori in Uk. I tre consumatori sostengono anche che Google faccia un uso inappropriato delle informazioni private, che non rispetti la fiducia che gli utenti ripongono nella società e che violi le leggi di data protection.

Google, come riporta la stampa inglese, ha replicato osservando che le informazioni raccolte non possono considerarsi private, in quanto restano anonome: tali informazioni vengono aggregate e mandate a diversi siti web e servizi di advertising ma non permettono di risalire al singolo utente. “Cento volte zero fa sempre zero, perciò cento informazioni non private aggregate insieme non diventano dati privati”, dice Google.

Ma per il giudice inglese, “Google non metterebbe insieme tante informazioni se questo non rappresentasse per l’azienda un grande valore. E il valore che produce è la facilità con cui si propone il targeted advertising, proprio quello di cui l’accusa si lamenta e che invece permette a Google di generare spettacolari giri d’affari”. Il giudice si dice pronto a considerare l’istanza dell’accusa secondo cui Big G farebbe un uso inappropriato dei dati privati.

“Un caso quasi uguale a questo è stato completamente smontato tre mesi fa negli Usa”, ha commentato Google. “Continuiamo a pensare che il caso non debba essere discusso in Gran Bretagna e faremo appello contro la decisione del giudice”. Al momento non è stata ancora fissata una data per la prima udienza.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articolo 1 di 2