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Guerra al file sharing, la Gdf chiude 20 siti pirata

L’operazione condotta in sei regioni italiane è stata coordinata dalla procura della Repubblica di Torino. Otto gli indagati: mettevano in vendita software e contenuti digitali, compresi gli e-book, in violazione del diritto d’autore

Pubblicato il 25 Lug 2017

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Venti siti pirata oscurati, 8 persone indagate, più 12 computer e otto hard disk posti sotto sequestro. Sono i risultati dell’operazione “cyberlocked”, portata a termine dalla Guardia di Finanza a conclusione un’attività investigativa contro la pirateria condotta in Piemonte, Abruzzo, Campania, Lazio, Puglia, Sardegna e Veneto. A coordinare l’inchiesta, che ha visto le fiamme gialle effettuare perquisizioni a Molfetta, Pescara, Cagliari, Arzignano, Treviso e Manduria, è stato il magistrato Cesare Parodi della Procura della Repubblica di Torino.

Al centro dell’indagine c’è il contrasto a warez, che in gergo informatico indica il materiale, prevalentemente software, distribuito in violazione al copyright. I pirati, secondo gli esiti dell’indagine, si scambiavano e mettevano in vendita materiale digitale – oltre al software anche file multimediali ed e-book tutelato da copyright.

“Sui siti oggetto di sequestro – si legge in una nota delle fiamme gialle – sono stati aggregati e offerti una grande varietà di contenuti. Il meccanismo di condivisione degli stessi mediante il caricamento sui cosiddetti cyberlockers che garantiscono un servizio di archiviazione su internet e registrano quotidianamente milioni di download”.

Il business del filesharing, sottolinea la Guardia di Finanza, ha sempre rappresentato un’enorme fonte di guadagno per i criminali informatici: si stima che il danno inflitto all’economia nazionale dalla pirateria digitale superi 1.2 miliardi di euro e più di 6.000 posti di lavoro persi ogni anno.

L’organizzazione sgominata dalle fiamme gialle ha portato alla luce quella che i militari definiscono “un’organizzazione strutturata, gestita dagli indagati in concorso tra loro, che hanno monopolizzato su scala nazionale il mercato nero della pirateria digitale”.

Dalle indagini emerge che gli indagati abbiano utilizzato “strumentazione professionale e tecnologicamente all’avanguardia”, come i software di encoding e di rimozione del Drm degli ebook, per decodificare gli audio e i video dei film ed eludere le misure di protezione: una tecnica che ha consentito loro me mettere in vendita “prodotti pirata” di qualità pari all’originale.

Per risalire agli uomini dell’organizzazione gli investigatori hanno utilizzato gli indirizzi IP dei siti pirata, che risultano “collocati” in Francia (5 ), Olanda (5), Norvegia (1) e Stati Uniti (9).

Nei confronti degli indagati sono state contestate le violazioni delle leggi che regolano il diritto d’autore (art. 171 bis e 171 ter della legge n. 633/1941), che prevedono la reclusione fino a 3 anni per “l’abusiva riproduzione e cessione con fini di lucro dei prodotti tutelati dal diritto d’autore”.

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