LA RICHIESTA

Guerra dei brevetti: Ibm accusa Groupon e chiede danni per 170 milioni

È la richiesta di risarcimento avanzata alla corte federale del Delaware. La società di Chicago avrebbe utilizzato senza licenza quattro tecnologie proprietarie in materia di e-commerce. Ma la società dei “coupon” online non ci sta: trattative fallite a causa dei prezzi troppo cari

Pubblicato il 17 Lug 2018

Giorgia Pacino

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Un risarcimento da 167 milioni di dollari. È la richiesta avanzata alla corte federale del Delaware da Ibm nella causa intentata contro Groupon, per utilizzo senza licenza di brevetti e tecnologie proprietarie.

La controversia risale al 2016. L’azienda di Chicago avrebbe violato quattro brevetti relativi a tecnologie fondative di e-commerce di proprietà di Ibm. Gli stessi che Big Blue ha invece licenziato ad Amazon, Facebook e Google per un valore compreso tra i 20 e i 50 milioni di dollari per ciascuna compagnia. “Molte grosse compagnie hanno pagato le licenze per questi brevetti”, ha detto l’avvocato di Ibm John Desmarais. “Groupon non lo ha fatto. L’ultimo arrivato rifiuta di assumere la responsabilità dell’utilizzo di queste invenzioni”.

Accuse rispedite al mittente. Secondo Groupon, Ibm avrebbe esteso in modo eccessivo la reale portata dei suoi brevetti, arrivando a rivendicare la proprietà di interi blocchi costitutivi di Internet. “La questione chiave del caso è se questi brevetti coprano il world wide web”, ha detto il legale di Groupon, l’avvocato J. David Hadden. “Non lo coprono, perché Ibm non ha inventato il world wide web”.

Due dei brevetti utilizzati senza licenza riguarderebbero Prodigy, tecnologia degli anni Ottanta che ha precorso i tempi di Internet. Sviluppata da Ibm e altri, descriveva un sistema di visualizzazione di applicazioni e annunci pubblicitari ed era in grado di ridurre il carico di lavoro dei server. Sarebbe poi stato utilizzato senza licenza anche la tecnologia di single sign on, che consente agli utenti di effettuare il log in per accedere a un sito di vendite online attraverso i propri account Facebook o Google.

Ibm in passato aveva tentato di giungere a un’intesa con Groupon, prima di portare la questione in tribunale. La società si è rifiutata di negoziare un accordo di licenza, sostenendo che per Big Blue quello dei brevetti sia in realtà un vero e proprio business. “Ibm – sostiene la difesa di Groupon – usa il suo enorme patrimonio di brevetti come un club per ottenere denaro dalle altre aziende”.

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