LA POLEMICA

Hp, l’ex Ceo Whitman “sotto scacco” nel processo sulla fusione con Autonomy

Nella causa da 5,1 miliardi di dollari per l’acquisizione da parte di Hewlett-Packard finisce nel mirino la manager, testimone chiave dell’accusa: secondo la difesa avrebbe infangato la reputazione del cofondatore di Autonomy accusandolo di frode senza prove

Pubblicato il 07 Giu 2019

Antonio Dini

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Botta e risposta, anzi attacco e contrattacco. Meg Whitman, ex numero uno di Hewlett-Packard, è accusata di aver infangato la reputazione di Mike Lynch, co-fondatore di Autonomy, che HP aveva comprato per 11 miliardi di dollari, prima però di capire se c’è effettivamente stata una frode da parte della società acquisita ai danni di quella acquirente.

Fin dal secondo giorno nella causa da 5,1 miliardi di dollari l’avvocato di Lynch, Robert Miles, si è scontrato con Whitman. Durante la testimonianza dell’ex Ceo di Hp, infatti, questa ha parlato in termini fortemente negativi di Lynch, costringendo anche il giudice a intervenire. La testimonianza si è così trasformata in qualcosa di molto diverso dalle aspettative di Whitman, e cioè in una serie di domande attacchi e polemiche che non hanno rafforzato la posizione dell’azienda.

I problemi sono iniziati durante una delle fasi più serrate di domande sul perché ai tempi non fosse stato chiesta ragione a Lynch delle irregolarità nella rendicontazione finanziaria di Autonomy al momento dell’acquisizione.

“Non so perché avrei dovuto chiedere a un truffatore perché stava commettendo una truffa. Siamo stati semplicemente vittime di una grande truffa”, ha detto Whitman. “No – ha replicato Miles – avevate una possibile accusa di frode e niente di più. E lei lo sapeva bene”, ha obiettato Miles, che l’ha accusata di aver annientato la reputazione dei dirigenti di Autonomy.

“Beh, non credo proprio che sia così – ha replicato Whitman – perché sapevamo esattamente che cosa era successo in questo caso”.

Su questa fase del dibattito è intervenuto il giudice Robert Hildyard: “Se fosse così, io non avrei niente da fare qui. Invece, le cose devono essere provate in tribunale”.

Lo scontro è avvenuto a metà del processo civile contro Lynch e Sushovan Hussain, ex capo delle finanze di Autonomy, quando entrambe le parti stavano analizzando il modo in cui HP ha calcolato la presunta frode in Autonomy – e in che modo l’azienda ha cercato di incolpare i dirigenti di Autonomy. Il gigante informatico statunitense sostiene che è stato costretto a pagare una somma eccessiva per l’azienda di software britannica e che solo un anno dopo ha dovuto operare una svalutazione di 8,8 miliardi di dollari per quella attività.

Il mese scorso a San Francisco, Hussain è stato condannato a cinque anni di carcere per frode contabile. In una e-mail, un dirigente di HP ha dichiarato al Cfo Cathie Lesjak che la società non aveva “mai formalmente preparato nulla” per includere le “irregolarità” contabili nella perdita totale.

“Se la prendiamo al suo valore nominale e non succede nient’altro, direi che qualcosa decisamente non sta funzionando”, ha detto Whitman.

Whitman, che è subentrato come Ceo di HP proprio mentre l’affare di Autonomy è stato completato, ha detto che Lynch si è lamentato ripetutamente di questioni banali. “Avevo bisogno che lui capisse cosa significasse lavorare in una grande azienda – ha detto Whitman – che non può essere una startup senza freni. Dovevo fargli capire: ora sei in una grande azienda e devi recitare la tua parte”.

Lynch è stato licenziato prima che la presunta frode fosse scoperta e dopo che la sua azienda aveva mancato le stime degli analisti per la seconda volta da quando era sotto il controllo di HP. Questa fu, secondo Whitman, “una delle più grandi mancanze della mia carriera”.

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