Ict, meno divario nord-sud, aumenta fra grandi e Pmi

Cambiano i parametri nella diffusione dell’hi-tech fra le aziende e PA secondo il rapporto Banca d’Italia. Ancora modesta la diffusione dei pagamenti elettronici. Solo un’impresa su 10 effettua vendite tramite la rete

Pubblicato il 04 Mag 2010

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L’Italia rimane in netto ritardo nella piena adozione delle
nuove tecnologie Ict nei pagamenti elettronici e nelle attività
in rete. E’ il risultato di un rapporto presentato dalla Banca
d’Italia, condotto nel 2008 su dati del 2007. In questo
contesto di relativa arretratezza, soprattutto se paragonata ai
paesi del nord Europa, rimangono comunque “ampi margini di
crescita” soprattutto se si riuscirà a diffondere una nuova
cultura fra le aziende che al momento rimangono poco propense a
sfruttare appieno le potenzialità di Internet.

Mentre oltre la metà delle imprese fa acquisti in rete, dichiara
Banca d’Italia, soltanto una impresa su dieci realizza vendite
tramite la rete, a conferma dei lenti progressi del commercio
elettronico presso le famiglie. A frenare il ricorso delle
imprese italiane all’e-commerce sarebbe l’esigenza di un
contatto diretto con i clienti e con i fornitori, oltre che
“l’insufficiente presenza di controparti in rete e
l’incertezza sulla loro identità e affidabilità”. Una
possibile soluzione potrebbe venire dalle banche che potrebbero
essere un “importante fattore di propulsione per lo sviluppo
del commercio elettronico”.

In un quadro sostanzialmente negativo, spicca, però, il
progresso compiuto nell’uso della fatturazione elettronica, che
nel 2007 ha interessato il 57,2% delle imprese, contro il 28,3%
del 2004. In questo caso un ruolo propulsivo è stato svolto
dalle imprese fornitrici di servizi pubblici e dalla crescita
degli acquisti in rete. Viene meno anche il divario regionale
nella diffusione dell’Ict. Unica eccezione è quella dei siti
internet: nel nord, infatti, il 70% delle imprese di servizi
possiede un portale, rispetto al 69,5% del centro e al 61,5% del
sud. Un gap che si riduce nel manifatturiero con il 79,9% delle
imprese del nord, il 78,4% di quelle del centro e il 72,8% di
quelle del sud che possiedono un sito internet. Su tutte le altre
voci le differenze sono quasi nulle. Per quanto riguarda la firma
elettronica, ad esempio, la utilizza il 42,4% delle imprese
settentrionali, il 43,4% di quelle centrali e il 44,5% di quelle
meridionali. Ma se è venuto meno il divario regionale nella
diffusione dell’Ict, si conferma quello connesso con il settore
di appartenenza (informatica, ricerca e sviluppo ed elettronica)
e la dimensione dell’impresa che confermano i ritardi nei
settori maturi (tessile e trasporti) e nelle Pmi.

Per quanto riguarda i pagamenti e gli incassi in rete oltre il 45
per cento delle imprese intervistate dichiara di aver regolato in
rete più del 60 per cento dei propri acquisti. Percentuali
minori si registrano per le vendite: il 27 per cento delle
imprese dei servizi dichiara di aver regolato in rete oltre il 60
per cento delle proprie vendite, percentuale che sale a quasi il
36 per cento per le imprese manifatturiere. Gli strumenti di
pagamento più utilizzati sono i bonifici con i quali vengono
regolati oltre il 50 per cento degli acquisti e quasi il 60 per
cento delle vendite nel caso delle imprese dei servizi
(rispettivamente, quasi il 41 per cento e poco più del 53 per
cento per le imprese manifatturiere). Seguono le carte di credito
e gli addebiti bancari. Questi ultimi rappresentano per le
imprese manifatturiere lo strumento più utilizzato dopo i
bonifici. Permane marginale l’impiego delle carte di debito e
degli altri strumenti.

Nel rapporto si legge anche che “le imprese la cui percentuale
di fatture elettroniche emesse rispetto al totale supera il 20
per cento salgono dal 37 al 43 per cento, con una crescita
particolarmente rilevante nelle regioni del Sud (dal 12 a ben il
34 per cento). Se in generale le imprese meridionali sono
promosse dal punto di vista high-tech, non altrettanto si può
dire per la pubblica amministrazione, dove, spiega banca
d’Italia, “buona parte delle innovazioni continua a essere
indotta da obblighi normativi”. Vengono riportati due esempi:
gli enti del sud “sono ancora i più riluttanti ad abbandonare
il supporto cartaceo come modalità di collegamento con il
proprio tesoriere al fine di favorire l’incremento
dell’efficienza dei sistemi di incasso e pagamento”; inoltre,
le asl, che al sud assieme alle regioni sono le più propense
all’innovazione, mostrano “valori dimezzati rispetto al resto
d’Italia per gestire richieste o prenotare servizi”. Ciò
nonostante, l’indice regionale di informatizzazione tra sud e
Centro-nord sale da 0,65 per cento nel 2000 a 0,89 per cento nel
2008 (dove uno equivale alla parità).

Radicali le conclusioni del rapporto: le aziende tendono a usare
i loro siti soprattutto come vetrine piuttosto che come vere e
proprie piattaforme per intrattenere rapporti con la filiera o
per sfruttare le potenzialità dell’e-commerce. Lo studio
inoltre individua una discriminante dimensionale piuttosto che
regionale tra le aziende: le più grandi tendono a investire di
più in nuove tecnologie e ad adottare strumenti nuovi come la
fatturazione digitale mentre le più piccole rimangono a traino.
Secondo gli estensori del rapporto, è chiara la “necessità di
coinvolgere tutte le parti interessate per dare al processo
d’innovazione quella spinta che la crisi attuale sembra
richiedere: un ruolo di innovazione può essere svolto dalle
grandi banche e imprese oltre che dalle associazioni di categoria
e dalle pubbliche amministrazioni”.

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