NUOVE TECNOLOGIE

Il drone, l’occhio che vede dove non si può

Potenzialità immense anche sul piano estetico: sempre più la ripresa privilegia sguardi innaturali, che l’essere umano non potrebbe permettersi. Un punto su cui occorrerà riflettere

Pubblicato il 07 Lug 2014

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Sono riuscito ad effettuare riprese cinematografiche aeree con un drone proprio alla vigilia dell’entrata in vigore del regolamento Enac che ne disciplina l’uso, dal 30 aprile 2014. Una regolamentazione quanto mai opportuna, in presenza di potenziali pericoli per i cittadini e per la navigazione aerea.

I droni fanno parte degli Apr (aeromobili a pilotaggio remoto), sono generalmente dei mini-elicotteri con eliche in numero vario (fino ad otto), che si guidano come aeromodelli, e che portano un piccolo carico (fino a circa 10 kg per i modelli più diffusi): come è evidente, una tecnologia di provenienza militare. Il drone può montare una telecamera anche ad altissima definizione, brandeggiabile e orientabile da terra, che spedisce in tempo reale le sue riprese a terra.

Ho filmato la facciata di un grande palazzo pubblico, al cui culmine c’è una scritta in marmo con la denominazione dell’edificio. A me sembrava di lavorare con un imbianchino. Ho detto all’operatore: “fammi una pennellata della scritta”. Da che parte? Ha chiesto. “Ovviamente da sinistra a destra, nel senso della lettura.” Ma naturalmente possiamo anche invertire il girato.

Il drone si è alzato, in verticale, ha raggiunto rapidamente il frontone e si è posizionato all’inizio della scritta. Guardando nel monitor, abbiamo regolato la distanza dal frontone in modo che la scritta si leggesse nel modo migliore. Poi il drone ha iniziato una ripresa “a nastro”, non so definirla diversamente, pennellando l’intera scritta.

Un carrello, sostanzialmente. Quello che si userebbe per riprendere una sequenza dei graffiti su un muro. Una rotaia parallela alle immagini da riprendere. Solo che tutto avveniva a dieci metri d’altezza, e il carrello non c’era. La preparazione della scena non aveva impegnato più di due-tre minuti.

Abbiamo tentato anche riprese più ardite. Il drone si è posizionato sul tetto, sopra il frontone, si è sporto in avanti, poi si è tuffato. Si è fermato all’altezza giusta per riprendere la scritta. Per fare così sarebbe stato necessario un lungo crane, una gru. Un grosso investimento: nessun direttore di produzione si sarebbe esentato dal rammentare al regista che una ripresa molto simile si può ottenere da terra con teleobbiettivo (ma angolata perso il basso) e comunque non avrebbe corso il rischio di sfasciare la facciata di un edificio di pregio per un errore nella manovra del crane.

Le potenzialità immense anche sul piano estetico: sempre più la ripresa privilegia sguardi innaturali, che l’essere umano non potrebbe permettersi. Un punto su cui occorrerà riflettere.

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