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Il guru della comunicazione? E’ il social manager

Dialoga in Rete, risponde, attira l’interesse, sposta il consenso. Ma non è uno “smanettone”: serve spiccata attitudine culturale. In Italia si guadagna fino a 50mila euro all’anno

Pubblicato il 03 Mar 2014

Dario Banfi

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Con il suo lavoro firma il successo delle campagne marketing sui social media e sempre più spesso anche la comunicazione vincente di politici e leader emergenti presenti su Twitter, Facebook e blog personali.

Dall’elezione di Barack Obama, trainata dal Web, al successo nostrano di Radio Deejay o del marchio Juventus su Twitter, dietro le quinte c’è quasi sempre lui, il social media manager, figura che si sta affermando anche in Italia, destinata sicuramente a crescere per importanza con l’uso crescente della Rete. Le grandi imprese gli affidano oggi la comunicazione di marca e la relazione con i clienti, avverando, in qualche modo, la profezia di chi definiva (ben 15 anni fa!) i mercati digitali come “conversazioni”.

Che cosa fa un social media manager? Dialoga in Rete, risponde, attira l’interesse, sposta il consenso o gestisce le crisi, dosando con equilibrio l’uso dei social media. A volte interviene a titolo personale, come ambasciatore del marchio che rappresenta, molto spesso però rimane nell’ombra, alla guida di interi team specializzati e figure più tecniche.

Nelle grandi aziende gioca un ruolo di collegamento tra le divisioni marketing e comunicazione ed eredita, talvolta, le funzioni assegnate ai responsabili della “Brand Image”.

In società di servizi, come telco o utility, ma sempre più spesso anche nella Pubblica Amministrazione, il social media manager svolge azioni di sostegno ai più tradizionali contact center. Si prenda, per esempio, Inps, che negli ultimi sei mesi ha aperto sei pagine Facebook dedicate ad adempimenti e servizi specifici per lavoratori e imprese. I social media manager hanno, in questo caso, una funzione di contatto e supporto operativo.

Più articolato, invece, è il suo impiego quando assume una connotazione più strategica e di coordinamento. Lo racconta Filippo Giotto, social media manager di Banca Mediolanum. “Il social media manager, in primo luogo, è una persona capace di comunicare. Contrariamente a quanto si possa pensare, il suo requisito principale non è legato alla conoscenza stretta dei mezzi, ma a un’attitudine culturale e d’interazione trasparente. Non è uno ‘smanettone’, ma un bravo comunicatore”.

Figura molto ricercata, viene talvolta associata malamente al tirocinante che aiuta l’ufficio stampa o il marketing. “In realtà il buon social media manager ha una certa seniority, non è per forza un nativo digitale, ma persona capace di operare in azienda e curare relazioni complesse sia all’esterno sia interne”.

Negli ultimi due anni si è imposta come figura di primo livello anche in Italia, racconta Valérie Dupin, social media manager di Fastweb, che coordina le azioni su Facebook, Twitter, Google+ e Linkedin. “È un lavoro che richiede grande flessibilità, capacità d’adattamento e ascolto. Serve empatia, ma non troppa, verso la propria clientela, vicinanza all’azienda e comprensione profonda dei suoi processi”.

Questo è vero soprattutto per le imprese di servizio, dove l’assistenza via social è molto richiesta. In Italia guadagna mediamente tra i 30 e i 50mila euro lordi all’anno, a seconda della complessità del lavoro svolto, della responsabilità assunta e della dimensione d’impresa. Tra gli attrezzi del mestiere, oltre ai dispositivi mobili, indispensabili, e alla conoscenza approfondita dei maggiori social, ci sono anche tool di supporto per la gestione del multitasking, la misurazione dell’efficacia e dei trend, la valutazione statistica sugli utenti e le conversion.

“Il social media manager – continua Valérie Dupin – è persona curiosa, appassionata di scrittura e nelle realtà medio piccole, dove è richiesto far tutto in autonomia, è anche un buon tecnico, un geek. Nelle grandi aziende, invece, trova il supporto di collaboratori e tecnici, magari esterni, specializzati nella cura di singoli canali o prodotti per la comunicazione”.

Dalle agenzie arriva, infatti, supporto strategico, e spesso anche operativo. Come ricorda Nicolò Michetti, ceo di Digital PR, società specializzata in consulenza e servizi di comunicazione online, “alcune aziende si buttano sui social media senza preparazione o aver definito ruoli e policy, senza aver effettuato risk assessment e incappano nei cosiddetti ‘fail’”. Quando se ne accorgono spesso è troppo tardi per correggere il tiro.

Le aziende più accorte, invece, comprendono la necessità d’impostare una strategia social efficace fin dall’inizio, a partire dalla scelta degli obiettivi, dei canali e delle persone coinvolte.

“Molti hanno bisogno di capire come e quanto investire e quali policy adottare. Noi le aiutiamo nell’approccio e, se richiesto, con la messa in opera dei progetti, la realizzazione di contenuti editoriali e storytelling, oppure nella gestione di comunità online e real time marketing”, sottolinea Michetti.

Ogni intervento è tracciato e misurato per valutarne l’efficacia e questo piace a chi acquisisce tali servizi, principalmente responsabili di comunicazione, direttori marketing e in molti casi anche amministratori delegati. “Un social media manager che lavora in azienda ha conoscenza approfondita del brand e delle dinamiche interne”, continua il chief executive officer di Digital PR. “Le agenzie, al contrario, hanno sicuramente maggiore esperienza nella gestione dei social. È un mestiere delicato, ricercato, serve buona tecnica e ottime capacità di scrittura. È uno dei pochi che offre davvero buone opportunità di lavoro”.

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