Il pasticciaccio della webtax

Tra meno di 48 ore, salvo colpi di scena, entrerà in vigore la legge voluta da Francesco Boccia. Questione affrontata con pressapochismo. Ne escono sconfitti Parlamento e Governo. E quest’ultimo farebbe bene a mandare in soffitta la norma

Pubblicato il 27 Feb 2014

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Tra meno di 48 ore, l’Italia sarà il primo Paese in Europa nel quale chi vorrà comprare pubblicità online dovrà rivolgersi necessariamente a un fornitore di servizi dotato di partita Iva italiana. Sabato 1° marzo, infatti – salvo colpi di scena dell’ultim’ora, nel senso letterale del termine – entrerà in vigore l’ormai nota webtax, la legge fortemente voluta da Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera dei Deputati che prevede, appunto, l’obbligo di acquistare servizi di advertising online solo da fornitori con partita iva italiana.

Quello che ci aspetta è uno scenario grottesco, figlio dell’improvvisazione e del pressappochismo con il quale il Parlamento prima e il Governo dopo hanno gestito una questione straordinariamente delicata sulla quale, nel resto del mondo, si studia e discute da anni.

E’ un giudizio severo ma è anche l’unico possibile su una vicenda che – anche a prescindere da ogni questione di merito – rappresenta un’innegabile sconfitta per tutti, Parlamento e Governo in testa.

Una storia cominciata male, proseguita nello stesso modo e destinata a finire peggio.

La storia è cominciata male perché non si sarebbe mai dovuto neppure ipotizzare di infilare una norma destinata a riscrivere le regole della fiscalità nei servizi online, quasi “a panino”, tra le pieghe di uno zibaldone normativo come la Legge di Stabilità, contro il parere negativo del Ministero dell’economia e del centro Studi della Camera dei Deputati. [http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12/19/la-web-tax-e-fuorilegge/819400/]

Eppure è esattamente quello che è accaduto.

Ma non basta, perché non saremmo dove siamo se, nel disperato tentativo di porre rimedio ad un pasticcio normativo figlio dell’ostinazione di un singolo parlamentare e delle influenze di pochi gruppi di pressione, il Governo – quello precedente di Enrico Letta – non avesse mancato di coraggio ed avesse abrogato, senza esitazioni, la norma con un apposito provvedimento.

Invece no. Il precedente Governo si è limitato ad infilare, ancora una volta “a panino”, in un altro zibaldone normativo come il c.d. Decreto Salva Roma, una manciata di caratteri per rinviare al 1° luglio l’entrata in vigore della webtax, nella segreta speranza che, frattanto, il problema sarebbe stato affrontato e risolto in Europa.

Ieri il colpo di scena, inaspettato ma non imprevedibile: il Decreto Salva Roma è decaduto per mancata conversione in legge e con esso è decaduta pure la previsione che avrebbe dovuto rinviare l’entrata in vigore della creatura dell’On. Boccia.

E ora? Lo scenario è davvero grottesco.

Da sabato saremo un Paese fuori legge, popolato da imprenditori anch’essi fuori legge. Sembra un paradosso ma non lo è.

L’Italia, sabato, con l’entrata in vigore della webtax violerà inesorabilmente il diritto dell’Unione Europea che stabilisce che una legge come quella in questione, prima di entrare di entrare in vigore, debba essere comunicata alla Commissione Ue alla quale devono essere lasciati novanta giorni per fare le proprie valutazioni.

Nessuna comunicazione, tuttavia, risulta partita da Roma per Bruxelles e se anche ciò fosse avvenuto, certamente, non sarebbe trascorso il termine di novanta giorni a disposizione della Commissione europea per formulare al nostro Paese rilievi e proposte di modifica.

Ma sempre da sabato decine di migliaia di imprenditori italiani dovranno scegliere tra smettere di comprare pubblicità da Google e gli altri gestori di circuiti di advertising internazionali o continuare a comprarla, violando la webtax e, dunque, divenendo autentici fuorilegge.

E, infatti, da escludere che – per di più senza un briciolo di preavviso – qualcuno dei giganti della pubblicità online, senza neppure esservi tenuto, chieda e ottenga una partita Iva italiana.

E’ la prima “bega digitale” che il neo Governo di Matteo Renzi si trova ad affrontare.

Solo l’Esecutivo, infatti, a questo punto può limitare i danni e arginare la figuraccia che ci aspetta in Europa, giusto alla vigilia del nostro semestre di presidenza.

Serve – e serve subito – un nuovo decreto legge con il quale la webtax venga definitivamente spedita in soffitta in attesa che della questione si occupi l’Europa magari forte proprio dei suggerimenti del nostro Governo che nel proprio semestre di Presidenza ben potrà imporla nell’agenda politica dei 28 Paesi dell’Unione.

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