L'INTERVISTA

Imagine Possible, la nuova vision di Ericsson. Iannetti: “Cambiamento tecnologico epocale”

L’Ad per l’Italia delinea le strategie per il biennio 2022-2023 e fa il punto sulle opportunità che si aprono con il Pnrr a partire dalle gare per il 5G e la banda ultralarga. Le infrastrutture rappresentano un driver strategico per la competitività del sistema imprenditoriale

Pubblicato il 15 Feb 2022

iannetti

Imagine Possible, immaginare che diventi possibile affinché diventi possibile. La tesi della “profezia che si autoavvera” diventa visione in casa Ericsson, asse portante della strategia presente verso il futuro. “Tutto è possibile, basta prima immaginarlo e poi, un passo alla volta, realizzarlo”: Emanuele Iannetti, Presidente e Amministratore delegato di Ericsson in Italia, parte da qui per raccontare a CorCom l’obiettivo dell’evento che ha chiamato a raccolta operatori, istituzioni, realtà no-profit, e imprese per “immaginare insieme questo futuro possibile”. (QUI IL LINK PER RIVEDERE L’EVENTO ON DEMAND).

Un futuro – evidenzia il manager – “in cui la connettività, l’attenzione alla sostenibilità e le competenze digitali avranno un ruolo sempre più centrale”. Il cambiamento tecnologico è in corso a livello mondiale “è epocale”, dice Iannetti “e lo scenario è fatto di incertezze – la pandemia è ancora in corso – ma anche di entusiasmanti opportunità. Una nuova ondata di innovazione è alle porte e sarà in grado di contribuire ad affrontare alcuni dei problemi più rilevanti del nostro pianeta: la crisi climatica, la volatilità socio-economica, i nuovi equilibri geopolitici e l’impatto duraturo della pandemia, per citare i più urgenti”.

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Iannetti, partiamo dalla connettività: come evolverà lo scenario?

Gli investimenti in infrastrutture sono l’elemento chiave per supportare la ripresa dell’economia e per favorire la sua transizione verso un assetto più resiliente, inclusivo e sostenibile ed è uno tra gli elementi cardine su cui si fonda la strategia dell’Unione Europea, volta, con il programma Next generation EU a rispondere alla crisi scatenata dalla pandemia. Ora è tempo di proiettarci verso una connettività senza limiti che consenta di migliorare la vita di tutti, digitalizzare le aziende e aprire le porte a un futuro sempre più sostenibile e rispettoso dell’ambiente. Pensiamo ad esempio al 5G e all’impatto sul cambiamento climatico. Nei settori ad alta intensità di carbonio – energia, trasporti, manufatturiero ed edilizia – le reti di quinta generazione possono consentire un risparmio annuo tra i 55 e i 170 milioni di tonnellate di CO2. Sarebbe come togliere dalle strade dell’Unione Europea un’auto su sette, oltre 35 milioni di veicoli. Questo dato, da solo, ci dà un’idea del ruolo che può rivestire il 5G nei piani di transizione digitale ed ecologica dei singoli Paesi, Italia compresa. Occorre lavorare per colmare il divario digitale e rendere la digitalizzazione un’opportunità per tutti, senza lasciare nessuno indietro.

Crede che il Pnrr possa dare una spinta?

Il Pnrr dovrà dare un impulso decisivo alla trasformazione digitale dell’Italia e alla sua transizione ecologica. Dovrà contribuire a colmare i divari territoriali e a rafforzare la coesione sociale. Dovrà scommettere in maniera convinta su donne e giovani, da cui dipende il rilancio del Paese. Da qui la giusta scelta di dedicare diversi filoni di intervento allo sviluppo delle competenze digitali, nella convinzione che si tratti di una via obbligata affinché tutti possano partecipare alla società e trarre beneficio dalla transizione digitale. Per evitare il divario digitale è necessario non solo sostenere la parità di accesso alle infrastrutture e alle apparecchiature, ma anche l’accrescimento delle i competenze digitali. Parallelamente all’implementazione delle infrastrutture di rete, è quanto più necessario pensare alla formazione dei giovani, tra i più penalizzati dalla pandemia. Avvicinarli alle materie Stem e alle nuove tecnologie, significa non solo prepararli per un mondo del lavoro che è in profonda trasformazione, ma porre le basi per un Paese più competitivo, in grado di attrarre nuovi talenti, trattenere i migliori e dare vita a nuove imprese. Le risorse pubbliche sono fondamentali per ridurre il gap digitale, ma da sole non bastano. Occorrono interventi a tutti i livelli e il coinvolgimento attivo dei privati. Un ruolo centrale lo può svolgere chi opera nel campo delle tecnologie e delle telecomunicazioni, mettendo a frutto il proprio know-how e la pervasività del proprio servizio.

A proposito di 5G, a che punto siamo in Italia?

Il 2022 e 2023 saranno gli anni della svolta. Per accelerare il roll out della banda media, quella considerata più adatta per la copertura nazionale del 5G, servono due cose: riforme e certezze sulle remunerazioni degli investimenti degli operatori per una sostenibilità economica di tutta la filiera. Occorre ad esempio armonizzare i limiti di emissione elettromagnetica agli standard europei e continuare a semplificare le autorizzazioni necessarie alle istallazioni delle reti. Il 2022 è inoltre l’anno delle gare del piano Italia a 1 Giga e Italia 5G. Per arrivare alle coperture richieste sarà opportuno usare un’architettura mista fibra e radio. Il 5G FWA è una soluzione efficiente già ampiamente adottata con successo dagli operatori americani e che dovrebbe essere usata maggiormente nel prossimo futuro anche in Europa. Poi ci saranno gli investimenti in bande medie per il mobile broadband. È da ricordare infine che il 5G stand alone, il vero e proprio 5G, è solo agli inizi anche in Italia.

Ericsson a che punto è con la roadmap?

Siamo stati i primi in Europa a lanciare il 5G stand alone, e stiamo lavorando con moltissimi operatori per preparare il lancio di ulteriori reti. L’Italia seguirà quest’anno e il 2023 sarà l’anno in cui vedremo tanti casi d’uso che fanno leva proprio sulle caratteristiche di questa piattaforma.

Riguardo alla gara 5G, i fondi pubblici serviranno a spingere il roll out?

Il Governo con Italia 5G ha definito il piano di intervento pubblico nazionale per incentivare la realizzazione delle infrastrutture. Penso che a fine 2023 si potranno considerare terminati molti dei punti fissati per raggiungere gli obiettivi programmatici. Si punta a colmare il divario nelle province e nelle città dove oggi c’è effettivamente un digital divide. Contemporaneamente gli operatori continuano a lavorare all’implementazione delle loro reti. Tra la fine del 2022 e la metà del 2023, in Italia potremo contare su un’infrastruttura solida 5G.

Il tema della sostenibilità: quanto è centrale per un’azienda come Ericsson?

La sostenibilità è sempre più al centro della strategia e della visione di Ericsson. Ogni nostro prodotto, soluzione o progetto fornisce un contributo al raggiungimento dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sdg) delle Nazioni Unite. Grazie ai crescenti investimenti in Ricerca e Sviluppo, il portafoglio di prodotti 5G di Ericsson è 6,6 volte più efficiente a livello energetico rispetto al 4G (a parità di dati trasferiti), con l’obiettivo di portarlo a 10 proprio entro quest’anno. Ma oggi appare evidente la necessità di garantire la sostenibilità riferita non solo ai servizi e alla fase costruttiva di un’opera infrastrutturale ma anche al ciclo di vita di ciascuna. È una sfida complessa che non riguarda solo una scelta tecnologica e gli investimenti, ma significa ripensare i modelli di business e di sviluppo. Per i nostri clienti, stiamo quindi adottando il modello “Breaking the energy curve”, che consente di ottenere notevoli efficienze energetiche nell’implementazione delle reti 5G, sfruttando al massimo sia le funzionalità software che l’intelligenza artificiale.

In Italia il mercato di Tlc è in evidente difficoltà. Se ne uscirà? E come?

L’Italia è stata protagonista indiscussa dell’industria delle telecomunicazioni in passato. Purtroppo, la mancanza di una solida politica industriale, negli anni ha portato alla perdita di ricavi, investimenti e talenti. Si è disinvestito nella R&S e molte imprese hanno lasciato il Paese o sono andate consolidandosi. Servono necessariamente politiche pubbliche mirate a favorire lo sviluppo di settori ad alta tecnologia. È necessario che l’Italia consideri applicabile il credito d’imposta per tutte le aziende che hanno centri di ricerca e sviluppo nel nostro paese anche se le attività sono commissionate dall’estero. L’Italia su questo fronte non è competitiva e rischia di non creare nuovi posti di lavoro per i giovani in settori strategici come la R&S. Altri Paesi europei fanno leva sul credito d’imposta quale elemento di attrattività degli investimenti esteri. Andrebbe inoltre implementato un approccio sistemico e integrato basato su progetti di grandi dimensioni, evitando frammentazioni o incentivi a pioggia. Bisogna garantire quadri normativi stabili, chiari e certi, in modo che le imprese possano programmare investimenti di medio-lungo periodo e infine, sarebbe opportuno favorire più partnership tra ricerca pubblica e privata.

Ericsson è presente in Italia da 104 anni e ha contribuito a rendere le telecomunicazioni alla portata di tutti, grazie a importanti innovazioni tecnologiche prima nel fisso e poi nel mobile. Solo negli ultimi 20 anni, i centri di Ricerca e Sviluppo italiani hanno generato più di 750 brevetti. Oggi viaggiamo al ritmo di circa 1 brevetto ogni 10 giorni e abbiamo 700 ricercatori nei tre centri di Genova, Pisa e Pagani. Mettere al centro la ricerca e lo sviluppo significa per il Paese ritornare a fare innovazione e soprattutto imboccare quella strada che porta diritto allo sviluppo economico, sociale e culturale di cui l’Italia ha bisogno.

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