STARTUP

Innovazione, Mizzi: “I governi siano venture capitalist”

Secondo il fondatore di Working Capital la chiave è il Government as a platform: “Bisogna trasformare l’Europa nel luogo in cui si generano i migliori talenti al mondo”

Pubblicato il 10 Lug 2014

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“I governi nazionali e il governo europeo devono agire come Venture Capitalist dell’Innovazione. E rendere l’Europa il luogo in cui si generano i migliori imprenditori innovativi del mondo”. Salvo Mizzi, fondatore di Working Capital, il programma di accelerazione di Telecom Italia, sta vivendo con passione e convinzione la svolta europea nei confronti delle startup, che si concretizza nel Sep (Startup Europe Partnership) e a Digital Venice trova spazio in un workshop dedicato, l’8 luglio, dove lui è, insieme al capo della segreteria tecnica del ministero dello Sviluppo Economico Stefano Firpo, reporteur, estensore della relazione finale.
Mizzi, lei crede molto nella nuova dimensione continentale ma avverte la necessità di profondi cambiamenti. Che cosa serve?
Prima di tutto superare la mentalità burocratica: le startup sono una evoluzione, molto accelerata, del fare impresa. E oggi fare impresa – in Italia e in molti paesi europei – è sostanzialmente un atto di eroismo individuale. A causa dell’enorme peso del settore pubblico e dei corpi intermedi, della tassazione e della configurazione regolatoria confusa, incerta e complessa. Se tutto questo è vero, direi che non servono regole ulteriori, ma la capacità di rimuovere con grande decisione gli ostacoli che impediscono la nascita di imprese innovative, mettendole nella condizione di competere in tutto il mondo.
Se non servono nuove regole, quali sono le azioni necessarie?
Le startup coincidono – nella fase iniziale, la più delicata e decisiva – con il Founder o con i co-Founder che la creano. In sintesi, se l’Europa non è in grado di generare nuovi imprenditori per le ragioni di cui sopra, non può illudersi di crearli in vitro o a forza nelle Università, nei Parchi tecnologici o nelle stanze di Bruxelles in cui si producono meravigliosi orizzonti ventennali. Non funziona oggi, non funzionerà domani. Bisogna investire in tutto il sistema formativo e nel supporto diplomatico, economico, tecnologico e culturale necessario. I governi nazionali e il governo europeo devono agire come Venture Capitalist dell’Innovazione, il cosiddetto “Government as a Platform”. E rendere l’Europa il luogo in cui si generano i migliori imprenditori innovativi del mondo. Ma bisogna avere voglia di cambiare il mondo e lasciare una traccia nella storia. Serve grande, grandissima, politica.
Ma ci sono le risorse finanziarie?
I numeri non sono brillanti. L’Italia (dati Aifi) ha investito nel 2013 circa 81 milioni in operazioni con capitale di rischio. 40 in meno del 2012! Germania, Francia e Regno Unito viaggiano su cifre dieci volte superiori: tra i 700 e i 900 milioni. Poi ti guardi intorno e vedi che la sola area di San Francisco registra una decina di miliardi investiti. Giochiamo in un’altra serie. Certo, ci sono i fondi europei, spesso citati per produrre esempi negativi. Non li spendiamo bene, di frequente li impieghiamo in maniera randomica oppure dobbiamo restituirli per manifesta incapacità. Molto qui sta cambiando in meglio, ma di base la modalità culturale con cui affrontiamo il tema va trasformata. Troppi piani quinquennali, troppa burocrazia e troppi intermediari. L’unico modo è semplificare la filiera e accorciare la catena, usando la strumentazione del venture capital, la sua agilità e flessibilità. Infine, bisogna avere una sola cabina di regia su scala nazionale. La pioggia di fondi innovazione annunciati, che transitano per vie regionali o metropolitane, devono far parte di un quadro chiaro, che eviti duplicazioni o iniziative velleitarie. Le policy italiane su startup, crowdfunding e startup visa sono comunque un buon punto di partenza. Personalmente, qui in Italia sostengo con forza la proposta di usare un miliardo di liquidità confiscata alla criminalità organizzata per finanziare un Fondo Innovazione, a favore di giovani e imprese innovative. Non solo per trasformare il male in bene, ma perché non esiste leadership senza atti simbolici.
Telecom Italia è stata la prima azienda europea a supportare Sep. Perché? Con quali obiettivi?
Condividiamo totalmente le premesse e gli obiettivi della iniziativa della Commissione Ue, Startup Europe Partnership: le large corporations europee, in assenza dei grandi over the top Usa o dei tech billionaires reduci da exit o Ipo, sono l’unico soggetto che ha le spalle abbastanza larghe per investire in innovazione e dunque in startup con ambizioni globali. Telecom Italia è attiva fina dal 2009 sul tema e con Working Capital ha letteralmente aperto in Italia questo mondo. Oggi contiamo quattro acceleratori, stiamo per assegnare 41 grant da 25mila euro alle startup della classe 2014, e abbiamo lanciato il nostro veicolo seed di corporate venture capital. In Sep portiamo anche la nostra innovazione di processo: con Albo Veloce, le nostre startup entrano nell’albo fornitori del Gruppo; con il Basket Innovazione scontiamo del 50% il primo contratto delle startup in Albo, accelerando l’innovazione. Una soluzione che va a vantaggio di tutto l’ecosistema e che vogliamo far scalare a livello europeo. Il punto di arrivo è offrire alle startup un mercato continentale e globale.

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