L'AUDIZIONE IN PARLAMENTO

Intelligenza artificiale, Bellezza: “L’Italia inverta la rotta su investimenti e competenze”

Il componente del board del Comitato del Consiglio d’Europa sull’AI: “Nel Paese ci sono punte di eccellenza ma serve una nuova policy che metta al centro il sistema della formazione e sostenga lo sviluppo delle startup”

Pubblicato il 27 Set 2023

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L’Italia è inditero sugli investimenti nell’AI ma ha le carte in regola per recuperare. Lo ha sottolineato Marco Bellezza, membro del board del Comitato del Consiglio d’Europa sull’intelligenza artificiale, in audizione in commissione Attività produttive alla Camera, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sull’intelligenza artificiale.

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Punte di eccellenza ma non bastano

“In Italia abbiamo punte di eccellenza ma siamo ancora indietro sul fronte degli investimenti e della pratica applicazione di questi sistemi nel nostro sistema produttivo caratterizzato da un tessuto vasto di pmi – ha puntualizzato Bellezza – Questa situazione di apparente svantaggio competitivo può però rappresentare un’occasione se vi fosse l’intenzione di creare e adottare modelli compatibili con quanto previsto dal regolamento europeo con peculiarità nazionali”.

Serve una nuova policy

I pilastri su cui fondare una nuova policy e favorire lo sviluppo di questi sistemi sono la formazione e lo sviluppo di competenze e gli investimenti in startup e pmi innovative che si occupano di sistemi di intelligenza artificiale – ha puntualizzato l’esperto – È inoltre necessario assicurare un coordinamento tra tutte le iniziative che saranno messe in campo”.

Le azioni chiave

Sul fronte competenze, secondo Bellezza, si deve partire dall’individuazione di modalità utili a consentire una formazione diffusa che parta dagli Its e dagli istituti di formazione “formale” ma che non escluda altri soggetti che svolgono tali attività partendo dalle esperienze imprenditoriali.

“Un altro pilastro fondamentale è rappresentato dagli investimenti necessari per far crescere e maturare dei soggetti nazionali in grado di competere in un settore per definizione globalizzato – ha detto Bellezza – Sotto questo profilo peculiare come è noto dopo un biennio di grande crescita il mercato del venture capital nazionale registra un deciso rallentamento dovuto in larga misura all’aumento del costo del denaro e alla maggiore appetibilità di forme più tradizionali di investimento. Ma, a differenza del passato, a partire dal 2020 l’Italia si è dotata di uno strumento molto importante di politica industriale Cdp Venture Capital Sgr-Fondo Nazionale Innovazione, che ho avuto il privilegio di far nascere e sviluppare, che nel tempo è diventato il principale motore degli investimenti nazionali in startup e pmi innovative andando a gestire oltre 3 miliardi di risorse”.

Nell’ambito di questo strumento, sarebbe opportuno “pensare a dei fondi verticali che da un lato specializzino gli investimenti in ambiti specifici che possano trovare risposta ed adozione nel nostro tessuto imprenditoriale, fatto come noto di pmi, e dall’altro che abbiano l’ambizione di creare dei campioni nazionali in grado di competere in uno scenario quantomeno continentale”.

Il terzo ed ultimo pilastro è rappresentato dalla necessità di una politica che orienti le pmi verso l’adozione di questi strumenti. “Il regolamento Ue, anche per favorire la ricerca e la diffusione di questi sistemi, pone l’accento su sandbox regolamentari che però nel nostro Paese non hanno storicamente avuto particolare successo. Piuttosto occorre puntare su forme di adozione diffusa dell’AI partendo dalle piccole e medie imprese attraverso il ripensamento di un sistema di incentivi che miri alla selettività ed eccellenza degli interventi”, ha concluso.

Fimi: “Tutelare i titolari dei diritti”

Ascoltata in commissione anche la Fimi – Federazione industria musicale italiana, secondo cui la partita dell’AI si gioca anche sul fronte della tutela dei diritti d’autore.

“È un settore che ha attraversato una rivoluzione e anche in Italia ha radicalmente cambiato il settore, offrendo opportunità legate allo streaming e alle nuove tecnologie con un radicale mutamento del quadro produttivo, artistico e creativo – hanno spiegato i rappresentanti Fimi – L’83% del mercato italiano è costituito dal digitale. Ci troviamo però davanti a una sfida importante, in particolare rispetto all’intelligenza artificiale generativa. Le società che realizzano piattaforme in grado di generare contenuti autonomi, che si basano su opere d’arte e produzioni culturali, devono ottenere l’autorizzazione per questi contenuti. Le piattaforme ingeriscono una quantità enorme di contenuti tutelati da copyright ma non forniscono informazioni ai titolari dei contenuti affinchè quetsi ultimi possano esercitare il diritto di opt out o possano chiedere licenze per consentire l’autorizzazione. Non si tratta di limitare l’evoluzione tecnologica ma di garantire maggiore trasparenza”.

Fimi, pur riconoscendo un ruolo sempre più importante dell’AI nei processi creativi, ha evidenziato come, anche per le tecnologie precedenti, l’utilizzo di opere protette da copyright richieda l’autorizzazione del proprietario dei diritti. “L’intelligenza artificiale deve essere soggetta a licenze di libero mercato per l’utilizzo di opere nello sviluppo e nella formazione dei modelli di intelligenza artificiale. I creatori e i titolari dei diritti devono mantenere il controllo esclusivo sulla determinazione della modalità di utilizzo del loro contenuto. Gli sviluppatori di intelligenza artificiale devono garantire che qualsiasi contenuto utilizzato a scopo di formazione sia approvato e concesso in licenza dal titolare dei diritti, inclusi i contenuti utilizzati in precedenza da eventuali IA pre-addestrate. Inoltre, le voci e le sembianze di artisti e atleti devono essere utilizzate solo con il loro consenso e con un equo compenso di mercato per usi specifici”, si è precisato.

Aicel: “AI disruptive per l’e-commerce ma serve policy ad hoc”

Aicel, l’Associazione Italiana Commercio Elettronico, ha invece sottolineato la potenza disruptive dell’intelligenza artificiale per l’e-commerce” sottolineando la necessità di fare scelte responsabili, nel pieno rispetto dei diritti degli utenti e dell’equilibrio del mercato.

Per questo Aicel ritiene necessario che il legislatore intervenga ai fini dell’integrazione delle attuali policy con una specifica AI Policy. Al di là delle fonti normative europee che delineano l’ambito giuridico dei contesti digitali, fra i quali il Digital Services Act e il Digital Markets Act, nell’attesa della conclusione dell’iter normativo dell’IA Act, gli stakeholders e gli operatori economici necessitano di una politica di orientamento concreta e applicabile fin da subito.

“La posta in gioco è elevatissima poiché collegata alla tutela dei diritti fondamentali delle persone fisiche, alla loro fiducia al loro rispetto”, ha sottolineato la vicepresidente di Aicel, Manuela Borgese nel corso dell’audizione. – E’ fondamentale prevedere a livello normativo meccanismi di integrazione e di coerenza, a presidio dei merchant per la pianificazione digitale del canale di vendita che possa facilmente integrare i sistemi di intelligenza artificiale. Il rischio è la compromissione della competitività e della libera concorrenza perché se l’adozione di tali tecnologie diventa appannaggio delle Big tech e dei colossi dell’e-commerce, in possesso di mezzi, competenze e strumenti per beneficiarne al meglio, si rischia irrimediabilmente il monopolio dei dati e quindi del potere e della ricchezza”.

L’intelligenza artificiale interviene dinamicamente nei principali aspetti della vendita online, digitalizzando processi e fornendo un eccezionale supporto rispetto all’intero processo di vendita, a partire dall’individuazione dell’acquirente potenziale fino all’assistenza efficace e dinamica nel post-vendita.

Un utilizzo particolarmente interessante dell’intelligenza artificiale sarà quello applicato alla customer experience, rimarca Aicel. I servizi nell’e-commerce potranno essere sempre più fondati sulla centralità del cliente, sviluppando la capacità di proporre ai consumatori ciò che vogliono, quando lo vogliono grazie a un percorso personalizzato su aspettative e preferenze, su un’assistenza sempre attiva e ad automazioni basate su chatbox ed assistenti virtuali.

E questo aspetto solleva un’altra questione. La maggiore automazione dei processi potrebbe certamente compromettere l’inquadramento di alcune figure lavorative. Tuttavia, Aicel ha sottolineato che l’AI sta creando nuove opportunità ed esigenze e generando opportunità per nuovi ruoli professionali. Pertanto, il rischio concreto sarà il gap di competenze nel settore, ancora significativo stando agli ultimi indici europei, che potrebbe impedire di cogliere le nuove sfide. A questo proposito Aicel ritiene indispensabile prevedere dei percorsi formativi in modo da prevenire le nuove esigenze del mercato.

Infine, l’influenza dell’AI sulla fiducia dei clienti che è uno degli elementi cardine dell’e-commerce. È fondamentale che le aziende siano trasparenti sull’uso dei dati personali da parte dell’AI e che garantiscano equità, imparzialità e accuratezza dei loro algoritmi, nel pieno rispetto della privacy e della protezione dei dati.

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