L’Italia ha “un’occasione, perché nel 2024 saremo presidenti del G7. Tra le attività intendiamo tenere anche una conferenza internazionale sul rapporto tra intelligenza artificiale e lavoro: una materia sulla quale dobbiamo coinvolgere gli attori privati, perché costruire una governance dell’intelligenza artificiale non vuol dire lavorare contro le aziende, ma dialogare col mondo privato in un mondo in cui gli interessi pubblici e privati, entrambi legittimi, non sono sempre sovrapponibili e a volte sono in contrasto”. Lo ha annunciato il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel corso della riunione del Comitato interministeriale per la transizione digitale tenutasi a Palazzo Chigi.
“Noi dobbiamo evitare che aumenti il divario tra i ricchi e i poveri, che scompaia la classe media e che in definitiva l’impatto dell’intelligenza artificiale sia più negativo che positivo sulle nostre vite e sulle nostre società – ha spiegato il premier -. In questo immane lavoro, viene in nostro aiuto anche ciò che è stato fatto dalla Santa Sede, con la Rome Call for AI Ethics, un documento per un approccio etico all’intelligenza artificiale. Tra le nostre priorità c’è quella di fare in modo che l’AI sia incentrata sull’uomo e controllata dall’uomo. Dobbiamo lavorare per garantire delle barriere etiche all’intelligenza artificiale e dare applicazione pratica al concetto di algoretica, ovvero dare un’etica agli algoritmi”.
Uno scenario fra opportunità e rischi
Il premier Meloni ha chiarito le ragioni della convocazione del Comiato, spiegando come fosse “opportuno fare il punto tra di noi sul lavoro che il Governo sta portando avanti, nel suo complesso e attraverso le sue diverse articolazioni, per rispondere alle enormi sfide che ci vengono poste dall’intelligenza artificiale, o meglio ancora dalle intelligenze artificiali, dato che ce ne sono diverse che vengono applicate in modi diversi e in molti settori della nostra vita. È un tema che, come sapete, ha attraversato questo primo anno di Governo e che ho personalmente affrontato in varie occasioni e ai massimi livelli. Mi riferisco, ad esempio, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ma anche al recente AI Safety Summit di Londra promosso dal primo ministro Sunak e dal Governo britannico”. “Anche in quel contesto – ha aggiunto – ho ricordato che l’intelligenza artificiale generativa può essere considerata come la più grande sfida intellettuale, pratica e antropologica di quest’epoca e probabilmente non soltanto di questa epoca. Le applicazioni di questa nuova tecnologia possono generare grandi opportunità in molti campi ma anche portare con sé enormi rischi. Credo anche che per noi sia più facile vedere le opportunità che prevedere i rischi, anche perché ci troviamo di fronte a un progresso che va molto veloce e che spesso supera la capacità della politica di mantenere il passo”.
Fondo per le startup di settore
Sul fronte della transizione digitale guidata dall’AI, Giorgia Meloni ha poi ricordato che “è in fase di costituzione un fondo specifico per sostenere le startup italiane del settore. A questo proposito sono d’accordo col Sottosegretario Butti quando dice che dobbiamo lavorare per la nascita di campioni nazionali anche in questo campo, nel quale possiamo essere all’avanguardia, purché si lavori sul tessuto produttivo e industriale, per essere all’altezza della sfida a livello globale”.
Un rischio anche per le professioni più qualificate
“Siamo di fronte – ha rimarcato ancora la premier – ad una grande rivoluzione, diversa da quelle che ci hanno preceduto, per la velocità e l’impatto che può avere sulle nostre vite e sulle nostre società, collettivamente intese. L’intelligenza artificiale cambia il modo in cui facciamo le cose, esattamente come è accaduto con l’energia elettrica o con la rivoluzione industriale. Ma, rispetto al passato, l’intelligenza artificiale prefigura un mondo in cui il progresso non ottimizza le capacità umane, ma le sostituisce. E se in passato questa sostituzione riguardava soprattutto il lavoro fisico, in modo che le persone potessero dedicarsi a lavori di concetto, ora è l’intelletto che rischia di essere sostituito, e questo riguarda anche i lavoratori altamente qualificati. Credo che correremmo dei rischi enormi se considerassimo questi ambiti come zone franche senza regole. Rischiamo di avere nel mondo del lavoro molte persone e professionalità che non saranno più necessarie. Abbiamo visto qualcosa di simile con la globalizzazione, che ha portato a una verticalizzazione della ricchezza e a una sofferenza della classe media, che si è impoverita. La mancanza di controllo delle catene di approvvigionamento fondamentali ci ha fatto scoprire, quando sono arrivati gli shock, che c’era stata una sottovalutazione dei rischi, ai quali quindi non eravamo preparati”.
Una tecnologia che garantisce un vantaggio competitivo fra i Paesi
“L’avvento dell’intelligenza artificiale – ha poi spiegato il premier – avrà inevitabilmente anche un impatto sui nostri sistemi democratici, la sfida sarà evitare interferenze in un mondo in cui non sarà facile distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è. Quindi l’intelligenza artificiale è destinata ad incidere marcatamente sugli scenari geopolitici e sugli equilibri attuali, banalmente perché è una tecnologia che può garantire a chi la gestisce e la utilizza un vantaggio competitivo. Esattamente come è successo, e succede ancora, per altre tecnologie, a partire dall’energia. La storia ci ha insegnato che dalla competizione per procurarsi quel vantaggio e dalle differenze tra chi ha raggiunto quel vantaggio e chi resta indietro possono nascere tensioni, se non addirittura conflitti”.