LO SCENARIO

Investimenti esteri, l’Italia sempre più attrattiva sul fronte IT

È quanto emerge da un report di EY. Il settore dell’Information Technology al 16% in un anno. Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania i Paesi che più scommettono sulla nostra crescita

Pubblicato il 20 Giu 2023

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L’Italia ingrana la marcia dell’attrattività nei confronti degli investimenti esteri, con l’It che fa da traino. Nel 2022 siamo in testa alle grandi economie europee per numero di progetti realizzati grazie agli investimenti diretti esteri (Ide): il totale è di 243, pari a un incremento dei progetti su base annua del +17%, mentre la media europea è dell’1,4%. Servizi B2B e il comparto It, con il 19% e il 16% degli Ide totali del 2022, sono i settori più attrattivi per gli investitori stranieri in Italia. È quanto emerge dall’EY Europe Attractiveness Survey 2023, ricerca annuale che analizza l’andamento degli investimenti diretti esteri in Europa e le percezioni di investitori, rappresentanti istituzionali e opinion leader locali e internazionali.

I nostri maggiori “concorrenti” europei – Germania, Regno Unito e Francia – continuano ad attrarre la maggior parte dei flussi di investimenti diretti esteri, il 50% del totale in Europa. Ma registrano performance al di sotto delle aspettative: Germania -1%; Regno Unito: -6%; Francia: +3%.

Servizi B2B e comparto It trainano la crescita

L’Italia continua a essere attrattiva, anche in un anno in cui le difficoltà economiche e finanziarie, insieme alle crisi geopolitiche, hanno avuto un impatto sugli investimenti diretti esteri in Europa. Se il continente registra un incremento modesto dell’1,4% rispetto al 2021, l’Italia si posiziona tra i primi dieci Paesi europei per numero di progetti: un segnale di fiducia nei confronti del Sistema Paese”, sottolinea Massimo Antonelli, ceo EY Italy e Chief operating officer EY Europe West.

L’Italia è riconosciuta come uno dei principali mercati di consumo in Europa: il 68% degli investimenti è infatti volto al posizionamento sul mercato locale; mentre il 32% degli investimenti è guidato dalle competenze e dal know-how locale.

EY rileva anche un forte ottimismo per le prospettive del nostro Paese: il 54% delle imprese intervistate ha intenzione di investire in Italia nei prossimi dodici mesi e il 57% ritiene che l’Italia migliorerà la propria attrattività nei prossimi tre anni.

Il trend positivo del nostro Paese deve essere uno stimolo a un ulteriore miglioramento: c’è ancora uno spazio di crescita rilevante considerando la dimensione dell’economia italiana: si è mantenuta costante al 4% la quota di mercato dell’Italia sul totale degli investimenti diretti esteri a livello europeo (Francia e Germania detengono rispettivamente il 21% e il 14%).

L’opportunità offerta dal Pnrr e la tenacia dimostrata dal tessuto imprenditoriale italiano possono essere alla base di nuove strategie di crescita nel medio e lungo periodo”, commenta Antonelli

I Paesi che investono in Italia

In linea con il trend degli anni passati, i Paesi che hanno investito maggiormente in Italia nel 2022 sono: Stati Uniti (21%), Francia (14%, superando la Germania), Regno Unito (14%) e Germania (11%). Si conferma il trend del friendshoring, ossia la tendenza a investire in aree geografiche con cui sono in essere buone relazioni, consolidate e di lungo periodo.

Per quanto riguarda la distribuzione delle risorse sul territorio nazionale, gli investimenti in Italia sono per lo più concentrati nelle regioni del Nord-Ovest (57%), dove si trovano alcuni dei distretti industriali più attrattivi (ad es. meccanica, tessile, pelletteria, design, automotive). A seguire il Centro Italia (16%) e il Nord-Est (12%). Positiva la crescita degli investimenti destinati al Meridione (dal 10% al 15% del totale).

Pnrr strategico sull’R&D

I settori digital economy, energia e beni di consumo, incluso il comparto agroalimentare, sono quelli considerati dalle imprese estere come più promettenti nel trainare la crescita italiana nei prossimi anni”, evidenzia Marco Daviddi, Strategy & transactions markets leader Europe West e Strategy & transactions leader Italy di EY. “Business services, marketing e vendite e processi di produzione risultano essere le funzioni aziendali su cui gli investitori esteri puntano maggiormente, anche per effetto dei trend di reshoring e nearshoring. La funzione di ricerca e sviluppo, tra quelle a maggior intensità di know-how, risulta ancora meno sviluppata in Italia rispetto ad altre economie europee: in quest’ambito lo spazio di miglioramento è ampio e si potrà far leva sugli investimenti pubblici del Pnrr”, secondo Davide.

Il 35% degli investitori intervistati (rispetto al 70% del 2021) ritiene che la principale area su cui i policymaker italiani dovrebbero intervenire sia la riduzione dell’imposizione fiscale su consumatori e imprese, seguito dalla diminuzione del costo del lavoro (34%). Emergono, tra le aree su cui indirizzare politiche attive a supporto dell’attrattività, il miglioramento della qualità della vita, lo sviluppo sostenibile dei sistemi urbani e il supporto ai processi di innovazione.

Italia attrattiva su Esg, energia e talenti

La dimensione del mercato italiano rappresenta per il 65% del campione intervistato il principale driver che spinge gli investitori a stabilire una presenza diretta nel Paese, al fine di indirizzarsi ai consumatori. Anche il limitato grado di concorrenza in alcuni settori dell’economia nazionale rispetto ad altri Paesi europei, spesso caratterizzati dalla presenza di imprese di maggiori dimensioni, è percepito come un incentivo a investire in Italia per il 57% degli intervistati. Vincoli burocratici (64%) e incertezza politica e regolatoria (55%) sono gli elementi che, al contrario, disincentivano maggiormente gli investitori.

L’Italia è promossa dagli investitori per l’impegno su tematiche Esg, incentivi all’innovazione tecnologica e formazione del capitale umano. In particolare, più del 50% degli investitori ritiene che l’Italia abbia una quota di fonti rinnovabili nel mix di energia prodotta superiore agli altri Paesi europei (ad esclusione di Regno Unito e Portogallo, che in questo ambito hanno un posizionamento superiore). Italia, Regno Unito e Francia sono i Paesi con la miglior tutela della proprietà intellettuale percepita a livello europeo; infine, per il 52% degli intervistati l’Italia è sopra la media europea nel promuovere una cultura aziendale flessibile e inclusiva.

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