DIGITALE

Isiamed, “ecco com’è andata”

“Ha fatto bene il Parlamento a dimostrare finalmente terzietà e a scegliere di salvaguardare la sovranità digitale nella sua ultima legge di bilancio: era improcrastinabile provvedere a una radicale correzione di rotta rispetto ad una traiettoria di scelte “a prevalenza informatica” che avevano semplicemente trascurato il dna del made in Italy”. L’analisi di Pier Domenico Garrone, senior partner Isiamed

Pubblicato il 02 Gen 2018

Pier Domenico Garrone

senior partner Isiamed

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La Gazzetta Ufficiale (L. 27.12.2017 n. 205 comma 1087, in G.U. 29.12.2017 n. 302 S.O.) “Al fine di affermare un modello digitale italiano come strumento di tutela e valorizzazione economica e sociale del Made in Italy e della cultura sociale e produttiva della tipicità territoriale” individua” l’Istituto Isiamed per la promozione di un modello digitale italiano nei settori del turismo, dell’agroalimentare, dello sport e della smart city.” Palesemente è un provvedimento che riguarda l’innovazione del modello digitale del Made in Italy. Palesemente confonderlo con un provvedimento per il settore dell’informatica è come confondere “televisione con televisori”.

Come ha detto il Premier Paolo Gentiloni, “in legge di bilancio 2018 abbiamo fatto cose importanti per l’innovazione”.

E’ vero ed era improcrastinabile provvedere ad una radicale correzione di rotta rispetto ad una traiettoria di scelte “a prevalenza informatica” che avevano semplicemente trascurato che il Dna del Made in Italy è, per noi italiani, inalienabile. Non lo svendiamo per nessuna ragione al mondo. Tutti gli italiani si scontrano nella vita quotidiana con l’indecenza informatica quando ritiriamo una raccomandata invece di scaricarla o quando verifichiamo che un bonifico allo sportello bancario ora costa euro 5,00 o ancora perché abbiamo una tessera sanitaria, una patente, una carta di identità anziché un unico documento e ci viene chiesto di andare allo sportello per rinnovare i codici di accesso. Questi sono solo il 2% degli esempi di situazioni affrontate solo come business per l’informatica, per non parlare della colonizzazione informatica che è una delle ragioni di difficoltà delle aziende tipiche italiane. Il business development digitale dell’imprenditore tipico italiano non è stato affrontato perché non fa parte della cultura dei produttori informatici a prevalenza extra UE. L’industria informatica italiana trova un proprio senso di esistere solo tipicizzando la propria competenza: altrimenti rischia solo di essere “maggiordomo “ di tecnologie extra UE.

Ha fatto molto bene il Parlamento a dimostrare finalmente terzietà e finalmente a scegliere per  salvaguardare la sovranità digitale nella sua ultima legge di bilancio. In giro c’è ancora chi vorrebbe “trasformare” anzichè innovare l’Italia “. Un errore è stato consigliare di scegliere le tecnologie prima di innovare il modello di business.

Ad esempio il modello di banca tradizionale è un “monologo”: ovvero la banca comunica con il cliente solo rispetto alle proprie regole e sovente a prescindere dall’interesse reale del cliente stesso. La banca digitale è dialogo e partecipazione al business del cliente. Le tecnologie seguono e servono a realizzare il business – ma non sono il business, in questo caso – per la banca. I miliardi spesi in informatica, quando manca un modello digitale, sono la più costosa tassa che un cittadino paga per l’incompetenza digitale del proprio Comune, della propria Regione.

Il Parlamento ha individuato, per affermare “un modello digitale italiano”, lo storico Istituto Italiano per l’Asia e per il Mediterraneo, accreditato nelle relazioni internazionali dove si è guadagnato la stima delle ambasciate presenti in Italia, di Governi ed importanti forum di economia di ogni continente. L’Istituto Italiano per l’Asia ed il Mediterraneo è una associazione che non ha fini di lucro ed è presieduto da una autorevole personalità come Gian Guido Folloni, per 9 anni direttore di Avvenire chiamato da Sua Santità San Giovanni Paolo II e con esperienze istituzionali come senatore e come Ministro della Repubblica.

L’Italia, in questa XVII legislatura parlamentare, sta passando dal rame alla banda ultralarga con il più importante investimento europeo di oltre 7,1 miliardi di euro. L’Italia è la nazione al mondo con la più grande e diversificata offerta commerciale nei settori agroalimentare, turismo, cultura e con 7978 Comuni dove risiede la tipicità nel Dna delle micro e piccole imprese che genera il prodotto mondiale noto come “Made in Italy”. In questa legislatura l’Italia però è cifrata dall’Unione Europea agli ultimi posti nell’economia digitale. Rilevante peraltro che il Parlamento introduca per la prima volta l’affermazione della necessità di un “modello digitale italiano” anche per la sicurezza oltre che per la valorizzazione del Made in Italy. Mancava, è stato proposto, approvato ed è legge pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Il “modello digitale italiano” affronta e propone una soluzione ai gravi ritardi e problemi creati dalla colonizzazione informatica.  Sta di fatto che la politica digitale dell’Italia va totalmente innovata senza trasformare gli italiani in sudditi informatizzati.

La relatrice del provvedimento, quindi principale fonte autentica, sig.ra sen. Magda Zanoni ha fatto giustizia di una specifica ed errata informazione riportando un senso istituzionale al dibattito vero: lavorare per il Sistema Paese nell’economia digitale.

Valga poi che il motore di ricerca Google riporta alla richiesta “modello digitale italiano” soprattutto le attività di analisi, ricerca, progettazione ideate e prodotte Isiamed insieme a competenze acclarate presentate, ad esempio e non solo, in Regione Lombardia il 29 giugno e in Comune di Genova il 12 dicembre oltre che sui principali media nazionali ed internazionali.

Cosa succederà nel 2018? La legge di bilancio 2018, comma 1087, verrà regolarmente attuata da un plurale di competenze italiane per affermare un “modello digitale italiano” utile a far riacquistare al “Sistema Paese Italia” la leadership smarrita nell’innovazione digitale. Fin qui, l’attuale condotta ci costa più di una patrimoniale nella fruizione in Italia dei servizi pubblici, nell’attrazione degli investimenti, nell’affermazione delle competenze italiane negli asset strategici dell’economia digitale, nel sostegno reale e meno convegnistico del Made in Italy. Il Presidente Folloni mi ha informato di aver già preso contatto con il Mise e di aver disposto con il suo autorevole consiglio di amministrazione una fitta agenda di lavori per una presentazione dei progetti congiuntamente ai partner per le competenze nei settori agroalimentare, sport, turismo, smart city. Come ogni innovazione cose diverse e frutto di rigore per la responsabilità istituzionale che comporta anche un confronto internazionale e perché l’investimento per la banda ultralarga, affidato in prevalenza ad Open Fiber, sia l’opportunità di inclusione dei Cittadini italiani e delle imprese italiane, a prescindere dalla collocazione territoriale e dimensione, nell’economia digitale.

Pier Domenico Garrone, Comunicatore e cofondatore de Il Comunicatore Italiano – primo think tank italiano sulla web reputation e l’economia digitale – è senior partner Isiamed. Ha lavorato nelle Istituzioni, nelle multinazionali delle telecomunicazioni , aeroporti, ha partecipato al primo ingresso di una società informatica italiana in borsa a Parigi. Collabora con i media nazionali come esperto di economia digitale e web reputation e con Accademia di Comunicazione di Milano.

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