ITALIUP ERICSSON

L’industria dell’Ict: “Innovazione ha bisogno di politica economica chiara”

L’appello del comparto in occasione dell’annuale convention di Ericsson. Ostacolo maggiore rimane “resistenza” culturale. E serve progettualità definita

Pubblicato il 30 Giu 2014

Matteo Buffolo

tavola-ericsson-140628182420

Il governo può portare un’ondata di cambiamento e innovazione, ma per farlo è necessario che ci siano un passo avanti a livello culturale, uno shock e, anche a livello europeo, delle scelte di politica economica chiare, con una progettualità definita. Sono questi i punti che sono emersi dalla tavola rotonda ‘Industrie a confronto’ che Ericsson ha organizzato al suo incontro annuale ItaliUp a Venezia, dove ha riunito l’ad di Telecom Italia, Marco Patuano, quello di Fastweb, Alberto Calcagno, quello di 3 Italia, Vincenzo Novari, il presidente di Credit Suisse Italy ed ex numero 2 di Confindustria, Aurelio Regina e Maria Letizia Mariani, presidente di Europa Philips Lighting.

In apertura dei lavori, subito dopo l’intervento di Nunzio Mirtillo, numero uno dei Ericsson Italia e presidente della Regione Mediterranean è intervenuta anche Alessandra Poggiani, direttore di Venis (la società Ict del Comune di Venezia) la quale oltre ad accendere i riflettori sull’imminente appuntamento con Digital Venice, l’evento organizzato a Venezia dal governo e dalla Commissione europea ha evidenziato il ruolo determinante delle multinazionali dell’Ict nella trasformazione del contesto economico e sociale: “Le pmi italiane hanno bisogno delle multinazionali per la trasformazione e di essere accompagnate in un mercato pronto anche in Italia. Le aziende che vendono online sono solo il 4%, gli utenti il 30%, quindi c’è bisogno del vostro aiuto, in questa fase di cambiamento”, ha detto appellandosi ai presenti all’evento Ericsson.

“Le premesse per un cambiamento ci sono, internet ne è un pilastro centrale e gli operatori possono recitare un ruolo centrale fra infrastrutture, performance delle reti e sicurezza”, ha sottolineato Calcagno, indicando però la necessità di “un cambiamento culturale”. “Le premesse ci sono, ma non è solo un tema di infrastrutture, serve anche la service adoption”, ha aggiunto.

Una posizione condivisa da Novari, secondo cui “il Paese respira il cambiamento”. Adesso, però, dopo lo “shock istituzionale” che in parte c’è già stato, ne serve uno “strutturale”, che guardi a “economia e imprese”. “Bastano due o tre cose concrete, a patto che sia deliberabili nel breve”, ha sottolineato, indicando la strada all’esecutivo Renzi. Non si tratta, però, di qualcosa che dipende solo dal governo.

Secondo l’ad di Telecom Italia Patuano, infatti, “le intuizioni portate sul tavolo 10 o 15 anni fa” dagli esecutivi “erano straordinariamente moderne, ma poi non sono state tradotte nei fatti”. “Aziende come Telecom – ha chiosato – il cambiamento lo vivono da sempre, però per anni si è vissuta una forte dicotomia fra ansia di cambiamento delle imprese e un diverso ritmo con cui cambiava non tanto il governo, quanto la Pa”. E se adesso si vede che “moltissime aziende hanno creato il Cto, chief transformation officier”, all’Italia serve “una progettualità paese”: se quindi “le aziende devono investire, la cosa pubblica e il sistema normativo si devono ammodernare in modo coerente”. Molto, ha aggiunto, deve venire anche dall’Europa. “Sembriamo tutti stupiti del fatto che in Europa manchi politica industriale, ma finché l’Ue sarà un’unione monetaria avremo solo politica monetaria in comune”, mentre invece “come minimo dobbiamo prendere delle scelte di politica economica, altrimenti sarà difficile competere con sistemi come gli Usa o quello orientale”.

Da parte loro le imprese hanno compiti diversi. “La nostra missione – ha esemplificato Mariani di Philips Lighting – è creare innovazioni che abbiano un impatto positivo. Quando la vedi così, sposti i tuoi investimenti lungo questi assi”. Applicandola all’amministrazione pubblica, ad esempio, si potrebbe usare l’innovazione per cambiare il paradigma dell'”illuminazione pubblica”, che, connessa in rete, darebbe la possibilità di avere “un 70% di risparmio energetico”, con un conseguente risparmio sulle finanze dei Comuni, che potrebbero usare questi soldi per altre voci.

Il cambiamento, insomma, è il messaggio al governo, non passa solo attraverso le “infrastrutture”. “Le istituzioni e una parte della politica – ha ammonito Calcagno – identificano l’innovazione nel numero dei chilometri di fibra ottica, che risultano sempre troppo pochi, ma il governo dovrebbe ragionare anche sulla service adoption. Oggi – ha continuato con una metafora – abbiamo un’autostrada a due corsie: se è vero che dovremmo averla a 8, è altrettanto vero che bisognerebbe riflettere che una di queste due corsie è attualmente vuota”.

Per cambiare, ha detto ancora Novari, è “fondamentale rimettersi in discussione in maniera continuata”, ma anche “capire dove il Paese vuole andare”. “Spero che il premier Renzi e la sua squadra si siedano e disegnino questo percorso”. “Siamo lo Stato che ha perso più Pil, ma abbiamo perso molto anche in termini di etica, valori, capacità di confrontarsi nelle regole e nel mercato”, ha lamentato Regina. “C’è bisogno di cambiamento e trasformazione e anche in questo il Governo, e Matteo Renzi in particolare, hanno impresso velocità”.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articolo 1 di 3