MERCATO

La Sec accusa Elon Musk di frode, a picco il titolo di Tesla

Nel mirino dell’autorità Usa i dopo i tweet del manager del 7 agosto scorso con i quali annunciava il delisting della società: “Dichiarazioni false”. E ora l’impreditore rischia la poltrona

Pubblicato il 28 Set 2018

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La Sec, l’ente regolatore di Borsa americano, ha fatto causa ad Elon Musk e a Tesla per frode in merito al presunto progetto di delisting dell’azienda. La US Securities and exchange commission prende così i suoi provvedimenti dopo il tweet con cui, il 7 agosto, il fondatore e Ceo dell’azienda delle supercar elettriche si diceva intenzionato a tornare alla gestione “privata” di Tesla, un progetto poi abbandonato.

Il tweet è stato accompagnato da un messaggio pubblicato sul blog di Musk in cui l’imprenditore spiegava che liberare la gestione aziendale dalla pressioni della remunerazione degli azionisti dava ai dirigenti più libertà di pensare alle strategie di lungo periodo. Nel tweet sul possibile delisting Musk si diceva disponibile a ricomprare le azioni Tesla sul mercato a un prezzo di 420 dollari ciascuna e che l’operazione era resa possibile dall’appoggio finanziario di un fondo di investimento saudita. A fine agosto Musk ha fatto sapere che aveva rinunciato all’ipotesi delisting e che il finanziamento previsto per l’operazione non era arrivato.

Per la Sec, come riportano i media Usa, le affermazioni di Musk sono state “false e ingannevoli” e hanno turbato il mercato: appena diffusa la notizia, le azioni di Tesla sono schizzate dell’11%. Il regolatore sospetta anche delle “omissioni”; Musk “sapeva, o ha agito sconsideratamente se non lo sapeva, che le sue dichiarazioni non avevano fondamento”, ovvero che non c’era alcun accordo nero su bianco con un fondo saudita (una notizia che il Ceo continuava a confermare a metà agosto, quando sul suo blog affermava che la trattativa con il fondo sovrano dell’Arabia Saudita era in corso e che il 5% delle azioni Tesla era già passato di mano).

La Sec scrive ancora che Musk ha calcolato il prezzo di 420 dollari per share sulla base di un premio del 20% rispetto al prezzo di chiusura del titolo nel giorno del tweet su delisting, perché, continua la Sec, Musk ha pensato che il 20% fosse il ‘premio standard’ nei casi di aziende quotate che tornano private. Il calcolo esatto dava 419 dollari, ma Musk ha arrotondato la cifra a 420 perché, si legge ancora nel documento della Sec, “aveva da poco scoperto il significato del numero nella cultura degli utilizzatori di marijuana e ha pensato che la sua fidanzata lo avrebbe trovato divertente”. La Sec può perseguire le violazioni civilmente, imporre multe ma anche chiedere l’interdizione di un manager dalla guida di un’azienda quotata.

“Questa azione ingiustificata da parte della Sec mi lascia profondamente deluso e amareggiato”, ha replicato Musk. “Ho sempre agito nel miglior interesse della verità, della trasparenza e degli investitori. L’integrità è il valore più importante nella mia vita e i fatti dimostreranno che non ho mai compromesso tale valore in alcun modo”. Tesla e il suo Cda hanno dichiarato al sito Cnbc di avere “piena fiducia” in Musk.

La causa intentata dalla Sec non è una sorpresa per Musk. Il mese scorso sono state presentate due denunce al Tribunale federale di San Francisco da parte di due investitori contro il Ceo e la sua azienda che, secondo gli accusatori, avrebbero violato le leggi federali sull’aggiotaggio comunicando false informazioni. Kalman Isaacs, uno dei due denuncianti nonché investitore di Tesla, sostiene che i tweet fuorvianti avrebbero fatto gonfiare il valore del titolo e che la mancata smentita della notizia avrebbe contribuito ad alterare la quotazione.

Altre cause hanno fatto seguito, molte delle quali intentate da investitori che avevano scommesso sul crollo del titolo, proprio quegli “short sellers” che Musk ha più volte attaccato come nemici della sua azienda.

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