Lasciamo lavorare Piacentini

Non sono mancate le polemiche di chi paventa conflitti di interesse. E c’è chi giudica peccato mortale avere mantenuto le azioni Amazon. Come se da Palazzo Chigi si potessero seriamente influenzare i corsi di Borsa del colosso di Seattle. La trasparenza dell’azione è fondamentale. Ma non avvelenare preventivamente i pozzi. Lo si giudichi pure. Ma a posteriori, dai risultati

Pubblicato il 16 Set 2016

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La nomina era stata anticipata a inizio febbraio con uno scambio di tweet fra il presidente di Amazon, Jeff Bezos, e il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Ma l’insediamento formale di Diego Piacentini quale commissario straordinario per il digitale è avvenuto soltanto a metà agosto, dopo l’approvazione del nuovo Codice dell’amministrazione digitale che ne istituisce la figura, ne precisa i compiti, ne definisce i poteri.

I primi passi dell’ex vicepresidente di Amazon mondo (“ex” nel senso che si è preso due anni di aspettativa) sono stati defilati. È apparso con Renzi e Obama al G20 a Hangzhou. Per il resto, si è tenuto lontano dalla ribalta. Nemmeno un tweet o un post su Facebook.

Quello di Piacentini non sarà un compito facile ed evitare la sovraesposizione mediatica è comprensibile, data la complessità, la difficoltà e (per lui) la novità dei dossier da affrontare. Traghettare la PA italiana dal cartaceo al digitale non è affatto un giochetto semplice (lo si vede purtroppo da lunghi anni di paralisi e difficoltà realizzative), così come sarà altrettanto difficile per il settore privato (manifatturiero e servizi in primis) cogliere sino in fondo le sfide della digital economy, cioè dell’economia tout court.

Se Piacentini tace, non sono mancate le polemiche di chi paventa suoi conflitti di interesse. C’è chi non si accontenta della spiegazione che lavorerà gratis per il desiderio di “mettersi al sevizio di un Paese dove ho vissuto quarant’anni”. Affermazione più da “americano” che da “italiano”, a dire il vero: ma perché sospettarlo di mendacio prima ancora di vederlo alla prova? Oppure, c’è chi vede il fatto che Piacentini si è messo in aspettativa da Amazon e non licenziato come il mascheramento di chissà quale doppio gioco a favore del gruppo americano.

E c’è chi giudica peccato mortale avere mantenuto le azioni Amazon in suo possesso. Come se da Palazzo Chigi si potesse seriamente influenzare i corsi di Borsa del colosso di Seattle.

Ovviamente, la trasparenza dell’azione è fondamentale. Ma non avvelenare preventivamente i pozzi. Non si pretende che chi non è d’accordo con la sua nomina ringrazi Piacentini per la disponibilità. Ma almeno lo si lasci lavorare serenamente, dandogli gli strumenti per farlo, compresa una squadra forte. E lo si giudichi pure. Ma a posteriori, dai risultati.

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