LA MANOVRA

Legge di Stabilità, credito d’imposta anche per la ricerca

Riconosciuto detrazioni fino a un massimo annuo di 5 milioni di euro per spese relative a R&S pari ad almeno 30mila euro. Via alla razionalizzazione delle partecipate

Pubblicato il 23 Ott 2014

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Renzi “sconta” la ricerca. Nella legge di stabilità, firmata questa sera dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, entra anche il pacchetto di bonus sulla ricerca. Il credito d’imposta per gli incrementi di investimenti in ricerca effettuati dalle aziende sarà del 25% (livello standard) e, qualora si tratti di spese per l’impiego di personale altamente qualificato o si attivino contratti di R&S con enti di ricerca ed università, il bonus passa al 50%.

Secondo quanto previsto dall’articolo 7 del disegno di legge ne potranno fruire tutte le imprese, senza alcun vincolo di fatturato, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico, e dal regime contabile adottato. Sparisce quindi il vincolo, attualmente previsto con la legge 145/2013, che riserva il bonus alle sole aziende con fatturato annuo inferiore a 500 mila euro.

Nello specifico la norma proposta dal governo riconoscerà un credito d’imposta per il 25% degli incrementi annuali di spesa nel settore Ricerca e Sviluppo, registrati in ciascuno dei periodi d’imposta di applicazione dell’incentivo, rispetto alla media realizzata nel triennio antecedente al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015. Il bonus potrà riguardare gli investimenti effettuati sino all’esercizio contabile che si chiude al 31 dicembre 2019.

Per accedere all’incentivo le imprese dovranno realizzare un investimento minimo annuale in attività di R&S pari ad almeno 30mila euro. Il massimo credito d’imposta conseguibile da ciascun beneficiario sarà pari a 5 milioni di euro annui.

Le spese ammissibili sono: a) personale altamente qualificato impiegato in attività di ricerca e sviluppo (come ad esempio dottori di ricerca con laurea magistrale in discipline tecniche); b) quote di ammortamento delle spese di acquisto o utilizzo per strumenti e attrezzature di laboratorio, in relazione alla misure al periodo di utilizzo per l’attività di ricerca e sviluppo e con costo unitario non inferiore a 2mila euro; c) contratti di ricerca stipulati con università e organismi di ricerca ; d) spese relative a contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca ed organismi equiparati, e con altre imprese comprese le start-up innovative ; d) spese per competenze e di natura scientifica, tecnologica . Per le voci a) e c), indica la norma, il bonus è riconosciuto nella misura del 50 per cento delle spese medesime.

La vigilanza sul corretto utilizzo dell’incentivo fiscale sarà a carico dell’Agenzia delle Entrate. Le spese di ricerca dovranno essere rendicontate e supportate da idonea documentazione contabile certificata dal soggetto incaricato alla revisione legale o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel registro della revisione legale dei conti. La certificazione di tali spese dovrà essere allegata al bilancio sociale.

La legge di stabilità punta anche alla razionalizzazione degli enti a partecipazione pubblica.

Altro punto chiave, come scritto nei giorni scorsi da Cor.Com, è la messa all’asta della banda L, le frequenze tra i 1452 e i 1492 MHz, attendendosi dall’operazione un incasso minimo di 600 milioni. La “banda L” era originariamente stata attribuita ai servizi di radiodiffusione sonora e di radiodiffusione sonora via satellite dalla Conferenza Mondiale di radiocomunicazione del 1992, e poi destinata alla fornitura del servizio di radiodiffusione sonoro numerico terrestre T-DAB. Già nel 2007 l’allora ministro alle Comunicazioni Paolo Gentiloni nel suo programma aveva avanzato la proposta di cedere questa porzione di spettro alle telco.

L’asta riguarderà gli operatori mobili già presenti in Italia e assegnatari di frequenze, perché la porzione di spettro individuata dovrà essere utilizzata dalle telco come supplemental downlink, per consentire cioè agli utenti di ricevere e scaricare dati in modo più veloce ed efficiente.

Lo strumento più utile per raggiungere il risultato potrà essere il Piano nazionale di ripartizione delle frequenze del Mise, che attribuisce la banda 1452-1492 MHz al servizio mobile, e che ormai conclusa la consultazione pubblica potrebbe vedere definitivamente la luce entro novembre.

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