RAPPORTO ANITEC-ASSINFORM

Soffre l’Ict italiano ma nel 2021 la ripresa. Gay: “Digitale asset della ripresa italiana”

Nel 2020 atteso un calo del 3,1% pari a un mercato da 69,7 miliardi. Il settore meno impattato sarà quello dei servizi di rete che recupererà un punto percentuale. E il prossimo anno si crescerà del 4,7%. Il presidente: “Bisogna andare oltre il contingente, mai come oggi servono concretezza e una politica ad hoc”

Pubblicato il 22 Giu 2020

copertina

Nel 2020 il mercato digitale passerà al segno meno, con un calo del 3,1% attestandosi a 69,7 miliardi. Nella peggiore delle ipotesi si registrerà un -5% ma nel 2021 si tornerà alla crescita: atteso per il prossimo anno un +4,7%. Queste le stime messe nero su bianco nel Rapporto “Il Digitale in Italia 2020” di Anitec-Assinform in collaborazione con NetConsulting cube. (QUI TUTTE LE SLIDE DELLA PRESENTAZIONE)

La crescita messa a segno nel 2019 sarà purtroppo vanificata dall’impatto dell’emergenza Coronavirus, un impatto che però – evidenzia l’Associazione di Confindustria – sarà decisamente inferiore al paragone con le stime sul crollo del Pil e di molti settori dell’economia.  “Sino a tre mesi fa contavamo di presentare un andamento complessivo del mercato digitale italiano sostanzialmente in linea con le previsioni – sottolinea il presidente Marco Gay –. In crescita del 2,1% per il 2019, e atteso crescere anche di un punto in più nel 2020, a conferma di un moderato progresso nella digitalizzazione di imprese, amministrazioni pubbliche e famiglie. Poi è arrivata l’emergenza sanitaria a stravolgere tutto, con la prospettiva di un Pil 2020 in calo di un pesantissimo 8-9%. Il mercato Ict nel 2020 limiterà il calo al 3,1% per recuperare nel 2021, per la capacità del digitale di dare ossigeno all’economia nelle fasi più difficili, la sua anticiclicità e la sua vocazione a sostenere una ripartenza che sarò lunga. Sono aspetti che invocano visioni e politiche adeguate per il digitale, e soprattutto concretezza, anche in vista del sostegno dell’Europa”.

“Dobbiamo sfruttare quest’occasione storica per ridisegnare il Paese su più elevati standard di efficienza, produttività, sostenibilità, trasformando la sperimentazione di massa sull’utilità delle tecnologie digitali avvenuta durante il lockdown in un progetto d’innovazione strutturale, pervasivo, inclusivo, per la società e l’economia”, ha aggiunto il presidente di Confindustria Digitale Cesare Avenia. “Fare presto è fondamentale, l’attenzione alle start up del decreto Rilancio Italia è positiva ma risorse più importanti arriveranno dall’Europa e sarà fondamentale che queste risorse giungano alle imprese”, ha evidenziato Luigi Gubitosi che la la delega al digitale in Confindustria.

I servizi di rete guadagnano l’1% Tengono cloud, cybersecurity e Iot

In dettaglio quest’anno il calo maggiore è atteso per la componente Servizi di rete, che subirà una sforbiciata del 3,9%. Ma considerato che lo scorso anno la perdita era stata del -4,8%  di fatto si recupererà un punto percentuale. Diversamente si attesteranno a -3,7% la componente Servizi Ict, Software e Soluzioni Ict, a -3,5%, Contenuti Digitali e Digital Advertising al -1,5% e Dispositivi e Sistemi a -1,1%.  Il tutto a fronte di un 2019 che era stato in forte rialzo: il mercato digitale italiano è cresciuto del 2,1% a 71,9 miliardi di euro (71.932 milioni), proseguendo la crescita, anche se a un tasso leggermente inferiore rispetto all’anno precedente per effetto della pressione sulle tariffe dei servizi di rete. In tutti gli altri comparti la progressione è risultata netta e diffusa: Servizi Ict a 12.302 milioni (+5,8%); Software e Soluzioni Ict a 7.694 milioni (+7,8%); Dispositivi e Sistemi a 19.125 milioni (+1,7%), mentre i Contenuti Digitali e Digital Advertising (12.093 milioni, +8,4%) hanno mantenuto un andamento sostenuto.

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Il 2019 non va dimenticato. Ci ha consegnato un Paese ancora in ritardo nell’innovazione digitale, ma pur sempre in progresso e con una dotazione di sistemi, reti e servizi che ha permesso di attenuare gli effetti del lockdown”, evidenzia Gay. “Sono questi i fatti che poi, nei primi mesi del 2020, hanno permesso il lavoro a distanza di milioni di addetti, la continuità delle attività nelle imprese che più hanno investito nel digitale, l’accesso all’informazione, la salvaguardia di servizi pubblici essenziali, dalla sanità sino alla scuola da remoto. Ciò dovrebbe essere all’evidenza di chi, proprio in questi giorni, sta affinando il quadro dei provvedimenti per il rilancio, e invoca la progettualità necessaria ad accedere ai fondi straordinari dell’Unione Europea. Perché il digitale è centrale in una strategia d’intervento che vada oltre il contingente e dia basi solide alla ripartenza, agendo da moltiplicatore. Oggi, non basta accontentarsi della sua maggiore capacità di resistere in un momento difficile, e men che meno di farne il belletto per riveicolare approcci lenti e conservativi”.

Nonostante il calo atteso per il 2020 continueranno a crescere a tassi a due cifre le componenti più innovative, a partire dal Cloud, dalla Cybersecurity, dall’IoT e dalle piattaforme di lavoro collaborative e da remoto (smartworking incluso) che già nel 2019 sono cresciute con tassi a due cifre e hanno visto progredire la loro quota sull’intero mercato digitale al 19,5% dal 13,4% del 2018.

Il digitale deve essere messo al centro di una strategia di rilancio dell’economia che vada oltre il contingente, colga l’urgenza di ammodernare il Paese, renda sostenibile il nuovo debito, dia basi solide alla ripartenza, aiuti ad accedere ai fondi europei. Non può essere l’accessorio delle visioni di sempre.  Mai come oggi servono concretezza e una politica per il digitale”. La ripartenza, secondo Gay, “sarà solo un fuoco di paglia fondato sul debito se l’aiuto emergenziale non lascerà progressivamente spazio a una politica di ricostruzione fondata sull’investimento in eccellenze produttive e di servizio, capaci di creare valore. Queste sono le stesse condizioni poste dalla UE per accedere a fondi straordinari che, se approvati in toto, renderanno disponibili al nostro Paese 172 miliardi di euro, tra prestiti e contributi a fondo perduto, per investimenti. E il digitale è essenziale per questo cambio di passo. Passo che è comunque alla base del recupero della fiducia a investire nelle imprese di tutti i settori e nello stesso comparto Ict; e che è essenziale per dare impulso alla digitalizzazione della PA e della Sanità, accelerare lo sviluppo delle infrastrutture a banda ultralarga fisse e mobili, sostenere le startup innovative e ammodernare l’istruzione, anche per colmare il gap di competenze digitali. Mai come oggi appare strategico e urgente dotarsi di una politica digitale all’altezza dei tempi, e attuarla”.

L’Associazione di Confindustria ha messo nero su bianco anche una serie di proposte per spingere la digitalizzazione, lato domanda e offerta.

Le proposte per incentivare la domanda Ict

alle imprese di tutti i settori la possibilità di non rallentare i processi di trasformazione digitale o di avviarli, rafforzando stabilmente i fondi d’incentivazione e allungando i tempi di crediti di imposta, ammortamenti e scadenze di rimborso dei finanziamenti;

alle infrastrutture a banda ultra-larga nuova spinta realizzativa, semplificando gli iter autorizzativi, quindi lanciando i nuovi bandi per le aree grigie e attivando le incentivazioni d’utenza a famiglie, PMI e centri per l’impiego, tutte cose già cofinanziate da fondi UE;

alla PA la possibilità di contare su gare di minor complessità e durata, e su risorse e progettualità utili a ricuperare i ritardi di interoperabilità tra Amministrazioni;

alla scuola strategie, infrastrutture e competenze specifiche alla didattica a distanza;

alla sanità spinta alla digitalizzazione delle in aree chiave, dai grandi database per la prevenzione, alla diffusione in tutte le regioni del Fascicolo Sanitario Elettronico, all’interoperabilità dei sistemi.

Le proposte a sostegno dell’offerta Ict

dare stabilità nel tempo agli incentivi alla R&S introdotti più di recente e di concentrarli sugli ambiti a maggiore potenzialità, privilegiando le possibilità di industrializzazione e  identificando poli e atenei su cui far leva;

dare attuazione e continuità al rinnovato supporto alle start-up hi-tech – con particolare riferimento al Fondo Innovazione, Fondo centrale di garanzia ad esse riservato, alla  defiscalizzazione chi vi investe – e di  ampliare la detraibilità delle perdite di esercizio iniziali;

superare un gap di competenze che interessa migliaia di posizioni e che limita le potenzialità del settore, intervenendo sul sistema formativo attraverso l’aggiornamento dei percorsi di studio, la valutazione delle performance degli atenei, la costante promozione dei percorsi di studio Ict a livello di laurea e Istituti Tecnici Superiori.

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