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Ma un frate trappista può usare Twitter?

Come impatta Internet con le pratiche religiose? Cosa vuol dire Facebook per un convento di clausura o per una comunità buddista?

Pubblicato il 17 Giu 2013

Enrico Menduni, professore di Media e Comunicazione Università Roma Tre

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Come impatta Internet con le pratiche religiose? Cosa vuol dire Facebook per un convento di clausura, o per una comunità buddista? Un confronto con gli studiosi di storia delle religioni (Rieti, Centro europeo di studi agiografici, 5 giugno 2013) mostra come i mass media siano stati molto importanti per diffondere le vite dei santi e il carisma del papa, mentre i social network abbiano più a che fare con le devozioni, cioè l’aspetto sociale e pubblico della preghiera: consentono ai fedeli di qualcuno o di qualcosa di organizzarsi come un fandom, ma anche a curatori, veggenti, stigmatizzati e mistici di farsi conoscere. La pagina Facebook di una mistica napoletana che afferma di curare la sterilità femminile è piena di testimonianze di donne (vere? o sono come le recensioni dei ristoranti?) che attestano che la cura è riuscita, magari con un mix di prescrizioni mediche e di frequentazioni della mistica, così da non sapere esattamente a chi si deve la grazia.

Le monache di clausura possono usare il telefonino? I frati trappisti cui è imposto il silenzio possono twittare o mandare sms? Ricordavo un antico radiodocumentario di Sergio Zavoli, “Clausura” (1958), in cui un microfono, e solo quello, era stato fatto filtrare dentro un convento di Bologna. Gli studiosi riuniti a Rieti attestano che esistono pratiche diverse: qui tutti i frati hanno il computer, là è la madre badessa l’unica che ha un telefonino. È evidente che non è stata ancora stabilita una regola certa, segno che l’irruzione dei media digitali e dei social ha alterato profondamente, rimescolato e per certi versi distrutto i confini tra sfera pubblica e privata, anche nel senso religioso. Stare in clausura, ma usare Skype, non è proprio la stessa cosa di prima. Le religioni non maggioritarie, come le confessioni buddiste, sono organizzate per comunità – anche i primi cristiani lo facevano – che si riuniscono periodicamente, generalmente una volta la settimana. Come avvengono i contatti fra una riunione e l’altra? Le testimonianze portate a Rieti parlano di relazioni prevalentemente telefoniche in alcuni luoghi, completamente spostate sui social media altrove. Il desiderio di rimanere collegati, dunque, assume diverse forme a seconda dell’uso delle tecnologie proprio di quel gruppo.

Alcuni santuari si avvicinano a parchi a tema di argomento religioso; città segnate da luoghi miracolosi o da un santo importante vedono nei pellegrinaggi una forma particolare di turismo, stimolando indirettamente il culto. Ma è nel Web 2.5, nei social network e nelle devozioni digitali che le pratiche religiose trovano una nuova dimensione.

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