L'EDITORIALE

Mario Draghi, dal “whatever it takes” al digitale come pilastro della ripresa 

“La digitalizzazione accelerata dalla pandemia è divenuta necessità”: lo scenario delineato dall’ex presidente della Bce incaricato da Mattarella. Servirà un’azione immediata ma nel nostro Paese, si sa, l’execution deve fare i conti con montagne di regole e una burocrazia asfissiante. I tempi stretti del Recovery Plan aiuteranno? Intanto gli analisti accendono i riflettori sui dossier: il progetto di rete unica delle Tlc fra i superfavoriti

Pubblicato il 03 Feb 2021

draghi

La digitalizzazione, imposta dal cambiamento delle nostre abitudini di lavoro, accelerata dalla pandemia, è destinata a rimanere una caratteristica permanente delle nostre società. È divenuta necessità”: era il mese di agosto, meno di sei mesi fa, quando Mario Draghi, dal palco del 41mo Meeting di Rimini, delineava la sua visione. Uno speech che già al tempo fece discutere – in molti ci videro un messaggio chiaro all’Italia, altri il preludio di una “discesa in campo”. (QUI LO SPEECH INTEGRALE)

Draghi è uomo di execution. Proprio ciò che manca all’Italia. Una parola abusata “execution”, nel corso degli anni, ma che nei fatti poco ha sortito di concreto. E persino in questa dura emergenza scatenata dalla pandemia le polemiche politiche hanno preso il sopravvento sulla necessità di dotare il Paese di un piano urgente e soprattutto adeguato per trasformare i 200 miliardi e passa che ci spettano nella chiave di volta, l’unica e irripetibile.

È sulle nuove generazioni che Draghi punta per la “rinascita”: “Vi è un settore, essenziale per la crescita e quindi per tutte le trasformazioni, dove la visione di lungo periodo deve sposarsi con l’azione immediata: l’istruzione e, più in generale, l’investimento nei giovani”, disse a Rimini. “I sussidi servono a sopravvivere, a ripartire. Ai giovani bisogna però dare di più: i sussidi finiranno e resterà la mancanza di una qualificazione professionale, che potrà sacrificare la loro libertà di scelta e il loro reddito futuri”. E il riferimento alle giovani generazioni è stato ribadito oggi durante la dichiarazione che ha fatto seguito all’incontro con il Preisdente della Repubblica Mattarella in cui Draghi ha accettato con riserva l’incarico di guidare il nuovo governo annunciando le consultazioni con le parti politiche e sociali.

Le competenze dunque, altro tema inflazionato ma mai concretamente e fattivamente affrontato. I numeri parlano chiaro: il principale gap digitale fra il nostro Paese e le economie più avanzate si registra sul fronte dell’alfabetizzazione informatica – persino quella di base – e sulle skill al passo con le esigenze dell’offerta di mercato. Al punto che sono centinaia di migliaia le posizioni vacanti mentre si assiste alla perdita di altrettante centinaia di migliaia di posti di lavoro, che rischiano di diventare milioni alla scadenza delle proroghe della cassa integrazione.

Nelle attuali circostanze il pragmatismo è necessario – evidenzio Draghi -. In alcuni settori i cambiamenti non saranno sostanziali; in altri le tecnologie esistenti potranno essere rapidamente adattate. Altri ancora si espanderanno e cresceranno adattandosi alla nuova domanda e ai nuovi comportamenti imposti dalla pandemia. Ma per altri, un ritorno agli stessi livelli operativi che avevano nel periodo prima della pandemia, è improbabile”.

Nel suo discorso, modestamente Draghi disse di non voler fare una lezione di politica economica. Ma chi meglio di lui. E appellandosi ad una citazione attribuita a John Maynard Keynes, “l’economista più influente del XX secolo”,  ha ricordato che “When facts change, I change my mind. What do you do sir?’’

“Tutte le risorse disponibili sono state mobilizzate per proteggere i lavoratori e le imprese che costituiscono il tessuto delle nostre economie. Si è evitato che la recessione si trasformasse in una prolungata depressione. Ma l’emergenza e i provvedimenti da essa giustificati non dureranno per sempre. Ora è il momento della saggezza nella scelta del futuro che vogliamo costruire”.

Insomma la visione è chiara. Ma fra il dire e il fare sulla strada gli ostacoli non mancheranno. Siamo il Paese della burocrazia asfissiante, dei regolamenti che proliferano, dei regionalismi, delle divergenze.  E del resto lo sa bene anche Draghi che però in quel discorso a Rimini si è detto comunque fiducioso: “L’obiettivo è impegnativo ma non irraggiungibile. Questo è tempo di incertezza, di ansia, ma anche di riflessione, di azione comune. La strada si ritrova certamente e non siamo soli nella sua ricerca”.

Intanto gli analisti iniziano a fare pronostici sui titoli che più sarebbero beneficiati da un governo a guida Draghi: fra questi c’è Tim. Secondo Akros l’azienda potrebbe essere favorita dallo sblocco sul dossier della rete unica di Tlc.

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