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Mochi Sismondi: “PA digitale, #sipuòfare. Ma ora serve più spinta che mai”

Il presidente del Forum PA: “Il traguardo è in vista ma non sarà scontato raggiungerlo senza un’azione tenace e un fattivo impegno”

Pubblicato il 28 Mag 2015

Carlo Mochi Sismondi, Presidente di Forum PA

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Non è un caso se il primo articolo della riforma radicale della PA, che la “legge Madia” sta disegnando, riguarda i processi di digitalizzazione. Sino a qualche anno fa parlavamo di innovazioni organizzative e di innovazioni tecnologiche come se fossero due cose che, seppure necessariamente connesse, attenessero a due aspetti diversi delle amministrazioni. Ora questa barriera è definitivamente saltata e ci ritroviamo in un unico ecosistema digitale in cui si svolge la nostra vita, la vita di tutte le organizzazioni, grandi o piccole che siano, e le stesse relazioni tra persone, tra istituzioni e, con l’Internet delle cose, anche tra oggetti.

In questo ecosistema ogni piano di cambiamento è di per sé un cambiamento “digitale” e ogni strategia non può che essere una strategia che si muove in questo ambiente a rete. E così i diritti di cittadinanza non possono che descrivere una nuova “cittadinanza digitale” che riguarda tutti, compreso chi non sa mettere le mani su una tastiera o non usa lo smartphone.

In questo senso tutta la riforma della PA è una riforma “digitale”, che ha però come driver non tanto rincorrere la tecnologia, ma garantire diritti ai cittadini. Questo è il cambio di paradigma che Forum PA 2015 cercherà di mettere in luce. Esso si basa su alcuni principi chiaramente espressi dalla riforma e che dettano i criteri per riformare il Codice dell’Amministrazione Digitale (Cad), che compie quest’anno dieci anni.

Nel vecchio codice dell’Amministrazione digitale si parlava dell’obbligo da parte delle PA di rendere disponibili dati e servizi; ora si rivolta la frittata e sono i cittadini e le imprese che hanno un diritto pressoché universale ad “accedere a tutti i dati, i documenti e i servizi di loro interesse in modalità digitale, riducendo la necessità dell’accesso fisico agli uffici pubblici”. Questo diritto diviene esigibile attraverso una revisione e una semplificazione del Cad stesso.

Continuando nella lettura della legge è importante notare che per la prima volta il Governo è obbligato, in tema di servizi online e della loro accessibilità, fruibilità, tempestività e qualità, a definire dei veri e propri Lep (ossia livelli minimi di prestazioni). In questo modo la digitalizzazione dei servizi entra di fatto nell’art. 117 della Costituzione, lettera m) che definisce il concetto di livelli essenziali che devono essere garantiti a tutti i cittadini. Non è roba da poco. Infine viene ribadito che non si può informatizzare l’esistente, ma con il principio del digital first vanno ridefiniti e semplificati i processi amministrativi.

Per raggiungere questi obiettivi è necessario poter contare su grandi progetti-paese trasversali che costituiscano l’infrastruttura su cui poggia l’ecosistema: ecco quindi il sistema pubblico di connettività rimodulato, il sistema per la digital security, il piano per razionalizzare i data center e per l’uso del cloud, il nuovo sistema pubblico di identità digitale che diventa, unito a Italia login, la porta di accesso unica ai servizi della PA.

Queste infrastrutture permettono di costruire piattaforme abilitanti in cui innestare nuovi servizi tesi a garantire nuovi e più ampi diritti. Sono l’anagrafe della popolazione residente, il sistema dei pagamenti elettronici, la fatturazione elettronica, i dati aperti che permettono trasparenza e partecipazione.

Su tutti questi punti Forum PA 2015 offre approfondimenti, confronti, momenti di chiarificazione e d’informazione, ma anche momenti formativi: delle vere e proprie lezioni offerte gratuitamente ai partecipanti alla manifestazione. Nei tanti convegni che dedicheremo alla digitalizzazione del Paese proveremo quindi a mettere in luce quel che già si è fatto, facendoci aiutare dalle ricerche dagli Osservatori sulla Digital Innovation del Politecnico di Milano, poi quel che ci siamo impegnati a fare affidandoci alla stretta collaborazione dell’Agenzia per l’Italia Digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri (Agid), infine quelli che sono gli ostacoli che ci troviamo di fronte e che dobbiamo riuscire a rimuovere per non ritrovarci al punto di partenza.

Due fattori critici di successo faranno poi da sfondo a tutte le analisi: il grave gap di competenze digitali (ma per il ragionamento fatto si può parlare di competenze tout court) e una faticosa Partnership Pubblico Privato, che si materializza spesso solo nei bandi di gara tradizionali, trascurando tutti i nuovi strumenti di dialogo che permetterebbero di costruire percorsi virtuosi di partnership. Con questa constatazione si spiega anche l’hashtag che caratterizza questa edizione del Forum PA: #sipuòfarese. Aggiungere un piccolo “se” all’affermazione “Si può fare!” non vuole diminuire né fiducia né entusiasmo, ma mettere piuttosto in evidenza che c’è bisogno di un’azione tenace e coerente tra noi e una meta che è sì possibile, ma non è scontata e che nessuno ci regalerà senza il nostro fattivo impegno.

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