L'ANALISI

Monopolista-monopsonista, Amazon caso unico al mondo. E l’Europa sta a guardare

Non si è mai visto un caso di questo tipo. Una singolarità economica a cui, probabilmente, neppure i grandi padri dell’economia avevano pensato. Andrebbe presa in serio esame un’istruttoria antitrust. L’analisi di Francesco Vatalaro

Pubblicato il 15 Gen 2018

Francesco Vatalaro

professore ordinario di Telecomunicazioni, Università di Roma Tor Vergata

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I quattro giganti del Web – gli Over the top (OTT) Amazon, Apple, Google, Facebook – sono stati in questi anni un potentissimo motore di crescita in virtù delle nuove tecnologie e dei modelli di business che hanno introdotto: il mondo di oggi è senz’altro migliore di quello in cui Internet non esisteva ancora. Nonostante temporanee difficoltà, se sapremo usare l’intelligenza artificiale, la robotica, le comunicazioni wireless e le tecnologie software, nuovo progresso e benessere sono alle porte.

La nostra vita è più semplice, prodotti e servizi che i meno abbienti non potevano permettersi sono alle portata di strati sempre più grandi della popolazione, la qualità dell’ambiente – aria, terra, acqua – in media migliora sempre grazie alle tecnologie digitali; svolgiamo lavori sempre più creativi e meno ripetitivi. Siamo, nel complesso, generazioni più fortunate di quelle dei secoli precedenti. Ma abbiamo un problema: ci stiamo incamminando su un percorso che lascia intravedere forti concentrazioni monopolistiche e le autorità competenti sembrano distratte.

Oggi vi parlerò solo di Amazon, come parte per il tutto, ma anche perché a mio parere questa azienda globale rappresenta il problema più urgente a cui dare risposta.

Negli ultimi anni Amazon è divenuta un’azienda davvero straordinaria. In Italia ancora vediamo solo parte della trasformazione digitale che è già apparsa negli Stati Uniti dove il 52% dei clienti sono abbonati ad Amazon Prime (dati 2016).

Molte famiglie ormai hanno in casa ‘Amazon Echo’ un altoparlante intelligente equipaggiato con un sistema connesso via WiFi ad Internet di nome Alexa (da Alexandria, per ricordare la famosa Biblioteca dell’antichità). Echo è dotato di microfoni per ascoltare di continuo ciò che accade intorno e il sistema è sempre in attesa di sentire la parola “Alexa” per attivarsi (analogo sistema è quello dello smartphone che si sveglia con “OK Google”).

Dopo averne richiamato l’attenzione, si possono indirizzare verso l’assistente virtuale Echo-Alexa le richieste più diverse: avviare la riproduzione di un brano musicale, impostare la sveglia o la temperatura domestica, chiedere le previsioni del tempo o se un treno è in ritardo, i risultati di una partita di calcio, informazioni di carattere generale, e così via. Il sistema Echo riconosce la voce della persona che lo interroga anche in ambiente rumoroso, ad esempio se esso stesso sta riproducendo un brano musicale a volume alto.

Questo assistente intelligente consente, fra l’altro, di remotizzare le informazioni di acquisto raccolte semplicemente attraverso dei semplici pulsanti, chiamati “Dash Button” che si acquistano (su Amazon a soli 4,99 $ l’uno) ma che si possono anche simulare via app sul proprio smartphone.

Incollando materialmente il Dash Button del detersivo preferito vicino alla lavatrice, basta premere il pulsante e Alexa invia subito l’ordinazione del fustino nuovo che viene consegnato entro poche ore grazie al servizio ‘Amazon Prime’. È evidente che lo stesso concetto vale per qualsiasi cosa, dalla Coca Cola alla carta igienica. Premi il pulsante e arriva il prodotto corrispondente direttamente a casa in men che non si dica.

Se però, il cliente desidera ancora frequentare il negozio di strada per i suoi acquisti, ecco ‘Amazon Go’ (in fase sperimentale a Seattle) che implementa un modello di business rivoluzionario basato sulla tecnologie dello smartphone e su quella del geofencing (perimetro virtuale) per ottimizzare la qualità dell’esperienza del cliente, come pure per minimizzare i costi sia della supply chain che della gestione delle scorte. Il concetto di negozio Amazon Go utilizza diverse tecnologie, tra cui la computer vision, gli algoritmi di deep learning e la fusione dei sensori per automatizzare gran parte dell’acquisto, evitando così il passaggio alla cassa per il pagamento associato alla transazione. Di fatto scompare sia la cassa che l’addetto alla riscossione del pagamento. Insomma, con Amazon Go si entra in un negozio di alimentari e, semplicemente, si preleva il prodotto che interessa dallo scaffale e si va via. I sensori e le telecamere scansionano i movimenti e le borse e l’app del telefonino del cliente interagisce automaticamente con il sistema mentre si esce per eseguire il pagamento in modo automatico. Il prototipo di negozio Amazon Go di Seattle che doveva entrare in servizio nel 2017 è in ritardo a causa di problemi con la capacità dei sensori di tracciare molti utenti e oggetti simultaneamente. Ma potete giurarci: è solo questione di tempo e Amazon Go invaderà le città del mondo e potremo acquistare nei negozi in modo più semplice di come oggi si compra un caffè al distributore automatico d’ufficio.

Un altro aspetto della nostra vita viene semplificato, i costi si riducono, i consumatori traggono evidenti benefici da questa straordinaria digital transformation degli acquisti al dettaglio. E, si badi bene, non sarà un intervento isolato su questo o quel comparto della distribuzione: questo processo di automazione finirà per interessare qualsiasi bene di consumo. Non mi soffermo sugli impatti sulla forza lavoro – che pure ci saranno e vigorosi – e neppure su quelli prevedibili sulla trasformazione degli stili di vita e dell’organizzazione urbana; tutti aspetti di grande rilievo che richiedono attenzione e su cui viceversa mi pare che la sensibilità sia ancora insufficiente. Occorrerà occuparsene con approccio proattivo e, comunque, rispettoso dell’imprenditorialità e dell’innovazione (senza dimenticare la grande lezione di Schumpeter).

Amazon Echo e Amazon Go portano con sé grandi innovazioni nei modelli di business, ma occorre ricordare che questa non è affatto la prima rilevante trasformazione che ci regala questa straordinaria azienda, sempre all’avanguardia. Amazon ha iniziato nel settore editoriale: attraverso la catena di distribuzione di Amazon tutti noi compriamo comunemente libri che ci vengono rapidamente consegnati a casa. Il meccanismo è particolarmente efficiente e generalizzato perché si basa sulla teoria della lunga coda. Amazon mette in contatto direttamente l’autore o l’editore con il cliente e, dunque, assicura visibilità anche a prodotti editoriali di nicchia che altrimenti non potrebbero neppure giungere sul mercato. Nella vendita dei libri già da tempo Amazon rappresenta un intermediario attraverso cui transitano percentuali altissime di volumi (ben oltre il 90%). Questo dà ad Amazon un potere immenso verso i produttori e gli editori (ossia nel mercato a monte), in particolare per definire i prezzi di vendita, stabiliti da Amazon in modo da essere fortemente competitivo con le piattaforme residuali e con i venditori di libri di strada.

Questo strapotere di mercato a monte prende il nome di monopsonio. Viceversa, nel caso della generalità dei prodotti in vendita direttamente sui mercati retail di cui si è detto, lo strapotere di mercato si manifesta a valle, ossia verso il cliente finale: si tratta quindi di monopolio.

Dalla combinazione di dominanza a valle e a monte, scopriamo quindi che Amazon sempre più tende a divenire, a livello mondiale grazie all’impiego della sua piattaforma di e-commerce, un caso unico nella storia dell’economia moderna: un Monopolista-Monopsonista. Non si è mai visto un caso di questo tipo che è quindi una singolarità economica a cui, probabilmente, neppure i grandi padri dell’economia avevano pensato. Un Monopolista-Monopsonista globale, potenzialmente in grado di intervenire su tutti i comparti retail, ossia per ogni prodotto in vendita, a cui si aggiunge la forte crescita di presenza nella logistica e nel trasporto. In considerazione dello sviluppo anche dei servizi cloud e simili (Amazon Web Services), è pensabile che questo colosso possa finire, in futuro, con lo schiacciare anche gli altri attuali big player nel mercato dei servizi Web.

Come propone il professore Scott Galloway, nel suo recente volume “The Four” (2017)  andrebbe presa in serio esame un’istruttoria antitrust per considerare l’eventuale necessità, senz’altro difficile, del break-up (come avvenne in passato per il monopolio telefonico AT&T). È improbabile che questo drastico provvedimento possa essere avviato fuori dagli Stati Uniti. Ciò non toglie, però, che l’Europa non potrebbe identificare alcune misure, anche solo continentali, che mirino a dare quanto meno un segnale di forte attenzione. Ad esempio, sono pensabili interventi volti ad evitare la saldatura fra mercati a monte e a valle, per evitare i casi più eclatanti di completa definizione, fuori dalle leggi della concorrenza, dei prezzi su ambedue i versanti per certi prodotti? Si può cercare di ristabilire un ruolo per gli editori, spesso nazionali e di piccole dimensioni, schiacciati dallo strapotere economico del gestore della piattaforma? È possibile prevedere che nella catena del valore debba essere lasciato spazio ad altri player economici? Infine, si può richiedere un’azione concertata Usa-Ue per comprendere meglio se l’assetto economico verso il quale sembra ci si stia dirigendo possa comportare serie minacce per la libertà di impresa e quali possano essere gli eventuali correttivi regolatori?

Nel frattempo, nel rapporto con gli OTT a me pare che la Commissione europea sia distratta da un falso problema, la Web tax, ottenendo risultati modestissimi e, probabilmente, anche controproducenti. È molto pericoloso per la crescita dell’Europa ipotizzare la cosiddetta “armonizzazione fiscale”. L’Europa per crescere ha bisogno di promuovere il principio della sussidiarietà e della concorrenza fra modelli economici, il decentramento e il federalismo. Le esperienze di centralismo burocratico fin qui sperimentate hanno evidentemente fallito.

Speriamo, dunque, che il Commissario Margrethe Verstager voglia interessarsi a problemi quale quello della dominanza simultanea nei mercati a monte e a valle che a me pare di rilevanza straordinaria. Non ci si dica, per favore, che non si può fare nulla e che “Non ci resta che piangere”. 

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