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Nadia Governo (Ntt Data): “La sfida spatial data mining”

Parla la senior vice president per l’Italia: “La nuova frontiera è la previsione dei trend anche localizzati. L’obiettivo per le Tlc è oltrepassare il traffico voce puntando sulla qualità del servizio”

Pubblicato il 25 Nov 2013

Dario Banfi

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Senior vice president di Ntt Data in Italia e responsabile della divisione Tlc e Media, Nadia Governo gestisce oggi un budget di 100 milioni di euro all’anno e oltre 850 persone. Con il passaggio a Ntt Data di ValueTeam si è aperto l’orizzonte europeo e un’inedita linea di scambi d’innovazione con il Sol Levante.
Da 25 anni nell’IT. Non si è ancora stancata?
Assolutamente no. Sono entrata nell’Ict appena laureata in informatica, lavorando per Olivetti. Erano momenti di grande fermento, ma trovo anche questi anni molto stimolanti. L’incontro con i referenti giapponesi che hanno acquisito nel 2011 ValueTeam è stato molto positivo.
Cioè?
Lo scambio culturale e tecnologico con il Giappone si sta rivelando migliore del previsto. Non ci impongono modelli prestabiliti di business, ma rispettano le diversità che esistono nei singoli Paesi. Ci confrontiamo sugli obiettivi, con un orizzonte di medio termine, e questo garantisce spazi di manovra, strategie e investimenti di medio periodo. In precedenza, con l’azionariato italiano, non era possibile.
E quale strategia avete per i prossimi anni?
In termini di volume oggi il nostro business si basa sulla system integration: vorremmo dare maggiore forza all’imprinting con cui siamo nati. ValueTeam era proprietà di Value Partners, società che si muoveva nel segmento del management consulting e da quest’area vogliamo ripartire. Non tanto fornendo semplice consulenza IT, ma più in generale “consulenza business”.
Perché?
Il mercato delle Tlc è estremamente competitivo, segnato oggi dalla riduzione dei ricavi e dei profitti, orientato a sottrarre clienti alla concorrenza e a tenere i propri. Nessuno fa più investimenti a fondo perduto e li vincola soltanto a business case reali, approvati e finalizzati a obiettivi precisi. Crediamo sia necessario studiare le tecnologie giuste prima di buttarsi sui progetti, fornire pilot più che aprire cantieri IT di lunga durata e molto costosi per i clienti.
Non rischiate di perderci?
No, in realtà è un approccio che porta bassi benefici nel breve, ma che se funziona, pur contenendo gli interventi di system integration, incontra la soddisfazione dei clienti. Oggi i clienti ci pagano soltanto se le cose funzionano: in momenti come questi è un approccio che sta dando risultati positivi.
Di quale tipo di soluzioni stiamo parlando?
Negli ultimi anni abbiamo scommesso su tecnologie e soluzioni di Crm e Business Intelligence.
Non è un mercato già saturo per le Tlc?
Dipende dal livello di specializzazione. Nella cultura classica tutti gli operatori delle Tlc hanno identificato già da tempo i Kpi che misurano tutto quanto serve nell’ambito del customer care: sono stati i primi ad avere investito sul Crm, sui Contact Center e sul Web come canale alternativo. Oggi la nuova sfida sta nella predizione dei comportamenti secondo metriche che non sono quelle storiche, per esempio legate alla spesa. Servono nuovi pattern interpretativi.
Voi quali novità portate in questo ambito?
Abbiamo sviluppato una nostra offerta legata al cosiddetto “crowd data mining” o “social data mining”, ovvero a quelle ricerche di informazioni predittive basate su relazioni e comportamenti che si sviluppano in Rete. Inoltre, stiamo lavorando molto nella raccolta e valutazione di dati provenienti da smartphone, vera miniera di attributi e informazioni, prima impensabili da ottenere. E poi stiamo perlustrando le frontiere del data mining “spaziale”, ovvero riferito a contesti geografici. Capita sempre più spesso che intere aree locali si muovano in blocco da un operatore all’altro ed è diventato fondamentale studiare i modelli predittivi di questi fenomeni.
Geografia e socialità: i clienti tornano a essere soggetti reali…
Sì. La mappa fisica e quella sociale sono elementi emergenti nel Crm, sempre più richiesti per approntare analisi predittive o pianificare la spesa. I ricavi legati alla voce stanno decrescendo e sono i dati oggi a portare valore. Servono, però, strategie corrette sull’Lte e sulla fibra. La business intelligence classica offre analisi standard basate sul traffico attuale, ma ciò che conta sono le previsioni e la capacità di anticipare i consumi di domani. Per questo servono data scientist ed esperti di data mining, molta esperienza, ma anche un pizzico di creatività nell’analisi di mercato.
Su quale fronte della business intelligence stanno investendo gli operatori?
Quello dei social media è il fenomeno più evidente degli ultimi anni, ma dopo l’esplosione gli operatori stanno cercando di consolidarlo e metabolizzarlo, valutandone il reale valore. Stanno inoltre tornando a guardare ai dati che hanno in casa: con l’uso degli smartphone riescono a cogliere informazioni e comportamenti nuovi. In alcuni casi sviluppano app per raccogliere anche feedback interni e di servizio, ritornando a valutare in maniera circoscritta prima di tutto i comportamenti dei propri clienti.
Perché?
Per sviluppare fonti di ricavi alternativi. La sfida è oltrepassare il traffico voce e consolidare quello legato ai dati e ai servizi di base, puntando di nuovo sulla qualità del servizio reale.
Come Ntt Data fate molta R&D?
L’headquarter fa investimenti notevoli. In Italia finanzia iniziative per localizzare alcune soluzioni o semilavorati da trasformare in prodotti che possiamo rivendere sul mercato europeo. A nostra volta proponiamo al network sviluppi locali. In particolare stiamo puntando su soluzioni di “spatial data mining” e sulla cybersecurity.
Quanto state investendo in Italia?
Circa 1 milione di euro all’anno.
Giappone e Italia hanno però caratteristiche diverse…
Certo. Da loro l’innovazione paga fine a se stessa: il cliente giapponese vuole sempre nuovi servizi e prodotti. Ci sono stream d’innovazione che non vedranno mai la luce sul mercato italiano. Ne sono consapevoli. Dicono spesso che il Giappone sia come le Galapagos, un’isola con “specie di consumatori” del tutto uniche che sopravvivono soltanto lì.
Hanno identificato anche “specie italiche” interessanti?
Beh, ci considerano soggetti molto pragmatici e flessibili, capaci nel trovare soluzioni.
Come donna ha avuto difficoltà con la cultura giapponese?
No. Non ho mai trovato fattori discriminanti nella mia carriera e così è stato anche di recente. Anzi, mi sono sorpresa. A Tokio, in occasione del mio primissimo incontro con il management, hanno comunicato la nascita di alcune iniziative globali, assegnando a me, unica donna dell’executive board, la guida del progetto “Telecom Global One”.
Ha consigli per le donne in carriera?
Conservare sempre un principio femminile: la capacità di mantenere l’equilibrio tra vita personale e lavorativa. Questo serve anche nel business. E poi di non tirarsi indietro di fronte alle sfide. Spesso più che ostacoli oggettivi bisogna vincere la paura personale, ma una donna può arrivare ovunque quando vuole.

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