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Net neutrality Usa, gli Isp: “Proteggeteci da Netflix & co”

La lobby dei provider minori del cavo chiede alla Fcc di intervenire nel timore che le società del video online chiedano loro di pagare un extra per dare accesso a contenuti esclusivi

Pubblicato il 08 Apr 2015

Patrizia Licata

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Netflix ha sostenuto più volte che è scorretto da parte degli Internet service provider (Isp) far pagare alle aziende dei contenuti del web delle tariffe extra per far arrivare ai consumatori i loro video senza interruzioni o rallentamenti. Tesi come queste hanno avuto un notevole peso nel dar forma alla politica del governo federale americano sulla net neutrality e alle nuove regole approvate dalla Federal communications commission (Fcc).

Le nuove norme, come noto, impongono la riclassificazione della banda larga come servizio di pubblica utilità e per questo passibile di più pesante intervento regolatorio. La Fcc vigilerà inoltre attentamente perché gli Internet provider non interferiscano in alcun modo col traffico sul web.

Le aziende che forniscono il servizio di banda larga ai consumatori americani si sono subito schierate contro le nuove regole affermando di non aver mai agito in modo da rallentare o bloccare i contenuti Internet e sostenendo che aumentare l’intervento del regolatore non farà che scoraggiare innovazione e investimenti. Ora l’industria del cavo torna all’attacco con nuovi argomenti.

Una lobby che rappresenta gli interessi dei player più piccoli del settore sostiene che non sono i content provider ad aver bisogno della protezione federale dai fornitori del servizio di banda larga, ma il contrario: sono le società del cavo a dover essere protette dai fornitori di contenuti. In un documento ufficiale presentato alla Fcc, un gruppo di piccoli provider del cavo sostenuto dalla American Cable Association mette in guardia sul fatto che le società del video streaming online potrebbero decidere di far pagare una tariffa alle aziende del cavo per dare accesso ai loro contenuti esclusivi, tagliando fuori da tali contenuti i clienti delle cable companies che non sottostanno al pagamento di tale tariffa.

E’ esattamente lo stesso argomento sostenuto da Netflix l’anno scorso contro gli Isp, ribaltato. Chi ha ragione? Netflix non aveva tutti i torti nell’indicare nelle società del cavo dei potenti “gatekeepers”: alcuni di questi provider hanno in effetti una sorta di monopolio sugli abbonati a Internet e possono decidere quali contenuti sono erogati ai consumatori. Ma anche l’argomento opposto ha una sua motivazione, nota oggi il Washington Post, perché Netflix non è l’unico fornitore di video online: ci sono anche emittenti tradizionali come Disney, Fox, Cbs e Viacom che trasmettono anche su Internet; sono queste aziende potenti e consolidate che preoccupano l’industria del cavo.

L’anno scorso per esempio Cbs ha tolto alcuni dei suoi contenuti da Time Warner Cable perché le due aziende non si erano accordate su quanto Time Warner Cable doveva pagare per questi video. Milioni di americani non hanno potuto vedere serie Tv molto seguite come “Csi” e “Ncis” per settimane e Time Warner Cable ha perso più di 300.000 clienti. Le aziende del cavo sostengono che lo stesso potrebbe succedere online, soprattutto ora che Cbs e altre emittenti stanno ampliando la loro offerta di contenuti per il web. Le emittenti Tv potrebbero addirittura chiedere alle aziende del cavo di pagare un extra quando i loro abbonati Internet vogliono guardare le versioni in streaming dei loro programmi, dicono i lobbysti. “Il risultato sarebbe non solo contrario all’open Internet, ma ostacolerebbe gravemente lo sviluppo della banda larga”, si legge nella lettera alla Fcc.

Ma l’azione dei “piccoli” cable provider comporta dei rischi: l’industria chiede in pratica alla Fcc di usare le nuove regole sulla net neutrality per regolare di più il mercato della Tv e questo apre la strada ad interventi regolatori sempre più pesanti – cosa che nessuno nell’industria né delle Tlc né dei media desidera. Non a caso l’associazione che rappresenta i provider più grandi del cavo, la National Cable and Telecommunications Association, non ha per ora rilasciato alcun commento.

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