L’avvento del 5G ha rappresentato un’evoluzione tecnologica profonda per l’intero ecosistema delle telecomunicazioni. Ma l’elevata frequenza delle bande utilizzate e l’esplosione del traffico dati impongono una forte densificazione della rete, con migliaia di nuovi siti da costruire. Questo scenario, inevitabile per garantire copertura e performance, sta sollevando problemi di natura economica, ambientale e urbanistica.
In risposta a queste sfide, il nuovo whitepaper “Neutral Host Networks: A Solution to Greener and Cost-Effective Deployments”, curato da Abi Research per conto di Boldyn Networks, analizza in dettaglio le potenzialità di un modello infrastrutturale condiviso, già in fase di adozione in alcune grandi città europee e statunitensi.
Indice degli argomenti
Un modello di rete condivisa: cosa sono le neutral host networks
Nel modello neutral host (Nhn), un’infrastruttura unica e neutrale consente a più operatori mobili di condividere elementi chiave come radio, siti, backhaul e persino frequenze, a seconda dell’architettura scelta. Si tratta di un cambio radicale rispetto ai deployment classici, dove ogni operatore costruisce e mantiene una propria rete, anche nelle stesse aree.
Il whitepaper spiega che i modelli Nhn possono essere implementati in modalità brownfield (su infrastrutture già esistenti) o greenfield (da zero), con impatti diversi su costi e tempi. Viene anche esplorata la differenza tra condivisione attiva (radio, core, spettro) e passiva (torri, alimentazione, siti fisici).
Il metodo di analisi: simulazioni su Roma e New York
La simulazione realizzata da Abi Research prende in esame due ambienti urbani altamente densi e rappresentativi: New York (Manhattan, Brooklyn e Bronx) e Roma Capitale, suddivisa in municipi centrali e periferici. I parametri considerati includono popolazione, densità urbana, superficie territoriale, diffusione della fibra e piani di deployment pubblico e privato già annunciati.
Il modello prende in considerazione anche il livello di penetrazione del 5G, il traffico medio mensile per utente e la stima delle ore di picco. A questi si aggiunge una simulazione della domanda di rete per dimensionare il numero di small cell necessarie, in scenari stand-alone e neutral host.
Risultati economici: fino al 47% di risparmio sui costi
Il confronto mostra un risparmio potenziale che varia in base alla tipologia di area. A Manhattan, si passa da 1.209 small cell necessarie a 726 con modello Nhn. Nei municipi centrali di Roma, da 726 a 388. Nei municipi periferici, da 923 a 493.
Il taglio dei costi, secondo il white paper, deriva da minori spese di installazione, condivisione dei backhaul, minori affitti, meno apparati da acquistare e minori spese operative. A seconda del contesto, il risparmio può arrivare fino a 20,3 milioni di dollari entro il 2028 per singola area urbana.
Le simulazioni evidenziano anche che il modello neutral host consente una migliore distribuzione degli investimenti, specialmente nelle aree meno servite, dove costruire reti proprietarie sarebbe antieconomico per i singoli operatori.
Impatti energetici: più utenti, meno consumo
Oltre ai vantaggi economici, il modello Nhn si dimostra più efficiente dal punto di vista energetico. Riducendo il numero complessivo di siti attivi, si limita il consumo globale pur garantendo le stesse performance grazie a un utilizzo più elevato delle risorse.
Secondo il modello Abi-Boldyn, a Roma periferica si risparmia fino al 38% di energia. A Brooklyn e Bronx, il risparmio è del 27‑35%. Anche a Manhattan, dove le esigenze di traffico sono maggiori, si registra comunque un risparmio del 20%.
Il beneficio energetico è legato a una combinazione di fattori: meno alimentatori, meno apparati attivi, meno necessità di raffreddamento e minori dispersioni di energia dovute alla distribuzione puntiforme delle celle.
Variazioni tra greenfield e brownfield
Un aspetto centrale del whitepaper riguarda il confronto tra siti greenfield e brownfield. Nei primi, la necessità di costruire da zero infrastrutture, collegamenti in fibra e alimentazione fa impennare i costi. Nei secondi, invece, l’infrastruttura esistente permette una riduzione significativa di capex e tempi di attivazione.
Il modello descritto nel white paper simula scenari realistici in cui, ad esempio, nelle aree meno coperte la carenza di infrastrutture di base obbliga a spese maggiori per il trenching o per portare il segnale fino al punto di erogazione. In contesti già infrastrutturati, l’economia di scala derivante dal modello Nhn è ancora più evidente.
Raccomandazioni strategiche per operatori e pubbliche amministrazioni
Il documento fornisce una serie di indicazioni pratiche per i diversi attori coinvolti nello sviluppo delle reti. Per gli operatori mobili, i Nhn rappresentano uno strumento per ottimizzare la spesa e accelerare la diffusione del 5G nelle aree urbane, dove la domanda è alta ma gli ostacoli normativi e logistici sono significativi.
Per i regolatori e le amministrazioni locali, i modelli di rete condivisa offrono un’opportunità per promuovere l’equità digitale, ridurre l’impatto ambientale delle nuove installazioni e supportare applicazioni smart city senza moltiplicare le antenne.
ABI Research suggerisce di favorire la condivisione infrastrutturale anche con incentivi regolatori e norme che facilitino i permessi per modelli condivisi, soprattutto in contesti ad alta densità e ad alta criticità di deployment.
Tenancy rate e scalabilità del modello
Un ulteriore elemento determinante per l’efficacia del modello Nhn riguarda il tasso di condivisione degli operatori per ciascun sito. Abi Research ha ipotizzato, nei suoi scenari, un valore medio di 2,4 tenant per sito entro il 2028, ma segnala che valori più elevati produrrebbero risparmi ancora maggiori, sia in termini di costi sia di consumo energetico.
La scalabilità del modello, dunque, è direttamente proporzionale alla volontà degli attori di cooperare. Le Nhn non sono solo infrastrutture tecniche, ma strumenti di governance del territorio e del mercato. Più attori le condividono, più se ne massimizzano i vantaggi. Questo implica anche un nuovo approccio da parte delle amministrazioni locali, che dovrebbero incentivare gli operatori a co-investire e condividere, anziché replicare.
Il ruolo di Boldyn Networks: abilitare l’infrastruttura condivisa del futuro
Boldyn Networks è il promotore e facilitatore del modello neutral host analizzato nel whitepaper, non solo come committente dello studio, ma come attore chiave nell’implementazione pratica di reti condivise in contesti complessi come New York e Roma. L’azienda fornisce infrastrutture di rete avanzate in grado di supportare più operatori contemporaneamente, puntando su soluzioni tecnologiche che abilitano smart cities, mobilità connessa e ambienti digitalizzati ad alta densità.
La missione di Boldyn è rendere le reti mobili più sostenibili, inclusive ed efficienti, contribuendo attivamente a costruire un ecosistema urbano dove la connettività diventa un bene comune. Come dichiarato nel whitepaper, la rete condivisa di Roma con oltre 2.200 small cell è uno degli esempi concreti della visione di Boldyn, che non si limita a progettare l’infrastruttura, ma la realizza e la gestisce per garantire performance elevate e benefici collettivi.
Un futuro più efficiente per le reti mobili
Il whitepaper curato da Abi Research e commissionato da Boldyn Networks dimostra in conclusione che i modelli neutral host non sono una soluzione teorica ma una risposta concreta e misurabile alle esigenze del settore telco.
I benefici registrati – economici, energetici, operativi – sono significativi, quantificati e replicabili. In un contesto in cui si prevede che il numero di utenti 5G in Italia salirà da 20 a 60 milioni entro il 2028, è evidente che non si potrà continuare a duplicare gli asset fisici per ciascun operatore.
Le neutral host networks si propongono quindi come un modello abilitante per l’efficienza collettiva delle reti mobili, in grado di coniugare sostenibilità, velocità di rollout e ottimizzazione della spesa pubblica e privata.