PUNTI DI VISTA

Niente Agenda senza cultura

L’alfabetizzazione informatica aumenta la produttività di 2,2 miliardi. Servono investimenti mirati

Pubblicato il 02 Nov 2013

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Oggi, “alfabetizzazione “ non è più il termine giusto per inquadrare il tema della scarsa capacità di cittadini, imprese e istituzioni di utilizzare gli strumenti digitali.

Tradizionalmente, parlando di competenze digitali ci si concentra su quelle generali per l’uso del computer e di internet oppure sulle competenze professionali, specifiche di chi opera, per mestiere, nel settore informatico. Si tratta comunque di competenze essenziali che vanno potenziate nel nostro mondo sempre più digitale, ma sta diventando altrettanto importante un terzo livello di conoscenze, che potremo definire “consapevolezza digitale” o, ancora meglio, “cultura digitale”; il rendersi conto, cioè, delle possibilità che le tecnologie offrono per lo sviluppo personale, per il rinnovamento del modo di fare impresa o di gestire una professione, per relazionarsi in modo nuovo con le istituzioni. In assenza di tale cultura, la diffusione delle competenze operative e professionali non è in grado di creare innovazione , con gravi perdite economiche e di opportunità.

L’”ignoranza informatica” cui Aica dedica da vari anni un ciclo di ricerche condotto con Sda Bocconi, ha costi enormi e nasce dalla carenza di pochi, semplici elementi che si potrebbero facilmente introdurre nella formazione scolastica e professionale – se solo si capisse che oggi siamo tutti “utenti digitali” a vario titolo, e si capisse che la mancanza di risorse economiche da dedicare è prima di tutto mancanza di “cultura”, di consapevolezza cioè di quanto sia importante investire in questo campo.

L’ultima ricerca di Aica in questo campo, dedicata alla PA Locale, ha calcolato che il costo complessivo della sola incapacità o inadeguatezza nell’usare gli strumenti informatici è di circa 200 milioni di euro all’anno. L’effetto di un corso di formazione di base, misurato empiricamente, è di aumentare del 12% la produttività individuale, con un guadagno complessivo stimato di ben 2,2 miliardi di euro per il comparto. Analisi precedenti relative all’impresa, al settore sanitario e bancario, alla PA centrale avevano dato risultati simili. Ma è anche emerso chiaramente un fattore connesso alla progettazione dei sistemi informativi: di fatto, la comprensione delle esigenze dell’utente digitale può evitare il fallimento di iniziative importanti di cui l’utente non capisce il valore e, che come tali, considerandole una forzatura, fa di tutto per affossare. È la mancanza di una diffusa cultura digitale, nel senso sopra detto, che crea queste situazioni.

Aica da sempre ha la missione di diffondere e qualificare le competenze digitali nel nostro Paese. Al fianco di strumenti sempre validi quali le certificazioni informatiche di cui è stata pioniera nel nostro Paese, sta avviando iniziative per creare appunto questa cultura che manca: nella scuola, fra i giovani e i loro insegnanti ma soprattutto nel mondo dell’impresa.

Innanzitutto si vuole fare in modo che nessun ragazzo si diplomi senza sapere come le tecnologie digitali stiano rivoluzionando il panorama del lavoro e quali competenze gli verranno richieste qualunque sia la sua attività. Ad esempio, con un progetto denominato IT4Jobs collaboriamo con il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e Confindustria.

Questa azione è essenziale, soprattutto se si considera che vi sono ancora oggi curricola scolastici che non prevedono alcun riferimento alla realtà digitale..

Una azione simile deve essere sviluppata nei confronti del mondo imprenditoriale e artigiano con la collaborazione delle associazioni di settore, così che non si perdano le grandi opportunità di rilancio che le tecnologie di “fabbricazione digitale”, aperte e a basso costo con le stampanti 3D, promettono.

Unendo bit e atomi possiamo innestare, sulle nostre eccellenze riconosciute nei design degli oggetti, modelli di produzione e di business innovativi: ma questo sarà possibile solo se si diffonderà una cultura che permetta di crescere sia a chi è già su questa strada – come i Fab Lab – sia a chi potrebbe intraprenderla se solo sapesse che è possibile e compatibile con le sue capacità.

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