STRATEGIE

Passaporto italiano per Emc

Il presidente e Ad Liberato: “L’Italia per noi è più di un mercato”. Il country manager Fanizzi: “Il nostro cloud fa la differenza”

Pubblicato il 15 Nov 2011

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Marco Fanizzi, già responsabile del settore finance, è il nuovo
country manager di Emc Italia. “Una promozione interna che premia
le indubbie qualità mostrate da Marco – spiega Michele Liberato,
presidente e Ad di Emc Italia – ma che mostra come Emc sia una
società che crede nelle proprie persone e crea le condizioni per
farle crescere”.

Come è cresciuta, e cambiata, la stessa Emc Italia. Guardarla con
le lenti del passato, anche di appena tre anni fa, sarebbe
deformante. Il 70% del management è cambiato, ora in azienda
lavorano quasi 500 persone di cui moltissime entrate di recente, in
questo tempo Emc è passata da società semisconosciuta (o meglio
conosciuta quasi solo nell’Enterprise) a realtà sulle cui
piattaforme transita il 24% di tutti i dati italiani e di ambizioni
da vendere ne ha ancora molte. “Ci aspettiamo di raddoppiare il
fatturato nei prossimi tre anni”, dice Liberato, l’uomo che ha
guidato la “rivoluzione Emc” in Italia. Con una crescita
conseguente anche dell’“anima” italiana dell’azienda: “Si
è man mano intensificata la nostra partecipazione ad associazioni,
fondazioni ed iniziative locali. In Emc non pensiamo all’Italia
come un mero mercato, ma vogliamo davvero avere un passaporto
italiano”.

Il mercato Italia, operativamente, passa nelle mani di Fanizzi:
“Vogliamo dare maggiore qualità ai nostri clienti: è questo che
fa la differenza in una situazione come l’attuale”, spiega il
nuovo country manager. Rifocalizzazione del go-to-market,
accentuazione di partnership e alleanze, forte rilancio del canale
che già sta dando buoni risultati con le pmi: sono le leve della
crescita su cui punta Emc.

Secondo Liberato, è fondamentale anche il gioco di squadra:
“Oggi una ragione importante del successo di un’azienda sta nel
riuscire a fare lavorare insieme le persone. Meglio disporre di
pochi talenti che sanno collaborare e sono capaci di trainare
l’intera azienda, che averne tanti che operano in modo cacofonico
fra loro. E la squadra diventerà ancora più importante con
l’avvento del cloud computing”.

“La complessità del cloud accentua il ruolo del lavoro in
équipe – aggiunge Fanizzi -. Il successo del prodotto finale passa
attraverso molteplici competenze specifiche, anche attraverso la
collaborazione di aziende diverse”.
Non è un caso che Emc abbia deciso, come sottolinea Liberato,
“di essere supporter del cloud, dei system integrator e degli
outsourcer”. Niente ruoli diretti, dunque, a differenza dei
competitor. “Stare dietro le quinte per supportare il successo
degli attori diretti del cloud è una scelta diversa dai nostri
competitor – ammette Liberato -. Però ci ha portato ad una
leadership importante nelle tecnologie cloud”.
“Non vogliamo essere competitor dei nostri clienti: preferiamo
supportarli con le nostre tecnologie nei loro modelli di business e
nelle loro esigenze – aggiunge Fanizzi -. Non vogliamo fare i
fornitori di servizi cloud, ma essere abilitatori del cloud. In
questa logica, prevediamo partnership con system integrator e
service provider nell’ottica di creare ecosistemi/community e
modelli complessivi di business tra noi di Emc, vendor di
tecnologie, system integrator, provider di servizi”.

Il “core” di Emc rimane comunque il dato. “Ormai è il caso
di parlare di Big data – chiosa Fanizzi -. Si prevede che entro il
2015 le informazioni crescano di 44 volte. Solo il cloud potrà
permettere di gestirle. E non solo per le aziende. Si calcola che
una famiglia già ora abbia a disposizione 5 terabyte di dati. I
dati esplodono, ma non basta la loro conservazione in sicurezza: ci
vuole la capacità di accedervi, di ottenerne
l’interoperabilità, di disporre di informazioni congruenti in
tempo reale. Questo farà la differenza competitiva sul mercato. E
su questo Emc è all’avanguardia mondiale”.

“Il cloud può essere una occasione fondamentale di risparmi e di
rinnovamento nella PA e nel Paese – osserva Liberato -. Che senso
ha l’esistenza di ben oltre mille datacenter pubblici? Il cloud
è ormai un servizio maturo: si tratta di portarlo all’interno
della pubblica amministrazione come applicazioni e come
infrastrutture, come è stato deciso, ad esempio, in Francia.
Avviare una simile iniziativa avrebbe effetti immediatamente
positivi per lo sviluppo del Paese. Metterebbe in moto forze
importanti, a partire dal settore dell’Ict, darebbe motivazioni
serie per investire nelle reti broadband grazie alla nascita di
servizi in grado di correre su quelle infrastruttura,
migliorerebbero i servizi della PA, la sua gestione costerebbe
meno, si alzerebbe la competitività complessiva del Paese”.

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