REGOLAMENTAZIONE

Perrucci: Internet, concentriamoci sui temi specifici

Più o meno regole per il web? Dibattito caldo, ma viziato da incomprensioni. Serve abbandonare l’approccio olistico focalizzando sulle gradi sfide: net neutrality, diritto di autore, libertà di accesso, qualità dell’accesso, Internet delle cose

Pubblicato il 27 Mar 2014

Antonio Perrucci vicesegretario generale Agcom, direttore analisi di mercato, concorrenza e studi

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La regolamentazione di Internet è tema molto dibattuto, cui sono dedicati numerose analisi e convegni, dove si confrontano posizioni molto divaricate, schematicamente riconducibili a due macro-categorie di esperti: quelli decisamente contrari ad ogni forma di regolamentazione di Internet e coloro che, invece, ritengono necessaria una disciplina di Internet.

Questo dibattito, molto vivace ed intenso, risulta però viziato da incomprensioni e da equivoci, oltre che da una certa passionalità. Elementi questi che ne mettono in discussione lo stesso significato; più precisamente, ne segnalano la scarsa utilità, almeno finché la discussione assume connotazioni molto, troppo generali.

Con riferimento al fenomeno della passionalità, semplificando, si può sostenere che questa dimensione riguarda tanto gli esperti di matrice tecnica, quasi sempre provenienti dal mondo dell’information technology, ossia da un universo “libero” da regolamentazione, quanto gli esperti di matrice economica e giuridica, in molti casi con esperienza diretta nei settori delle telecomunicazioni e dell’audiovisivo, ossia in comparti storicamente sottoposti ad interventi regolamentari e ad una legislazione più o meno dettagliata.

I primi, in genere, vedono Internet come un luogo aperto dove i vari soggetti (imprese, cittadini) possono operare senza particolari costrizioni e limitazioni ed assumono che, laddove sorgessero vincoli, sarebbero le stesse leggi che governano Internet ad eliminarli. I secondi, invece, ritengono che – nell’ecosistema Internet – sia naturale che si producano posizioni di dominanza, anche se destinate a mutare, che vi siano difficoltà per gli utenti a tutelare efficacemente i propri diritti, e, più in generale, che si registrino asimmetrie e discriminazioni.

Si può fare qualcosa per eliminare o limitare significativamente la passionalità che caratterizza le posizioni degli esperti? Ritengo sia molto difficile, perché si tratta di un effetto collaterale dell’esperienza maturata, nelle diverse professioni esercitate. Tuttavia, non si deve disperare in una possibile terapia. Questa dovrebbe, in ogni caso, prevedere innanzitutto la consapevolezza dell’esistenza di un bias in chi, a diverso titolo, si occupa di questo tema, senza tenere troppo in considerazione il punto di vista di quanti hanno una formazione ed una storia professionale diverse. Si parta allora da questo assunto: ognuno di noi è affetto da una qualche forma di path dependance derivante dal percorso culturale e professionale che lo ha portato ad occuparsi di Internet ed a misurarsi con il tema della disciplina di Internet.

Per quanto riguarda le incomprensioni e gli equivoci sulla regolamentazione di Internet, purtroppo penso siano giustificati e che per poterli eliminare bisognerebbe disporre di una definizione condivisa dei due termini “regolamentazione” ed “Internet”, nonché delle relazioni che li legano. Compito assai difficile, probabilmente destinato a produrre risultati deludenti.

Con riferimento al termine “regolamentazione”, la questione mi pare più facile da affrontare. Preliminarmente, servirebbe demarcare chiaramente il confine tra l’intervento legislativo in materia, e quello di natura regolamentare, più esattamente la regolamentazione economica cui è preposta l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, come pure dai profili di privacy su cui interviene l’apposito Garante.

La questione è indubbiamente più complessa quando proviamo a dare un significato al termine “Internet”. Di certo, sappiamo cosa Internet non è: non è un settore, né un mercato, né una tecnologia.

Resta il problema di una definizione positiva. Dal mio punto di vista, senza la pretesa di risolvere in poche battute un tema così complesso, mi limito ad osservare che Internet si possa definire solo allorché lo si si circoscriva, cioè lo si qualifichi. Un po’ come accade al concetto di spazio, la cui comprensione per la mente umana è più agevole nel momento in cui si procede a delimitarne le dimensioni e le forme. In altri termini, possiamo definire – e quindi comprendere cosa significhino – solo temi specifici, quali ad esempio l’accesso ad Internet, l’Internet delle cose, la tutela della privacy su Internet o la tutela del diritto d’autore in Internet.

A questo punto, se si abbandona l’approccio olistico della ricerca di una disciplina generale di Internet, il dibattito e le policy possono concentrarsi su alcuni grandi specifici temi. Senza pretesa di esaustività, è possibile stilare un elenco di questi dossier, individuando anche gli strumenti di intervento (politica industrale, regolamentazione settoriale, in primis).

Per quanto riguarda i profili regolamentari, penso a: la disciplina della net neutrality, ossia dei rapporti tra coloro che forniscono e quanti richiedono l’accesso ad Internet; la tutela del diritto di autore in Internet; la tutela della libertà di accesso ad Internet da parte dei cittadini; la qualità dell’accesso ad Internet; le sfide poste dall’affermarsi dell’Internet delle cose.

Come è facile riscontrare, si tratta di temi all’attenzione della Commissione europea, su cui anche il Regolatore italiano sta intervenendo, è in procinto di farlo, o – comunque – ha avviato un’analisi dell’argomento.

In conclusione, lasciamo stare il dibattito sulla regolamentazione di Internet di per sé ed impegniamoci invece sulle diverse possibili modalità con cui la disciplina di Internet si presenta concretamente nella realtà.

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