LA STRATEGIA

Più flessibilità dalla Ue? Renzi si gioca la carta dell’Industria 4.0

Il governo punta ad ottenere 10 miliardi in più. Tra gli investimenti prioritari quello sulla smart manufacturing: in ballo 1,5 miliardi di ammortamento da estendere al digitale. Intanto Calenda accelera sulla presentazione del piano. In campo anche Cdp

Pubblicato il 24 Ago 2016

renzi-160407172051

Industria 4.0 e riforma della PA. È questa la moneta di scambio con cui il governo italiano punta ad ottenere maggiore flessibilità – circa 10 miliardi – dopo il summit di Ventotene tra Renzi, Merkel e Hollande. Il premier punta ad ottenere maggiori margini sul deficit in cambio di un pacchetto di riforme da attuare in 5 mosse: oltre all’innovazione del comparto pubblico e alla digitalizzazione del sistema produttivo, ci sono sgravi sui premi aziendali per spingere la produttività, una forte accelerazione dei processi giudiziari e, ovviamente, la riforma costituzionale.

Entrando nel dettaglio dell’Industria 4.0 il governo prevede investimenti da 1,5 miliardi per ampliare il super ammortamento al digitale. Ecco perché, stando a quanto risulta a CorCom, il ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda, sta accelerando sul varo del piano dopo che è saltata la presentazione lo scorso 5 agosto. L’incontro di Ventotene avrebbe dunque dato una spinta ai lavori del Mise.

I contenuti del piano sono stati delineati dallo stesso Calenda in occasione dell’audizione alla Commissione Attività produttive della Camera. L’obiettivo è quello non solo di sviluppare un framework di azione per favorire gli investimenti 4.0, ma anche quello di individuare un primo pacchetto di misure da inserire già nella prossima Legge di stabilità.

Sono state individuate cinque aree su cui concentrare l’azione di policy del Governo: investimenti in innovazione; fattori abilitanti; standard di interoperabilità, sicurezza e comunicazione IoT; rapporti di lavoro, salario e produttività; finanza d’impresa.

Secondo Calenda occorre spingere gli investimenti innovativi in chiave 4.0 adottando non tanto una logica tech push, ma solution driven che porti le aziende a investire nell’analitica dei big data e nelle informazioni che producono e che possono produrre per costruire nuovi modelli di business. Il gap di investimenti è stimato in circa 8 miliardi annui nei prossimi 5 anni.

In questo senso il governo vuole concentrare le risorse sulle misure che hanno avuto più successo, indirizzando gli strumenti di incentivazione verso le tecnologie abilitanti Industria 4.0.

Focus anche sulla domanda di connettività non solo di cittadini e consumatori, ma soprattutto a quella di imprese e distretti industriali portando una copertura a 100 Mb/s attraverso il Piano Banda Ultra Larga e misure di sostegno alla domanda di connettività. Bisogna poi investire nelle competenze Stem (science, technology, engineering and mathematics). Fra i fattori abilitanti vanno anche annoverati gli standard di interoperabilità, di sicurezza e di comunicazione IoT che sono o potrebbero essere definiti in sede nazionale ma soprattutto internazionale.

Il piano disegna anche una nuova finanza d’impresa capace di sostenere lo sforzo di investimenti necessario a cogliere le opportunità di Industria 4.0 lavorando per una maggiore canalizzazione del risparmio nazionale verso gli impieghi nell’economia reale e attivando il mercato internazionale dei capitali dando visibilità a emissioni di “carta italiana” (private equity, development bond, Fondo Centrale di Garanzia) su Industria 4.0.

In questa partita un ruolo centrale lo giocherà la Cassa Depositi e Prestiti. Per avviare il piano del governo sullo smart manufacturing, Cdp ha presentato al Mise un dossier con proposte ad hoc: si va dal plafond da 2 miliardi per finanziamenti bancari al bando specifico nell’ambito del Fri (Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca).

La principale proposta consiste nella creazione di un plafond da 2 miliardi: una sorta di provvista di scopo veicolata attraverso il sistema bancario alle imprese innovative. I finanziamenti godrebbero di un tasso agevolato grazie a un contributo in conto interessi del Mise. Si replicherebbe, in questo modo, lo schema della Nuova Sabatini dedicata ai beni strumentali tradizionali.

Contestualmente Mise e Cdp lavorano a una rivisitazione dell’Fri che attualmente dispone di 6 miliardi per finanziare, a condizioni agevolate e in tandem con le banche, investimenti alle imprese.

Altre proposte riguardano la proroga del super ammortamento al 140% per i beni strumetali fino a una possibile versione potenziara dei minibond.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati