I DATI ISTAT

Pmi e digital transformation, gli investimenti da fare

Nel 2022 il 69,9% delle piccole e medie imprese ha avviato almeno 4 attività digitali su 12, più della media Ue: è quanto emerge dal report “Imprese e Ict”. Ma restano gap importanti sul fronte della presenza di specialisti, della formazione di nuove competenze, della sicurezza informatica avanzata e dell’e-commerce

Pubblicato il 04 Gen 2023

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Le pmi italiane mantengono alto il gap con quelle europeo sul fronte della digital transformation. È quanto emerge dal report dell’Istat “Imprese e Ict 2022” (QUI IL DOCUMENTO) in cui vengono evidenziate anche le aree in cui dovranno concentrarsi gli investimenti per recuperare competitività e per avviare nuovi business.

Se è vero che  a partire dal Covid è aumentato il numero di imprese dotato di strumenti digitali e di soluzioni di cybersecurity (si è passati dal 34,4% nel 2019  all’attuale 48,3%)– in particolare sull’onda del ricorso allo smart working – la transizione digitale nel nostro Paese procede ancora con lentezza.

I 12 parametri di riferimento del Digital Intensity Index

Lo stato di avanzamento digitale delle imprese viene valutato dall’Istat attraverso 12 parametro che contribuiscono alla definizione dell’indicatore composito di digitalizzazione denominato Digital Intensity Index (DII), utilizzato per identificare le aree nelle quali le imprese italiane ed europee incontrano maggiori difficoltà. “Con riferimento ai 12 indicatori per classe di addetti, i divari maggiori si riscontrano, a scapito delle Pmi (imprese con 10-249 addetti), nella presenza di specialisti Ict, nella decisione di investire in formazione Ict nel corso dell’anno precedente, nell’uso di riunioni online e di documentazione specializzata sulle regole e le misure da seguire sulla sicurezza informatica. Ampio anche il divario nell’utilizzo di robot e nella vendita online di almeno l’1% del fatturato totale, che riduce in modo significativo la quota complessiva di imprese con almeno 10 addetti che fanno ricorso a questi strumenti”, si legge nel report.

Internet e banda ultralarga

Nel 2022 è aumentata quasi del 23% la quota di pmi in cui oltre il 50% degli addetti ha accesso a Internet per scopi lavorativi eguagliando i tassi di crescita delle grandi imprese. Nello stesso periodo, più marcata la crescita degli addetti delle pmi che utilizzano dispositivi connessi a Internet, che aumenta dal 50% al 56% annullando la distanza con le grandi imprese (55,2%).

La banda larga fissa con velocità almeno pari a 30 Mbit/s risulta utilizzata dall’82,8% delle imprese 10+ contro il 96,1% di quelle più grandi. Più distanti invece le quote per connettività ad almeno 1 Giga, rispettivamente 13,2% e 27,1%.

Le performance migliori

Le migliori performance vengono registrate dalle imprese appartenenti al settore della domanda di Ict specializzata e strategica, come quello connesso alla fornitura di energia, in cui opera l’86,4% delle imprese con almeno il 50% degli addetti che accedono a Internet (la media è 49,3%), il 93,3% che ha attivato almeno tre misure di sicurezza Ict (circa 20 punti percentuali più della media) e il 38,3% che ha fornito formazione in campo Ict ai propri addetti (19,3% imprese 10+). Analoghe le performance dei settori delle professioni tecniche e dei servizi di informazione e comunicazione; questi ultimi si distinguono per la presenza di specialisti Ict (59,9% verso una media del 13,4%) e la formazione effettuata per aggiornare o sviluppare le competenze Ict dei propri addetti (52,5% verso 19,3%). Infine, le attività manifatturiere emergono per l’utilizzo della robotica (19,1% a fronte di una media dell’8,7%) mentre con il 36,8% quelle di alloggio e ristorazione sono le prime per l’utilizzo delle vendite online per valori superiori all’1% del fatturato totale a fronte del 13,4% delle imprese con almeno 10 addetti.

Nel 2022 il 69,9% di imprese con 10-249 addetti si colloca a un livello base di digitalizzazione che prevede l’adozione di almeno 4 attività digitali su 12 ma appena il 26,8% si colloca a livelli definiti almeno alti dell’indicatore. Al contrario, per il 97,1% delle imprese con almeno 250 addetti si registra un livello almeno base e l’82,1% ha raggiunto quello almeno alto.

E-commerce, performance insoddisfacenti

Nel Desi 2022, la dimensione legata all’integrazione delle tecnologie digitali collocava le imprese italiane in ottava posizione nella graduatoria europea. I miglioramenti registrati nei servizi cloud e nella fatturazione elettronica hanno determinato il miglioramento nella graduatoria dell’Italia per l’adozione di tecnologie digitali tra il 2017 e il 2022 (dalla 12° alla 7° posizione). Tuttavia, la limitata performance dell’e-commerce da parte delle piccole e medie imprese ha ridotto gli effetti di crescita delle tecnologie digitali misurate nell’edizione 2020 e 2021 dell’indagine.

I dati 2022 per le vendite online delle Pmi – evidenzia l’Istat- non rilevano miglioramenti significativi nella quota di imprese coinvolte ma solo nei valori scambiati: il 13% delle pmi ha effettuato vendite online per almeno l’1% del fatturato totale (12,7% nel 2021) e il 17,7% delle pmi attivo nell’e-commerce ha realizzato online il 13,5% dei ricavi totali (rispettivamente 17,9% e 9,4% nel 2021).

Le imprese italiane con almeno 10 addetti che vendono via web figurano ancora tra le prime utilizzatrici in Europa di piattaforme online come intermediari con il 62,1% contro una media Ue27 del 44,4%.

Sicurezza Ict

Il 74,4% delle imprese italiane con almeno 10 addetti utilizza almeno tre misure di sicurezza Ict in linea con la media europea (74,0%). L’incidenza delle imprese di minore dimensione e meno complesse determina la forte diffusione di misure di sicurezza meno sofisticate, come l’autenticazione con password forte (83,9%, 82,2% nel 2019) e il back-up dei dati (80,0%, 79,2% nel 2019). Più basse le quote di imprese che adottano misure di sicurezza avanzate, necessarie, ad esempio, all’analisi degli incidenti di sicurezza come la conservazione dei file di registro (44,6%, 40,6% nel 2019) o preventive come le pratiche di valutazione del rischio (35,3%, era 33,8%) e l’esecuzione periodica di test di sicurezza dei sistemi (31,8%, era 33,5%). Ancora limitata la diffusione di misure più sofisticate, come l’utilizzo della crittografia per dati, documenti o e-mail (dal 20,4% del 2019 al 22,0%) e di metodi biometrici per l’identificazione e l’autenticazione dell’utente (dal 4,5% all’8,2%).

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