Processo civile telematico: con le nuove norme troppo ricorso alla carta

E’ l’effetto dell’ultimo decreto legge varato dal governo in materia di Pct. L’analisi dell’avvocato Michele Gorga

Pubblicato il 02 Lug 2015

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Con il Decreto-Legge 27 giugno 2015, n. 83, in G.U. n.147 del 27-6-2015, il Governo, nell’arco di pochi mesi, interviene nuovamente sul processo civile telematico e lo fa con norme tampone che hanno l’unico scopo, anche se non formalmente dichiarato, di inseguire la giurisprudenza, sulla fisionomia da dare all’istituto del processo civile telematico.

Nel breve periodo, la giurisprudenza di merito aveva già risolto i dubbi interpretavi ai quali le norme della costellazione telematica avevano dato causa – in merito si ricordano le sentenze del Tribunale di Roma, Milano, Genova che avevano ritenuto valido il deposito telematico degli atti introduttivi del giudizio – decisioni che ritroviamo parzialmente trascritte nell’art. 19 del decreto legge in esame di modifica del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, in particolare con il co. 1-bis all’articolo 16-bis, il quale prevede che nei procedimenti civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione innanzi ai Tribunali e, a decorrere dal 30 giugno 2015, innanzi alle Corti d’Appello è sempre ammesso, da parte del difensore, il deposito telematico dell’atto introduttivo o del primo atto difensivo e dei documenti che si offrono in comunicazione.

Con il nuovo art. 16-decies si introduce, poi, per il difensore, il consulente tecnico, e gli altri professionisti del processo il potere di autenticazione della conformità all’originale degli atti depositati telematicamente, anche per immagine, di atti formati su supporto analogico e notificati, con modalità non telematiche, dall’ufficiale giudiziario ovvero a norma della legge 21 gennaio 1994, n. 53. Copia che, munita dell’attestazione di conformità, equivale all’originale dell’atto notificato. Per quanto riguarda, poi, le modalità di attestazione della conformità se questa si riferisce ad una copia analogica, l’attestazione deve essere apposta in calce o a margine della copia o su foglio separato, che sia però congiunto materialmente alla medesima. Quando l’attestazione di conformità si riferisce ad una copia informatica, l’attestazione stessa è apposta nel medesimo documento informatico.

Ritorna, quindi, nel testo il richiamo alla “carta” che pareva essere stata superata e vi ritorna con la previsione espressa dell’attestazione “in calce” al “foglio” e del “materialmente congiunto alla medesima” che per gli atti informatici immateriali è inconciliabile e che anzi ne presuppone il superamento non potendo alcunché essere “materialmente congiunto” all’atto digitale come la copiosa, seppur contraddittoria, giurisprudenza aveva già avuto modo di ribadire in tema di procura telematica.

Mentre da un lato, quindi, con la normativa sopravvenuta si cerca di risolvere la problematica posta dalle recenti decisioni della giurisprudenza, ciò lo si fa rincorrendo la giurisprudenza ma restando privi di un organico disegno. Dall’altro lo smemorato legislatore reintroduce concetti che la giurisprudenza aveva già, nel passato remoto, ampiamente risolto evidenziando così la necessità di un coordinamento alla quale dovrebbe provvedere quell’Agenzia dell’innovazione che sembra essere, in tema di giustizia, tagliata fuori nonostante l’esigenza ormai non rinviabile del passaggio al digitale.

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