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Pubblicità digitale, via al primo “indice di qualità” italiano: stesse metriche e kpi per tutti

A firma di Iab punta a misurazioni oggettive e trasparenti per certificare i bacini pubblicitari online a garanzia degli investimenti. In campo un team di professionisti indipendenti. Il presidente Carlo Noseda: “Gli inserzionisti potranno pretendere gli stessi standard da tutti gli attori del sistema inclusi gli Ott”

Pubblicato il 29 Mag 2019

D. A.

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Iab Italia annuncia il rilascio della prima rilevazione (disponibile qui) dello Iab Quality Index, creato per misurare e certificare la qualità dei bacini pubblicitari online. L’indice è il risultato di un progetto che ha l’obiettivo di sostenere i valori di qualità e trasparenza della rete, anche in relazione ai criteri di scelta delle pianificazioni pubblicitarie.

Il primo “indice di qualità” nel mercato della pubblicità digitale intende offrire ai publisher un parametro completo per valorizzare la propria offerta, e agli investitori un criterio di scelta oggettivo dei bacini pubblicitari, per accertarsi che i propri investimenti siano associati a contesti di elevata qualità e per disporre di informazioni più precise e oggettive sulla pianificazione delle loro campagne.

“Siamo particolarmente orgogliosi di aver ricevuto l’adesione dei principali publisher italiani, che si sono resi disponibili a essere misurati e certificati secondo i criteri del nostro Quality Index”, commenta in una nota Carlo Noseda, Presidente di Iab Italia. Condé Nast, Hearst, Il Sole 24Ore, lastminute.com, Manzoni, Mediamond, Rcs, Sky, Triboo e WebAds sono i primi ad aver risposto alla nostra chiamata, a dimostrazione di un’editoria italiana online che ha il coraggio di mettersi in discussione per migliorare ed elevare il livello di qualità offerto ai propri inserzionisti”.

Cinque parametri e tre partner tecnici esterni per un indice super partes

Iab Quality Index si basa sulle misurazioni condotte da comScore, Integral Ad Science e Meetrics che insieme a Iab Italia, e con il supporto di Ey, valutano la qualità dei contesti online secondo cinque Kpi: Viewability, Brand Safety, Invalid Traffic, Ad Clutter e rispetto dei cosiddetti Lean Principles. Questi parametri – promossi sui mercati internazionali come le metriche di riferimento – sono oggetto di una misurazione su base trimestrale e per un periodo di quattordici giorni consecutivi in relazione ai formati pubblicitari maggiormente utilizzati, video e display, in ambiente sia desktop sia mobile browser.

I valori rilevati sui cinque Kpi oggetto di misurazione sono riportati su scala 0-100 e confluiscono nell’algoritmo di calcolo che determina il valore finale dello Iab Quality Index, secondo una media ponderata. Se il punteggio finale dell’Iqi supera una soglia minima il publisher ottiene la certificazione di qualità con una matricola variabile tra le due (qualità alta) e le tre (qualità molto alta) stelle.

La trasparenza, chiave di volta della crescita sostenibile del comparto

“Vogliamo portare l’attenzione degli inserzionisti sui prodotti pubblicitari che garantiscono maggiore qualità e rispetto delle regole, secondo un criterio di misurazione oggettivo e trasparente, ecco perché abbiamo coinvolto da subito partner tecnici indipendenti”, aggiunge Noseda. L’indice di Iab Italia punta a diventare una risposta concreta a un mercato dominato dall’incessante crescita degli Ott che pur hanno ammesso, in particolare negli ultimi due anni, diversi errori di valutazione, in relazione sia alla misurazione delle audience sia al controllo della brand safety. In aggiunta, le piattaforme programmatiche hanno comportato un processo di dispersione di una quota crescente dei budget pubblicitari, quella riservata alle pianificazioni in open market, sulla coda lunga dei moltissimi siti che rientrano nei network e che quindi risultano più difficili da controllare.

Il tema della qualità e della trasparenza dell’advertising online è cruciale per poter attirare nuovi investimenti. Alla luce anche dell’ultimo datagate che ha coinvolto Facebook, gli utenti pretendono non più solo un’esperienza di fruizione appagante ma al tempo stesso anche più trasparente, e lo stesso vale per gli inserzionisti.

“Nonostante i numerosi errori di valutazione commessi, i grandi della rete – che detengono in Italia oltre il 75% degli investimenti pubblicitari online – generalmente non consentono a enti esterni di misurare direttamente le loro audience, limitandosi a fornire ai vendor di certificazione i loro dati per una misurazione indiretta. Facciamo pertanto appello agli inserzionisti affinché pretendano gli stessi standard di qualità da tutti gli attori del sistema; solo così si può ambire a un circolo virtuoso capace di innescare un processo di miglioramento continuo del nostro settore”, conclude Carlo Noseda.

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