CONNECTED CAR

Quattro ruote e cuore digitale. L’auto del futuro è già arrivata

L’automotive 4.0 sarà una realtà dopo il 2030, ma la rivoluzione è già avviata. In Italia 5 milioni di veicoli sono connessi alle assicurazioni con la scatola nera

Pubblicato il 08 Feb 2016

Deborah Applloni

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Un effetto dirompente. Su questo sono tutti d’accordo: l’avvento del veicolo connesso e dell’auto a guida autonoma sta sconvolgendo e riorganizzando l’industria dell’automotive, sta attraendo investimenti delle Telco e attirando gli interessi del mondo digitale. L’automotive 4.0 sarà una realtà dopo il 2030 – stando a uno studio di Roland Berger – ma la rivoluzione è già iniziata e l’Italia per una volta dimostra di avere i numeri per gareggiare.

Difficile avere dati precisi sul fenomeno, ma si può provare a delinearlo. Secondo l’Anfia (associazione di case automobilistiche italiane), in Italia ci sarebbero tra i 5 e i 5,5 milioni di veicoli già connessi attraverso una scatola nera in grado di inviare i dati alle compagnie assicurative. Sembra infatti partire da qui il business della connected car, dall’insurance telematics che dimostra tutto il potenziale di sviluppo del settore. Secondo il report (dati seconda metà 2015) di Ptolemus Consulting group, un centro studi belga sulla mobilità connessa, l’Italia sarebbe dietro solo agli Stati Uniti nella diffusione delle Ubi (Usage-based Insurance) con il 38% del parco mezzi già connesso, rispetto al 46% degli Usa, e molto lontano dal 6% del Regno Unito o dal 3% del Canada. “Con 230 programmi attivi e 12 milioni di utilizzatori – si legge nel report – l’Ubi è un fenomeno globale raddoppiato negli ultimi due anni”. Ptolemus stima che entro il 2020 saranno in tutto il mondo 100 milioni i veicoli connessi con un sistema assicurativo, e cresceranno del 50% entro il 2030 generando un volume d’affari pari a 250 miliardi di euro. Secondo l’Osservatorio Digital Innovation della School of management del Politecnico di Milano, la smart car sarebbe proprio uno dei pilastri trainanti dell’Internet of Things “in cui non si arresta la diffusione dei box Gps/Gprs installati con finalità assicurative, in attesa dell’arrivo di auto connesse in modo nativo dalla produzione”.

Un’altra spinta allo sviluppo dell’auto del futuro arriverà da un obbligo normativo. L’eCall, il sistema telematico di chiamata in caso di incidente imposto da una direttiva europea a tutte le nuove auto a partire da aprile 2018 sarebbe, secondo un report di Idate Digiworld, alla base della crescita dell’auto intelligente in Europa che dal 2015 al 2020 dovrebbe segnare un +39%, un po’ più del mercato mondiale (34%) il quale, secondo il centro studi francese, conterebbe nel 2020 420 milioni di connected car contro i 74 milioni del 2014, mentre a guidare lo sviluppo sarebbero proprio i sistemi “embedded”. L’Asia sarà il leader del mercato per volumi, mentre il Nord America per entità di entrate: circa 9 miliardi di euro nel 2020. Insomma, è vero che l’auto completamente autonoma, rappresenta il futuro del settore, ma un futuro ancora lontano sul quale le case automobilistiche stanno investendo con test ed esperimenti, mentre le aziende di Internet con Apple e Google stanno massicciamente puntando, ma perché le auto senza conducente si trasformino in un mercato, rimangono da superare non pochi ostacoli: dalle questioni legali (chi è responsabile per gli incidenti) a quelle economiche-culturali (per esempio, stimolare la domanda negli utenti finali). Quindi nel frattempo, la spinta alla trasformazione arriva dalla telematica e dai servizi che l’universo auto può offrire al suo utilizzatore. E’ stato dirompente negli Stati Uniti l’annuncio di General Motors di incorporare moduli 4G in tutti i suoi nuovi modelli, seguito da un accordo con Octotelematics, una realtà nata in Italia, diventata in poco tempo una multinazionale dell’insurance telematics (si veda anche l’articolo a pagina…), che prevede la fornitura di soluzioni Usage Based Insurance (Ubi) e di gestione flotte a tutte le vetture con tecnologia OnStar di General Motors, il che vuol dire che tra cinque anni il 75% delle auto Gm usciranno dalla fabbrica connesse.

Anche in Italia assistiamo a movimenti tra mondo dell’auto tradizionale e “nuovi entranti” provenienti dal mondo delle tecnologie e delle telecomunicazioni. “Uno dei trend più importanti – ricorda Andrea Marinoni, Partner Roland Berger Strategy Consultants – è la riduzione della manifattura e dell’assemblaggio nella catena del valore dell’auto a favore di una nuova parte sempre più presente legata alla telematica, ai nuovi servizi, utility e service on demand. Quindi i nuovi entranti saranno le software company verso un consolidamento sempre più stretto tra soggetti tradizionali e realtà figlie dalla Silicon Valley”.

E’ di qualche settimana fa l’annuncio dell’ingresso del Gruppo Telecom Italia con una quota del 40%, nella società torinese “Where are you” (W.A.Y.), attiva nei sistemi e servizi di localizzazione e gestione dei veicoli in cloud (si veda l’intervista a pagina..). Anche Vodafone ha fatto shopping: lo scorso agosto ha acquisito il Gruppo Cobra, specializzato nei servizi di sicurezza e tecnologie telematiche, dando vita a Vodafone Automative che ora punta a sistemi di recupero dei veicoli rubati e servizi assicurativi per case automobilistiche e flotte. Succede anche il contrario. A fine 2015 Daimler, Audi e Bmw hanno concluso l’acquisizione di Here, leader nella mobilità digitalizzata. I tre costruttori garantiranno a Here il supporto per implementare la piattaforma di localizzazione impostata per fornire mappe ad alta definizione combinate con informazioni sulla posizione in tempo reale, fornendo ai clienti una rappresentazione dettagliata e aggiornata del mondo. Questo risultato è ottenuto incrociando la tecnologia di mappatura con innumerevoli fonti di dati provenienti da automobili, telefoni cellulari, trasporti, logistica ed elementi infrastrutturali. Una struttura già sperimentata negli anni scorsi in Italia, a Torino con il progetto S.I.MO.NE., finanziato dal programma Elisa e coordinato da 5T coinvolgendo la città di Bologna e Genova e le Province di Firenze e Cagliari, che ha portato alla definizione di un modello di riferimento nazionale per la gestione della mobilità e lo scambio di dati di traffico utilizzabile anche da altre amministrazioni locali. La soluzione del progetto è il software Aggregatore dati Floating Car Data (Fcd) che consente di monitorare in tempo reale lo stato del traffico su un’area definita, grazie all’utilizzo di dati Fcd, prodotti da flotte di veicoli attrezzate o da operatori telefonici.

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