L'ANALISI

Rai, ecco tutte le sfide digital di Mario Orfeo

Riorganizzazione aziendale e strategie ad hoc sulle nuove tecnologie. Il nuovo dg dovrà vincere la battaglia per far diventare la tv pubblica una media company. L’analisi di Patrizio Rossano

Pubblicato il 19 Giu 2017

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“Si, siamo una Media Company” non lo ha dichiarato il dimissionato Direttore Generale Rai, Antonio Campo Dall’Orto, e tantomeno il suo successore Mario Orfeo. Avrebbe fatto piacere ad entrambi poter fare la stessa affermazione, fatta invece da Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, per poter sentirsi protagonisti o partecipi di una trasformazione epocale che, lo si voglia o meno, interesserà senza dubbio il Servizio pubblico radiotelevisivo.

Possiamo ben immaginare che in queste ore il nuovo DG sia alle prese con una fitta agenda di impegni che lasciano poco tempo per occuparsi di mission e vision del Servizio Pubblico. All’ordine del giorno, come è noto, ci sono due appuntamenti inderogabili: l’applicazione della delibera consiliare sulla riduzione dei compensi per le prestazioni artistiche (sull’argomento proprio ieri è tornato alla carica Anzaldi) e, a ridosso, la presentazione dei palinsesti il prossimo 28 giugno. A quanto si apprende, sul primo aspetto ci sarà molto da lavorare ma, a Viale Mazzini, sono ottimisti. In fin dei conti, una lieve riduzione del 10% non sarà certo la Caporetto dei 41 conduttori, presentatori, intrattenitori che superano il limite dei 240 mila Euro, considerando poi che nelle altre emittenti non è che poi le star della televisione riescono a strappare contratti tanto migliori. Sui palinsesti la situazione appare leggermente più complessa e, anche se il tempo stringe, una sorta di general agreement appare all’orizzonte per fare in modo di non deludere gli inserzionisti e non mettere a repentaglio sostanziosi budget pubblicitari strettamente legati alla pianificazione delle trasmissioni.

Dopo di che, a Mario Orfeo, si porrà l’esigenza di prendere carta e penna e iniziare a fissare gli appuntamenti che lo attendono. Sul primo abbiamo già scritto: Campo Dall’Orto, ci suggerisce uno storico dirigente Rai, non è caduto solo per mano della politica o per gravi danni sul prodotto, quanto invece perché non è stato in grado di poter contare su collaboratori forti, autorevoli, in grado di garantire il funzionamento della macchina aziendale non solo nella gestione ordinaria, quanto più negli impegni di prospettiva strategica. Ne ricordiamo uno su tutti: il piano sull’informazione. Per il resto vediamo come si compone la macro struttura aziendale: anzitutto la Direzione di Staff. È il cuore della macchina Rai, attraverso i suoi uffici passano tutti gli atti che vanno in discussione al Cda; al suo interno vengono predisposti contratti, linee guida, atti formali di coordinamento tra le diverse direzioni ed ogni altra attività di rilevanza prioritaria. Normalmente, ad ogni rinnovo del DG, essendo quella una posizione di assoluta fiducia, è lecito attendersi un rapido cambio della guardia. Per questa occasione Orfeo difficilmente potrà fare a meno di affidarsi ad una provata e garantita risorsa interna (in pole position, Nicola Claudio oppure Luciano Flussi, attuale DG di Rai Pubblicità). La seconda casella da occupare rapidamente è quella del CFO lasciata da poco libera da Raffaele Agrusti (che però ha mantenuto il ruolo da Presidente nella quotata Rai Way e, su questo punto torneremo). Non è pensabile lasciare un buco di tale rilevanza e vale quanto detto prima: risorsa interna (in pista Giuseppe Pasciucco). Direzione Risorse Umane: sull’attuale direttore da tempo gira nei corridoi di Viale Mazzini la voce della sua prossima uscita e, proprio nei giorni scorsi è cresciuto il malumore tra i dipendenti per la gestione del premio di produzione. Il job posting è obbligatorio ed anche in questo caso, dopo la vicenda delle osservazioni ANAC di Cantone, difficile immaginare che si possa affidare ad una società di head hunter la ricerca di un nuovo direttore (in buona posizione il suo vice Antonio Melchionna o un ritorno in Rai di una figura nota e qualificata). Lo scorso mese si è dimesso il CSO, Genseric Cantournet, e urge trovare il suo sostituto (tanti dirigenti in corsa, non abbiamo spazio sufficiente ad elencarli). C’è in ballo poi il CTO: a fine giugno dovrebbe scadere il contratto di Valerio Zingarelli. Di lui si era parlato come sicuro successore di Stefano Ciccotti alla guida di Rai Way, candidatura poi “stranamente” saltata. Infine, la Direzione Relazioni Esterne. Anche in questo caso, si tratta di una classica posizione fiduciaria dove il Direttore deve giocoforza condividere appieno gli orientamenti del vertice aziendale, senza la minima smagliatura. Al momento, non sappiamo quanto sia salda la posizione di Giovanni Parapini ma è immaginabile che Orfeo possa e debba fare una verifica.

A ridosso di queste scelte, per il nuovo DG si prospettano altri dossier di notevole interesse. Il primo: il nuovo Contratto di Servizio a seguito del recente rinnovo della Concessione. Nel testo, si prevede che il Contratto debba essere stipulato “entro il quarantacinquesimo giorno successivo alla scadenza del termine per l’espressione del prescritto parere da parte della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi” e, da questo punto di vista, sembra di essere in alto mare. Anzitutto perché non si ha notizia della bozza di Contratto che la Direzione Generale Rai avrebbe dovuto elaborare e sottoporre in discussione. Come ha ricordato proprio nei giorni scorsi il sottosegretario Giacomelli, il Contratto di Servizio rappresenta una formidabile opportunità per la Rai, anzitutto per le scelte strategiche riguardanti il settore tecnologico. Non a caso, è stato ricordato il tema Media Company all’inizio di questo articolo, proprio per ricordare che in ballo non ci sono solo gli obblighi editoriali del servizio pubblico, ma anche le modalità attraverso le quali questi obblighi dovranno essere esplicati. È bene ricordare che la Concessione “ha per oggetto il servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale da intendersi come servizio di interesse generale, consistente nell’attività di produzione e diffusione su tutte le piattaforme distributive di contenuti audiovisivi e multimediali diretti, anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie …”. La sfida consiste, come ha scritto Marco Mele nel 2015 sul Sole 24 Ore, nella “ … trasformazione da broadcaster digitale in una media company nella quale coesistano l’ideazione, la produzione e la diffusione di contenuti che devono “nascere” adatti a tutte le piattaforme distributive.” Le nuove tecnologie e le diverse modalità di distribuzione diventano quindi il crocevia essenziale del nuovo Contratto di Servizio. Attendiamo segnali di fumo!

Sempre in questo contesto, si dovrebbe riproporre la questione del piano sulla riorganizzazione dell’informazione proposto da Campo Dall’Orto e bocciato dal Cda. Anche questo punto merita un posto in agenda. Ci permettiamo poi di ricordare un altro piccolo punto che corre il rischio di essere accantonato nella calura estiva: l’inclusione della Rai nel paniere Istat dove l’Azienda è sottoposta ai vincoli propri delle Amministrazioni pubbliche. Non si tratta di poco conto: se applicata, a Viale Mazzini dovrebbero adeguarsi alle norme in vigore alle PA in materia di appalti, concorsi, acquisti etc con gravi rischi per la sua operatività sul mercato. Alla fine dello scorso anno è stata richiesta ed ottenuta una proroga, valida per l’anno in corso, e sarà forse necessario pensarci per tempo per un eventuale rinnovo o, meglio ancora, soluzione del problema.

Infine, come abbiamo prima accennato, Viale Mazzini controlla, o dovrebbe, una Società quotata in Borsa – Rai Way – e, in questo momento, il suo Presidente è dipendente di una società esterna e l’azionista di maggioranza è rappresentato da un solo consigliere, Gian Paolo Tagliavia (anche Presidente di Rai Com) in un consiglio dove la maggioranza è di indipendenti.

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