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Rai, legge finanziaria e canone: chi l’ha visto?

Grandi sfide all’orizzonte per la TV pubblica. Al centro il rinnovo del Contratto di servizio giunto in Vigilanza e il percorso parlamentare della manovra. Riflettori sui nodi risorse e assetto frequenziale

Pubblicato il 14 Nov 2017

Patrizio Rossano

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Grande il disordine sotto il cielo, dunque la situazione è eccellente. Più o meno, con questo pensiero del Grande Timoniere si riassumono le vicende che interessano la Rai nell’attuale contingenza politica. Al centro del dibattito ci sono due grandi filoni: il primo riguarda il rinnovo del Contratto di servizio (sul quale abbiamo scritto più volte) che proprio lo scorso venerdì è giunto finalmente in Vigilanza Rai; il secondo filone riguarda invece il percorso parlamentare della Legge di stabilità 2018.

Il testo del Contratto ora all’esame dei parlamentari (ecco il testo approdato in Vigilanza) potrà essere emendato con un parere non vincolante e, a questo proposito, per il prossimo venerdì è prevista un’audizione dei vertici di Viale Mazzini. Cosa potrà succedere subito dopo? Per quanto ci è noto, si vorrebbe chiudere la partita al più presto e, a quanto sembra, non sono attese sorprese rilevanti. Nei giorni scorsi lo stesso sottosegretario Antonello Giacomelli ha dichiarato, in una intervista al Sole 24 Ore, che “il parere della Vigilanza proporrà miglioramenti del testo non incompatibili con la volontà del Governo di arrivare alla firma dell’atto”.

A dirla tutta, un aspetto dirimente emerge con chiarezza: il tema delle risorse con le quali il Servizio pubblico dovrà far fronte ai rilevanti impegni di spesa che il contratto prevede. In questo senso si mescolano i due filoni che abbiamo accennato. Il Governo intenderebbe – da sottolineare il condizionale futuro probabile – proporre degli emendamenti che in parte potrebbero dare un respiro strategico alle finanze Rai: la certezza dell’importo del canone non più su base annuale come avviene ora ma almeno su un arco triennale.

Come abbiamo più volte scritto, non si tratta di una scelta di poco conto perché consentirebbe, in un momento in cui il versante pubblicitario non gode di gran buona salute, all’azienda pubblica, di poter pianificare meglio le proprie strategie finanziarie. Ora, si dà il caso che sia circolata una ipotesi (lo stesso titolo dell’intervista citata) secondo la quale nella Legge di stabilità possa essere introdotto un emendamento con il quale potrebbe essere determinato l’ammontare del canone su base almeno triennale. In effetti, per quanto ci è noto, è in corso di scrittura un testo in questa direzione da presentare come emendamento alla Legge. Qualcuno a Viale Mazzini ha storto il naso: “Siamo in campagna elettorale e pare difficile che all’elettorato questo argomento possa interessare più di tanto, anzi!”. Certo è che nel testo approvato recentemente dal Consiglio dei Ministri di canone Rai non si trova traccia. Di Servizio pubblico si parla, a lungo e con dettaglio, nell’art. 89 laddove si parla dell’uso efficiente dello spettro e della transizione al 5G e nell’art. 97 laddove il Servizio pubblico viene esentato dagli obblighi previsti dalle norme in materia di amministrazioni pubbliche incluse nel paniere ISTAT.

A bocce ferme, l’importo del canone è ancora indefinito e siamo prossimi al giorno in cui questo, per legge, dovrà essere determinato. I tempi sono molto stretti e in ballo ci sono centinaia di milioni, proprio quelli necessari ad adempiere gli importanti obiettivi del Contratto di servizio.

Come abbiamo scritto, questa bozza (che abbiamo avuto nella versione integrale) certamente evidenzia aspetti formali importanti. Il primo riguarda i tempi: raramente è successo che le scadenze previste venissero rispettate con puntualità. Il secondo aspetto è la sua essenzialità (si compone di 28 articoli invece dei 36 del precedente). Il terzo aspetto rilevante è la caratura progettuale, organica e coordinata, con la quale la Rai potrebbe affrontare gli impegni richiesti. Torneremo nel dettaglio sull’articolato del Contratto ma intanto segnaliamo un intreccio molto problematico tra l’art. 18 dello stesso (neutralità tecnologica) con il citato art. 89 della Legge di stabilità.

Nel testo del Contratto si legge che “la Rai è tenuta ad assicurare che nella fase di attuazione della tabella di marcia nazionale per la liberazione della banda 700MHz, l’intera programmazione già irradiata sulle attuali reti terrestri sia visibile su tutte le piattaforme tecnologiche;”. All’orizzonte, per quanto appunto disposto dal citato articolo della Legge, si intravvede uno switch over dalle conseguenze ancora non del tutto ben definite per la Rai dove proprio l’ampliamento della platea composta dalle nuove e diverse piattaforme potrebbe minacciare seriamente il tradizionale bacino di utenti del Servizio pubblico. In ballo, inoltre, c’è anche il futuro del Mux1 con il quale la Rai raggiunge i propri utenti con le principali reti, attraverso più di 2.000 siti di diffusione con oltre il 99% di copertura della popolazione. Gli altri multiplex, da contratto di servizio scaduto, coprono poco più del 90% della popolazione attraverso meno di 500 siti. Sulla base di quanto previsto dall’art. 89 della finanziaria, ed in particolare il comma 5, il Mux 1 verrebbe polverizzato. La contesa è aperta, gli esiti incerti.

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