Il digitale crea una vera rivoluzione nell’economia e dà inizio a un nuovo mondo di opportunità.; non a caso è stato definito “Big Bang disruption”. Così ha esordito Andrea Rangone, Coordinatore Osservatori Digital Innovation, Politecnico di Milano, al convegno “Old vs New Economy? No, solo economia digitale! La rivoluzione che sta cambiando l’Italia” organizzato dal CorCom.
“Il digitale ha profondamente impattato una serie di settori dell’economia che solo fino a pochi anni fa crescevano a due cifre e ora si trovano a fare i conti con modelli del tutto nuovi”, ha sottolineato nel suo intervento Rangone. Un esempio? Le macchine fotografiche o i navigatori messi in crisi dalle funzionalità avanzate degli smartphone. Ma non solo.
“Pensiamo agli alberghi il cui modello di business si trova spezzato dall’ingresso sul mercato di una start-up come Airbnb o alla forza dirompente di una app come Uber per i tassisti”, ha continuato Rangone.
Sono trasformazioni nei modelli di business che dimostrano che “il fenomeno inarrestabile della digital economy si lega strettamente a un altro, quello delle start-up: sono due facce della stessa medaglia. E sarà sempre più così in un numero crescente di settori”, ha aggiunto Rangone: “Per esempio il banking sarà profondamente trasformato nei prossimi anni da digitale e start-up e ciò che consideriamo banca e operatore finanziario oggi cambierà molto tra 10 anni”.
Tante le forze dirompenti sul mercato che innescano il Big Bang del digitale. Rangone ha passato in rassegna le principali: cloud e Big Data, elettrodomestici intelligenti e smart home, smart working, proliferazione dei device e disponibilità di contenuti digitali su qualunque tipo di terminale: “E’ una trasformazione epocale che tocca i consumatori ma da questi viene portata nelle imprese”, ha osservato Rangone: “Per questo parliamo di una consumerizzzione dell’It e il trend del Bring your own device ne è l’espressione. Le persone vogliono usare in azienda lo stesso device che usano per scopi personali e esigono dai sistemi aziendali la stessa usabilità delle piattaforme consumer a cui sono abituati, per esempio quelle di e-commerce”. E ancora: “Anche al lavoro gli utenti si aspettano applicazioni mobili e reti social. La socializzazione riguarda sia la vita privata che quella professionale”, ha proseguito Rangone; “social network e instant messaging cambiano le relazioni tra le persone sia nella vita privata che nel lavoro”.
Ma quanto vale oggi la digital economy in Italia? Rangone ha provato a misurare il fatturato della digital economy italiana: ne emerge con evidenza che il cuore dell’economia digitale, le Tlc, non crescono più (perdono fatturato i servizi voce ed sms e la crescita dei servizi dati per ora non compensa le perdite) mentre cresce il mondo dei servizi e dei contenuti digitali consumer, così come quello dei nuovi device (smartphone, tablet, connected Tv).
Questo fatturato ha un’incidenza sul Pil del 4,9% ma il valore aggiunto della digital economy al nostro Pil non supera il 2,5-3%: “Ancora troppo poco”, ha concluso Rangone, “siamo dietro le principali economie avanzate. Il problema è che il Pil generale in Italia non cresce e la nostra produttività si è abbattuta: anche la new economy ne risente”.