L'INTERVENTO

Allarme di Cisco sui dazi alla Cina: “A rischio gli investimenti di rete negli Usa”

Il ceo Chuck Robbins: “Ci sarà un aumento dei prezzi e una conseguente riduzione della capacità di spesa in R&D”. Dialogo in corso con l’amministrazione Trump per scongiurare una nuova tornata di misure protezionistiche

Pubblicato il 11 Set 2018

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La trade war innescata dagli Stati Uniti nei confronti della Cina potrebbe colpire significativamente la supply chain del colosso americano del networking Cisco, col rischio di un aumento dei prezzi per il cliente finale e, soprattutto, una riduzione della capacità di investire in ricerca e sviluppo. Lo ha dichiarato il Ceo Chuck Robbins intervenendo al programma Squawk Box dell’emittente Cnbc. Il numero uno di Cisco ha chiarito che i rischi riguardano numerose aziende americane dell’hitech e ha sottolineato che Cisco ha già osservato gli impatti della prima ondata di dazi contro la Cina e che ora segue con attenzione l’evolversi delle politiche commerciali di Trump.

L’obiettivo è scongiurare una nuova tornata di dazi: per questo Cisco è impegnata in un dialogo costante con l’amministrazione Trump per far capire quali sono i rischi del caro-tariffe sull’importazione negli Stati Uniti di componenti tecnologiche provenienti dalla Cina. In particolare per Cisco sono i prezzi dei prodotti collegati all’attività core del networking a preoccupare. Nel frattempo il colosso americano reagisce anche ottimizzando la sua supply chain, una strategia ordinaria ma che in questi ultimi mesi è diventata cruciale.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha già imposto un dazio del 25% a una vasta gamma di merci importate dalla Cina per un valore complessivo di 200 miliardi di dollari; molti di questi beni appartengono al settore hitech e vanno a colpire prodotti inclusi nella strategia Made in China 2025 varata da Pechino nel 2015 con l’obiettivo di sostenere l’espansione della propria industria hitech e imporsi come leader mondiale dell’innovazione. Nelle scorse settimane Trump ha inasprito le tensioni dicendosi pronto a andare avanti con nuovi dazi su altre merci cinesi del valore totale di 267 miliardi di dollari, innescando l’immediata replica di Pechino: ai dazi americani seguiranno dazi cinesi sulle importazioni dagli Usa.

Robbins ha chiarito che Cisco non vuole entrare nel merito della una strategia commerciale basata sui dazi, bensì sugli impatti che una politica del genere produce sull’industria tecnologica americana e su quella del networking in cui è attiva Cisco.

Il Financial Times ha riportato che Cisco, Dell, Juniper Networks e Hewlett Packard Enterprise hanno inviato all’amministrazione Trump una richiesta di rivedere le politiche commerciali ed escludere almeno alcuni prodotti tecnologici dalla “lista nera”. In una lettera indirizzata allo U.S. Trade Representative le quattro aziende hanno messo in evidenza le ricadute dei dazi sulle attrezzature di rete: i prezzi per i consumatori aumenteranno e gli investimenti verrebbero diluiti.

E’ proprio sulle ricadute sull’R&D che ha insistito Robbins nell’intervento su Cnbc: se le aziende americane ridurranno la spesa in ricerca l’effetto sarebbe esattamente l’opposto di quello cercato da Trump, ovvero un ritardo rispetto all’avanzata tecnologica cinese.

“Dobbiamo tendere verso uno scenario globale in cui il commercio è equo e aperto”, ha concluso il Ceo di Cisco. “Sarà un processo doloroso e non risparmierà alcun settore industriale”.

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