Sacco: “Accordi con le Tlc? Per gli Ott è un vantaggio”

L’esperto analizza le prime intese tra i due antagonisti: “Finora si diceva che di questi accordi avrebbero beneficiato le telco. Ma ora si scopre che permettono a Google & Co. di alzare le barriere all’ingresso del mercato”

Pubblicato il 26 Mag 2014

Alessandro Longo

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«Operatori e over the top hanno cominciato a parlarsi, dopo aver superato la frattura ideologica. Hanno capito che c’è da guadagnare, per entrambi, da un’alleanza». Francesco Sacco, docente dell’Università Bocconi di Milano e tra i massimi esperti di internet in Italia (è stato consulente su questi temi per gli ultimi due Governi), ritiene che siamo sull’orlo di una grande trasformazione negli equilibri della rete. Con opportunità ma anche rischi per l’intero ecosistema.
Cosa sta succedendo nei rapporti di forza tra operatori e over the top?
La grande svolta c’è stata a febbraio, con l’accordo tra Comcast e Netflix. Bisogna sapere che nei momenti di picco un terzo del traffico americano è generato da Netflix, in America. Netflix aveva notato che da un po’ di tempo gli utenti Comcast avevano problemi di qualità per i suoi servizi. È stata Netflix quindi ad andare da Comcast- non viceversa – per chiedere di avere priorità nel traffico. Ad aprile ha fatto poi un accordo simile con Verizon. Probabilmente lo ripeterà con altri operatori. Cominciano infatti a emergere i problemi causati dai video su internet, quando un servizio ha particolare successo. In Italia non sta ancora succedendo, ma accadrà. Non solo questi servizi sono sempre più utilizzati, ma diventano sempre più pesanti: tutti i contenuti tendono a essere ad alta definizione. Google-Youtube comincia inoltre a offrire video 4K, a ultra alta definizione.
Le conseguenze di questa nuova fase?
Finora si è sempre detto che accordi di questo tipo erano tutti a vantaggio degli operatori, come nuova fonte di ricavo. Non a caso, erano gli operatori a volerli e gli over the top facevano resistenza. Ma adesso si scopre che possono essere vantaggiosi anche per gli over the top. Permettono loro, infatti, di alzare le barriere all’ingresso nel mercato. Per fare concorrenza a Netflix, bisognerà investire di più. Negli accordi con gli operatori, ma non solo: in generale, nella qualità del servizio. Bisogna capire insomma che ormai gli Ott maggiori si stanno strutturando come operatori. I più grossi usano cavi sottomarini di proprietà. Cercano di avere un accesso separato, indipendente e diretto fino agli utenti. Prima Google avrebbe dovuto pagare diversi operatori di rete per servire i diversi Paesi. Adesso, sfruttando proprie linee può arrivare al punto di interconnessione maggiore in un Paese.
E perché si è arrivati a questa nuova fase di accordi?
Perché sono decadute le pregiudiziali ideologiche e i protagonisti hanno trovato una base comune di business, da sviluppare. Molti esperti avevano previsto che il tema della neutralità della rete avrebbe trovato prima o poi una sistemazione pragmatica.
Il prossimo passo?
Un’ulteriore estensione degli accordi, soprattutto per la parte video e per l’accesso dalla rete mobile. Sono queste due le situazioni più critiche. Quelle cioè dove la qualità per l’utente finale è più a rischio.
In Italia che può succedere?
Telecom Italia ha appena aperto una nuova fase di dialogo con gli over the top, contro cui invece finora si era sempre scontrata. Gli operatori volevano far pagare loro l’accesso all’ultimo miglio, ma gli over the top si sono sempre rifiutati. Adesso cominciano i negoziati, ma su termini diversi rispetto alle precedenti richieste degli operatori. Anche negli Usa, del resto, gli accordi Netflix riguardano l’interconnessione e non l’accesso all’ultimo miglio. Al momento in Italia ci sono solo segnali preliminari. Telecom ha fatto un accordo con Sky per permettere l’accesso ai suoi programmi via banda larga. Sta valutando inoltre un accordo infrastrutturale con Facebook, i cui dettagli sono ancora oscuri. Probabilmente servirà per supportare in modo più affidabile i contenuti in mobilità. Terzo dossier: Telecom sta discutendo con Amazon per il mercato cloud computing. L’idea è sfruttare i grandi datacenter di Telecom con i servizi cloud di Amazon.
Ma questi accordi ti preoccupano?
Ci sono motivi di preoccupazione. La frontiera della competizione si sta spostando in alto, molto rapidamente. Per stare sul mercato le aziende devono avere una sempre maggiore capacità di investimento. Le startup innovative avranno difficoltà e potrebbero essere bloccate sul nascere. Gli accordi sono quindi potenzialmente pericolosi. Ben vengono nuove fonti di ricavo per gli operatori, ma bisogna anche tenere conto delle esigenze delle startup di competere e di stare sul mercato.
Che cosa proponi?
Non si può impedire alle aziende di fare accordi. Bisogna solo tenere a mente che ne potrebbero nascere problemi. Ed essere preparati. Qualora succeda, bisognerà decidere se la neutralità della rete è ancora un valore da difendere. Un’idea: definiamo i servizi di base internet, che non devono mai essere messi in discussione. Assicuriamo loro un livello di banda adeguato, a un prezzo accessibile a tutti. Sopra questi servizi, bisognerebbe poi sviluppare un’offerta rivolta a chi vuole avere qualità superiore. Ciò detto, la situazione non è chiara perché resta sul tavolo il tema della neutralità della rete. Le istituzioni non l’hanno risolto né negli Usa né in Europa. Possiamo insomma dire che lo scontro ideologico tra i due fronti si sta sfumando, ma non è ancora risolto.

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