Sandei: “Ho detto a Renzi: innovazione, serve una vision di sistema”

L’Ad di Almawave dopo l’incontro con il premier nella Silicon Valley, al nostro giornale: “Norme più flessibili sul lavoro, riforma fiscale e dei finanziamenti pubblici e privati gli strumenti chiave”. E sui cervelli in fuga: “Serve una progettualità solida, le startup non bastano per far rientrare i talenti o attrarne di nuovi”

Pubblicato il 23 Set 2014

“L’Italia per ripartire ha bisogno di progetti imprenditoriali strategici, credibili e coinvolgenti dal punto di vista intellettuale e prospettico per i giovani. Indispensabile è il supporto all’internazionalizzazione, perché gli investimenti in tecnologie richiedono sbocchi di mercato e il solo contesto italiano non è sufficiente”. E’ la “ricetta” per la crescita dell’Ad di Almawave, Valeria Sandei, che ieri era tra i big dell’IT che il premier Matteo Renzi ha incontrato nella Silicon Valley. “L’atmosfera è stata molto positiva – dice Sandei al Corriere delle Comunicazioni – Il premier ha comunicato dei messaggi importanti a tutti noi. E ci ha esortato: ‘Andate avanti’, e così certamente faremo”.

Nel suo viaggio americano, Renzi ha voluto incontrare le aziende della Silcon Valley. Crede che queste iniziative siano utili?

Ogni occasione di incontro diretto tra il Governo, in primis il Presidente del Consiglio, e gli imprenditori credo sia un’opportunità di confronto utile a capire meglio la situazione e le esigenze contingenti, finalizzato al comune obiettivo di far ripartire l’economia. La scelta di incontrare i big della Silicon Valley manifesta da parte di Renzi una particolare attenzione verso la culla dell’innovazione tecnologica mondiale dove noi italiani siamo presenti e ben rappresentati.

Cosa può fare il governo per rilanciare il digitale in Italia?

Le nuove tecnologie possono trasformare il modo in cui le amministrazioni si relazionano con i cittadini. Anche di questo ha parlato il premier. Attorno a questa convinzione devono ruotare molte riforme concrete che certamente saranno fonte di risparmio e modernizzazione per il Paese. Rilanciare il digitale significa a mio avviso anche credere nell’industria “digitale” italiana, nelle nostre potenzialità, nella qualità della nostra tecnologia. Le riforme strutturali che tutti ben conosciamo e la spinta imprenditoriale, se abbinate a una vision di Agenda digitale concreta, potrebbero davvero trasformare il Paese.

Quali sono, a suo avviso, le priorità da seguire?

Le aziende hanno bisogno che il sistema evolva secondo varie direttrici: leggi e regole chiare e applicate, norme più flessibili e premianti sul lavoro, riforma fiscale con spostamento tasse dal lavoro ad altre forme di tassazione indiretta, riforma dei finanziamenti pubblici con contributi mirati e monitorati, maggiore flessibilità nei finanziamenti delle banche, riforma del sistema universitario con lauree più specifiche e collegate al mondo del lavoro, politica industriale del governo che deve sempre più identificare le aree di investimento che sostengono la crescita, politica industriale territoriale. Inoltre, serve supporto all’internazionalizzazione – perché investire significativamente in tecnologie richiede mercato, il solo contesto italiano non è sufficiente. Tutte queste iniziative o parte di esse renderanno possibile un rilancio, ma senza i progetti imprenditoriali strategici di cui ho parlato, ogni spinta propulsiva del paese rimarrà comunque debole perché destinata ad avere impatto su un mercato che anziché guardare oltre i propri orizzonti sarà sempre più limitato e i migliori continueranno a guardare fuori per trovare opportunità non solo economiche ma anche di sfida intellettuale.

Ci sono settori su cui puntare di più?

Tra i tanti, ai primi posti senza dubbio c’è l’innovazione tecnologica. L’information technology è in tutto il mondo il volano per trasformare il business, deve e può esserlo anche da noi.

Ma per fare quello che lei consiglia servono “cervelli”. L’Italia soffre dei cosiddetti cervelli in fuga ma nemmeno ne riesce ad attrarre da fuori. Che fare?

Serve progettualità come ho accennato: aziende consolidate, e non solo startup, che anche nel settore della tecnologia – principale driver di innovazione e trasformazione di aziende e amministrazioni – offrano in Italia progetti consistenti, credibili, coinvolgenti dal punto di vista intellettuale e prospettico per i giovani, con opportunità anche internazionali. Nel caso di Almawave i talenti che sviluppano il nostro software li ho “tenuti” in Italia all’interno dei nostri laboratori e centri di competenza, seppure siano persone sempre pronte a viaggiare e a confrontarsi a livello internazionale, essendo presenti come azienda ormai in vari paesi. Inoltre anche alcune eccellenze italiane che sono a San Francisco da anni sono coinvolte nel mio progetto “Made in Italy”. Un esempio su tutti? La ceo di Almawave Usa, Anna Gatti, è italianissima e ha studiato in Bocconi, poi Stanford, Berkeley, ha fatto esperienza in Google e anche in una bella start up. Le persone più brave, normalmente lo sono anche perché amano ciò che fanno. Se non trovano quindi la possibilità di attuare le proprie competenze e affrontare progetti sfidanti a cui contribuire, vanno – giustamente – altrove.

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