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Sassano: “Sul rame ha funzionato l’Eoo. Ora serve un modello per la fibra”

Il presidente Odv: “L’unbundling si sposta dalle centrali agli armadi e ciò richiede un’analisi approfondita e risposte non superficiali. L’equivalence of input ideale nel realizzare ex novo processi e procedure informatiche, ma se esistono già allora meglio l’equivalence of output”

Pubblicato il 16 Mar 2015

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“Il mercato delle tlc è diventato particolarmente mutevole e lo sarà sempre di più, con nuovi media e tecnologia in continua evoluzione”. Ne è convinto Antonio Sassano, presidente dell’Organo di vigilanza sulla parità di accesso alla rete di Telecom Italia tanto che il tema è stato un po’ il leit motiv della Relazione annuale 2015 dell’Odv, la terza e anche quella di fine mandato.
Presidente Sassano come è cambiato lo scenario?
Si è diffusa la consapevolezza che le reti di accesso sono strategiche per il futuro del Paese. Il varo dei due Piani Banda Ultralarga e Crescita Digitale finalizzati al perseguimento degli obiettivi dell’Agenda Digitale ha rimesso al centro il tema dell’accesso alle nuovi reti Ngan e della sua governance. L’Organo di vigilanza sta procedendo all’esame delle cause di scarto opposte agli ordinativi di lavoro afferenti l’offerta wholesale di servizi in fibra: nel 2008, quando l’Odv fu istituito, sembrava cosa futuribile.
Dunque, evolve anche il lavoro di Odv.
Il nuovo modello di equivalence delle reti di nuova generazione rappresenta uno dei principali temi a cui il prossimo Odv dovrà dedicare grande attenzione. Bisogna rimettersi in discussione ed investire su nuovi e più aggiornati modelli di parità, utili a modificare gli attuali strumenti che, se non adattati alle future esigenze del mercato, potrebbero risultare inefficaci. Ricorda la storiella del taglialegna che, stremato dalla fatica, continuava a sprecare tempo ed energia tagliando la legna con un’accetta spuntata, perché diceva di non avere il tempo per fermarsi ad affilare la lama? Ecco, il futuro Odv dovrebbe fermarsi a riflettere su come modificare i razionali che mal si coniugano con i nuovi scenari. Dovrebbe dotarsi di strumenti nuovi e moderni per rispondere pienamente alle attese del mercato in termini di parità e uguaglianza. Quanto all’attuale Organo di Vigilanza, oltre ad assicurare il presidio e il controllo del rispetto dei principi di non discriminazione e parità di trattamento da parte di Telecom Italia, si è fatto portatore di nuove proposte di adeguamento del modello di equivalence, suggerimenti che sono stati accolti nell’ambito della recente consultazione pubblica dell’Agcom sull’analisi dei mercati dei servizi di accesso alla rete fissa di fine gennaio.
Il modello di equivalence italiano è ancora attuale?
Non è compito dell’Odv esprimere preferenze sul modello di equivalence da adottare. Tuttavia, alcune riflessioni sull’attualità delle “regole del gioco” si rendono necessarie. Il punto di partenza sono le dinamiche di funzionamento dei due modelli: l’attuale modello di Equivalence of Ouput prevede che l’offerta del servizio alla divisione commerciale di Telecom Italia e agli Operatori alternativi avvenga con processi e sistemi informativi non necessariamente identici, ma comunque equivalenti (caratteristica che l’OdV è chiamata a monitorare) e tali da garantire la parità di trattamento. Al contrario, l’Equivalence of Input misura il grado di equivalenza dei processi, assumendo che gli stessi siano identici. Dunque mentre l’Equivalence of output non modifica i processi l’Equivalence of Input richiede una riscrittura di processi e procedure informatiche. A nostro modo di vedere, il modello di equivalence adottato in Italia rappresenta un riferimento efficiente, riconosciuto anche a livello internazionale. Il Berec ha individuato l’equivalence of output come best practice e anche la Raccomandazione sulla non discriminazione del 2013 lo ha eletto come migliore alternativa alla più radicale equivalence of input. È una eredità che vorremmo trasmettere a chi ci succederà: pur con alcuni limiti, il modello di equivalence of output si è dimostrato all’altezza del compito affidatogli da Agcom, assicurando e garantendo la tenuta generale del sistema. Certo, anche il modello di equivalence of output come concepito dalla Delibera n. 718/08, richiede importanti interventi di rafforzamento, considerata l’evoluzione regolamentare, tecnologica e di mercato intervenuta dal 2008 ad oggi. Un esempio? L’efficienza dei sistemi informativi, ovvero la correttezza dei dati e il funzionamento del software, condiziona profondamente l’operatività degli Olo. Eppure, la delibera del 2008 non prevedeva accurati misuratori di questa efficienza.
E per le reti future qual sarà il modello più idoneo?
Il passaggio da una rete legacy tutta in rame ad una rete di accesso di nuova generazione tutta in fibra fa emergere nuove problematiche sulla parità di accesso. Nel caso di una rete legacy tutta in rame, c’è un solo e ben identificato operatore incumbent che possiede la rete d’accesso, la gestisce e ne concede l’uso agli operatori alternativi. Nel caso di una rete di nuova generazione, la distinzione diviene meno netta. In primo luogo, la rete di nuova generazione non è necessariamente tutta in fibra. Potremmo avere la rete primaria, fino agli armadi di strada, in fibra e la secondaria in rame come nella tecnologia FTTCab+VDSL; oppure avere tecnologia FTTB con la fibra fino alla base degli edifici e la verticale di palazzo in rame; o, infine, la fibra fino a casa dell’utente in modalità FTTH. Non si tratta di modelli alternativi ma, piuttosto, di fasi diverse della transizione dalla rete in rame a quella in fibra.
In Italia cosa succederà?
In Italia, al contrario degli altri Paesi che hanno scelto l’FTTCab, questa scelta ha generato una forte competizione infrastrutturale con più operatori che portano la propria fibra nei propri armadi stradali e poi acquistano da Telecom Italia il servizio VDSL sulla secondaria in rame. L’unbundling si sposta dunque dalle centrali agli armadi stradali (“subloop unbundling”). Questo complesso scenario di transizione richiede un’analisi approfondita e risposte non superficiali. Anche la valutazione di quale sia il modello di equivalence più appropriato per garantire la parità di accesso in questa fase di transizione richiede ragionamenti in grado di cogliere la complessità del processo di transizione tecnologica. Secondo noi, tutte le volte che processi e procedure informatiche debbono essere realizzate “ex-novo” può essere utilizzato il modello di equivalence of input. Se invece, come più spesso accade, processi e procedure informatiche per la fornitura del servizio sono già attive allora un approccio di equivalence of output (magari rafforzato nei modi proposti nell’analisi di mercato Agcom) è certamente più sicuro e meno costoso.
In conclusione quali suggerimenti sente di formulare per i successori?
Che l’impegno e gli sforzi di questi tre anni abbiano contribuito a consolidare il ruolo dell’Odv quale garante indipendente. Vorrei ricordare il prezioso contributo degli operatori alternativi, di fondamentale importanza per indirizzare le nostre indagini e al quale abbiamo sempre cercato di corrispondere al massimo livello delle nostre competenze. I nostri successori si troveranno un nuovo quadro di regole, figlio della conclusione dell’analisi dei mercati e delle relativa consultazione pubblica avviata da Agcom lo scorso 29 gennaio. L’esperienza pratica di monitoraggio sul campo e gli strumenti di valutazione statistica e simulativa messa a punto dall’Odv, che ha una particolare “vicinanza alla prova”, sono caratteristiche che conferiscono a questo Organo – e in prospettiva potranno conferire in misura ancora maggiore – competenze e capacità di analisi davvero speciali.

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