LA RICETTA

Schmidt: “L’Italia ha fallito sul lavoro, ora puntare sul digitale”

Il chairman di Google “boccia” le politiche portate avanti negli anni e invita il governo a “scommettere sulla diffusione della cultura del web”. E sulla formazione: “Il sistema educativo non forma persone adatte al nuovo mondo”

Pubblicato il 09 Giu 2014

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“I governi italiani hanno fallito” per quanto riguarda il lavoro e la crescita economica, tant’è che “il tasso di disoccupazione giovanile è altissimo, pari al 46%. Per risolvere questo problema il governo dovrebbe cercare di formare e far lavorare i giovani nel mondo del web”. È con una schiettezza al limite del “politically correct” che il presidente di Google, Eric Schmidt, ha parlato oggi in un incontro pubblico con il ministro della Cultura e del Turismo, Dario Franceschini. “Io credo – ha aggiunto il manager – che l’Italia possa fare di più per creare posti di lavoro per i giovani. E la strada giusta è quella della scommessa sulla digitalizzazione. Voi avete un asset – ha concluso – che è il patrimonio storico-artistico ma non avete la tecnologia, manca la cultura del web e la consapevolezza che questo settore può far crescere l’economia”.

Bocciato anche il sistema educativo italiano. “Il sistema educativo italiano non forma persone adatte al nuovo mondo” ha detto Schmidt, che ha auspicato un “cambiamento nel sistema di istruzione italiano” e ha portato l’esempio del suo Paese, gli Usa, dove “in tutte le scuole si insegna informatica”.

Non totalmente dello stesso avviso Franceschini il quale, pur ammettendo il ritardo italiano nel settore digitale, ha messo in guardia dal rischio della globalizzazione delle competenze: “In ogni Paese ci sono vocazioni, magari un ragazzo italiano sa meno di informatica ma più di storia medievale e nel mondo questo può essere apprezzato – ha sottolineato il ministro – Un ragazzo italiano ad esempio potrà andare negli Usa a insegnare storia medievale e uno americano potrà venire qui a insegnare informatica.” Nonostante questo “le applicazioni legate al turismo e alla cultura possono incrociarsi con le start up, e la politica può aiutare in questa direzione” ha aggiunto Franceschini, che ha spiegato di recente siano state approvate norme per assumere giovani nel settore culturale in deroga ai tetti per la Pubblica amministrazione. “Occorre individuare i settori su cui agganciarsi per la crescita, come ha detto Schmidt. È ora di svegliarsi.”

Nello specifico del mondo dell’arte, Schmidt è stato molto chiaro: “Il futuro dell’arte è online, ma soprattutto la sfida sarà sul telefonino”. Google ha già una piattaforma digitale per le opere d’arte e su uno smartphone si può già rendere visibile tutto ciò che c’è in un museo. Sul fronte commerciale, inoltre, un negozio d’arte può mettere online le opere da vendere. “Sono due modi per aiutare a promuovere l’arte” ha detto, spiegando che nel mondo ci sono 2,5 miliardi di utenti di Internet dei quali ben due miliardi lo usano sul telefonino. “E la prossima generazione di telefonini – ha aggiunto – avrà schermi a sei pollici”.

Da parte sua Franceschini ha sottolineato:“La cultura non può essere consegnata alle logiche di mercato. Un prodotto – ha spiegato il ministro – può essere di grande valore culturale ma non essere redditizio, e quindi occorre mettere confini fra ciò che si fa al servizio dell’umanità e ciò che si fa per profitto. La cultura è un servizio”. Franceschini ha però “aperto” alla possibilità di collaborazione con il gigante del web, ad esempio “digitalizzando tutto il patrimonio artistico-monumentale italiano, magari in 3D“. “Questi terreni di collaborazione si possono trovare, sottraendoli però a logiche di mercato” ha ribadito.

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