Serra: “Con l’e-health si conciliano risparmi e qualità di servizio”

Il presidende e Ad di Noemalife: “Grazie all’uso dell’informatica nella Sanità ci saranno meno meno spese e un’assistenza migliore”

Pubblicato il 04 Nov 2014

Antonello Salerno

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«Informatizzare la sanità significa ridurre i costi e alzare il livello qualitativo delle cure». A sostenerlo è Francesco Serra, amministratore delegato e presidente di NoemaLife, gruppo internazionale che dal 1996 è una realtà di punta in Europa nell’informatica clinica ospedaliera.
Serra, con l’edizione 2014 di “La Sanità 2.0 tra Spending Review e Clinical Governance” dimostrate che per ottenere risparmi non è necessario abbassare la qualità dei servizi. Come è possibile?
Ridurre i costi della sanità in modo indiscriminato è sempre un errore. C’è chi opera in modo virtuoso e chi è inefficiente: i tagli indifferenziati non permettono di costruire aree di efficientamento laddove è possibile. La spending review va fatta in modo differenziato: in alcune aree è necessario investire per ottenere miglioramenti e risparmi anche in tempi molto brevi.
Cito l’area dell’appropriatezza prescrittiva, in cui, per dimostrarlo, arriviamo anche a proporre – e siamo gli unici a farlo – un autofinanziamento dei nostri interventi di informatizzazione. Proponiamo contratti alle aziende sanitarie “a success fee”, in cui ci prendiamo l’onere di investire nell’informatizzare di certi specifici settori e veniamo pagati in funzione dei risparmi che l’azienda sanitaria ottiene: è un modo per condividere il rischio del progetto su specifiche applicazioni.
Lei parla di un possibile risparmio di 10mila euro a posto letto grazie all’informatica. Come?
Abbiamo preso ad esempio progetti sviluppati e certificati dal cliente, analizzando costi e benefici dei progetti di informatizzazione su 4 applicazioni che consentono un ritorno rapido degli investimenti. Si tratta della razionalizzazione dei laboratori di analisi, messi in rete in una provincia, nel nostro caso a Bologna e nell’area vasta romagnola, dove i vari centri sono stati messi in collegamento tra loro e “specializzati” per funzione e tipologia di esami. Poi l’appropriatezza delle analisi: spesso vengono prescritti esami inutili o “ridondanti”, perché troppo ravvicinati: con l’informatizzazione e la condivisione in rete dei dati questo rischio si può evitare facilmente. Poi l’e-prescribing all’interno delle aziende ospedaliere. Oggi l’infermiera scrive su un taccuino quali farmaci somministrare e come: se potesse utilizzare un tablet si otterrebbero enormi risparmi anche soltanto dalla riduzione degli errori di chi dovendo leggere non capisce la calligrafia. E infine le infezioni nosocomiali: la letteratura è concorde nel valutare che Il 5% dei pazienti prende malattie durante la degenza. Con i nostri sistemi è possibile prevenire il diffondersi di queste infezioni, prevedendo ciò che sta per accadere. Significa evitare una media di 5 giorni di degenza in più, e quindi abbassare i costi in modo deciso. Semplicemente con questi 4 interventi abbiamo valutato 2 miliardi di risparmi su scala nazionale. Quando si parla della sanità digitalizzata non ci si può fermare all’annuncio, a fare marketing: si deve dire come e dove intervenire e quanto si investe.
Come ci si muove all’estero in questo campo?
In Inghilterra, ad esempio, dove siamo presenti, il Governo ha messo a disposizione delle aziende sanitarie 260milioni di pound in 2 anni, per l’aumento della sicurezza clinica dei reparti: chi vuole presenta progetti, e quelli migliori ottengono i finanziamenti. Ma è anche un problema culturale. In un’azienda ospedaliera informatizzata a livelli consistenti cambia il modo di lavorare di tutti. Ma possiamo fare anche il confronto con la Francia, dove NoemaLife produce circa il 30% del proprio fatturato. La differenza è che una reale informatizzazione dei processi clinici in Italia è sviluppata in meno del 10% degli ospedali, mentre la Francia è all’80%. Nel nostro Paese non mancano le punte di innovazione, che sono al livello di quelle d’oltralpe, ma la loro diffusione è molto più contenuta.
Ha registrato progressi, almeno di “sensibilità”, negli ultimi anni?
Sì, le aziende si stanno dando molto da fare in questo campo. I player più importanti si parlano tra di loro, e si arriva anche a lavorare insieme tra concorrenti. Anche sul fronte delle aziende sanitarie l’attenzione sta aumentando, ma c’è bisogno di atti concreti: e questi per la verità tardano. Segnali ce ne sono, ma al punto in cui siamo è fondamentale accelerare.

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