SMART CITY

Sicurezza urbana, il futuro è nei droni

Gli Unmanned Aerial Vehicles passano dal settore militare a quello civile: il campo di applicazione spazia dal controllo delle coltivazioni, all’esplorazione di aree contaminate fino alla protezione di strade ed edifici

Pubblicato il 09 Giu 2013

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come spesso accade, tecnologie sviluppate in ambito militare trovano applicazione nella vita di tutti i giorni solo quando il loro prezzo si riduce e le loro componenti divengono accessibili al “grande pubblico”. Ne sono un esempio, oltre a Internet, i droni, veicoli senza pilota di dimensioni variabili, autonomi o controllati da operatori umani, in grado di muoversi in ambienti difficili per portare a termine missioni segrete o pericolose.
Già negli anni ‘60 le spy story e la fantascienza immaginano insetti elettromeccanici in grado di infiltrare qualunque difesa, a beneficio di ipertecnologici russi, americani e britannici. Solo negli ultimi anni, però, le cronache si sono riempite delle gesta di Uav (Unmanned Aerial Vehicles) e droni che, privi dell’onere di esseri umani a bordo, portano a termine missioni altrimenti molto rischiose: la miniaturizzazione delle componenti elettroniche, unitamente alle recenti evoluzioni negli algoritmi di visione e di intelligenza artificiale, e a tecnologie a radiofrequenze a banda sempre più larga, hanno dato impulso sempre maggiore al “decollo” di veicoli sempre più autonomi e sempre più piccoli. Inizialmente a disposizione delle sole forze armate israeliane (che li hanno introdotti durante gli anni ‘80) sono oggi utilizzati dagli eserciti di più di 50 paesi in tutto il mondo, anche con finalità di attacco.


I droni acquisiscono una vera e propria “vista” che, assieme a rudimentali capacità di ragionamento e di riconoscimento delle forme, attribuisce loro la capacità di evitare gli ostacoli, e permette agli operatori umani di impartire semplici “ordini” che verranno poi eseguiti autonomamente.
Parallelamente, polizie ed altre agenzie iniziano ad esplorarne possibili usi in ambito civile, principalmente come strumenti “discreti” di sorveglianza: solo una recente richiesta della Electronic Frontier Foundation – organizzazione Usa per i diritti digitali, preoccupata dalle implicazioni sulla privacy e sulla sicurezza – ha reso pubblico il pattugliamento effettuato dal 2005 dai droni dello U.S. Customs and Border Protection, così come il loro uso per la sorveglianza di strade e criminali da parte di alcune polizie, e le centinaia di altre autorizzazioni, rilasciate dalla Federal Aviation Administration, ad università, agenzie ed altre organizzazioni sia pubbliche che private (più di 700 dal 2006).

In America come in tutto il mondo (Inghilterra, Africa, Russia, Giappone), i veicoli privi di pilota e le loro applicazioni proliferano: dal controllo delle coltivazioni, al monitoraggio della salute degli animali selvatici, all’esplorazione di aree contaminate, alla sorveglianza degli edifici in rovina dopo i terremoti, i droni sempre più spesso prendono a punteggiare i cieli di tutto il mondo. Anche grazie all’interesse destato in hobbysti, appassionati di modellismo, maker ed hacker, fanno la loro comparsa modelli variegati (elicotteri, quad-copter, dirigibili) a basso e bassissimo costo – spesso basati su piattaforme hardware semplificate come Arduino – o veri e propri “giocattoli” – come il Parrot AR Drone, quad-copter dotato di telecamera e controllabile tramite iPhone – utilizzati a scopi più o meno ludici ed esplorativi, in un numero di contesti crescente. Un’applicazione che mostra diversi elementi di interesse per l’argomento di questa rubrica è uno dei progetti valutati da The Pirate Bay (popolare tracker per il sistema di condivisione p2p Bittorrent) per sfuggire ai limiti imposti dalle autorità nazionali, che si rifiutavano di concedergli la possibilità di collocare data center sul proprio territorio: installare i server a bordo di decine di piccoli droni, in grado di comportarsi come uno stormo autonomo interconnesso da un rete wi-fi a topologia variabile.

La “logica di sciame” (una forma di intelligenza artificiale collettiva mutuata dal comportamento animale) permette di immaginare un’infrastruttura composta da un esercito di minuscoli operai auto-organizzanti, in grado di intervenire autonomamente in circostanze specifiche o critiche, o di veicolare elementi funzionali di utility urbane. La resilienza e l’autonomia degli sciami ne permetterebbe il deployment immediato ed automatico in innumerevoli contesti, per applicazioni come manutenzione e pulizia delle infrastrutture, fino all’assistenza ed al recupero di cittadini in condizioni di rischio.

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