Social network, la rivoluzione non è solo tecnologica

Felicia Pelagalli e Marco Mascioli (Culture): “Le nuove forme di relazione, abilitate dalle tecnologie, possono rendere nuovo il rapporto tra le persone, nei diversi contesti di vita”. Ma bisogna saper governare le novità

Pubblicato il 17 Nov 2014

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La rivoluzione digitale a cui stiamo assistendo – e di cui tutte le forze sociali, a diversi livelli, sono partecipi – apre a nuovi interrogativi che non si esauriscono nel dato tecnico, ma investono direttamente la natura dei rapporti sociali e produttivi, contribuendo al loro radicale cambiamento.

Lo sviluppo delle Ict e delle piattaforme social ha mutato profondamente la relazione fra imprese e consumatori, istituzioni e cittadini, organizzazioni non profit e del terzo settore e stakeholder. L’accento posto sulla novità e l’autorevolezza che il termine ha assunto nella nostra cultura recente, alludono, al netto delle “mode” giornalistiche, a un processo in corso di trasformazione dei rapporti, ancor prima che dei mezzi.

In primo luogo, sono cambiate la natura e la direzione della diffusione dell’informazione: dal tradizionale “uno a molti”, a quella bidirezionale e interattiva, una forma di comunicazione che verte sulla co-creazione di linguaggi e di prodotti e nella quale chi riceve è allo stesso tempo colui che informa il dato, dunque gli dà forma, parafrasando Derrida.

In secondo luogo, con la proliferazione degli strumenti social, i rapporti tendono verso la simmetria e lo stesso potere, da forza univocamente derivata dal ruolo, torna sempre più all’accezione originaria di possibilità: poter fare, poter conoscere, poter essere. La caratteristica dell’universo “social” è che questa opportunità di fare, conoscere ed essere è indissolubilmente legata alla capacità di condividere e confrontarsi con il proprio interlocutore.

In quest’ottica, diviene centrale il tema della fiducia: come può l’innovazione sostenere e promuovere la fiducia delle persone nelle istituzioni, nella scuola, nelle imprese, nel turismo, nei media?

Quello del rapporto fra l’innovazione e la fiducia è un tema ampio che porta con sé insidie e opportunità. Le piattaforme social aprono a nuove possibilità di condivisione e alimentano aspettative positive di fiducia, superando il conflitto fra chi ha il dominio del sapere e chi lo riceve, e ampliando spazi e tempi di intervento sull’informazione: quando, come e cosa fruire si impongono sempre più come scelte caratterizzate da un elevato grado di autonomia.

Le stesse piattaforme ed i loro contenuti non sono statici, ma vengono costantemente co-costruiti da chi prende parte alla relazione sociale. L’esempio di Facebook evidenzia le potenzialità creative che derivano dalla condivisione delle informazioni e dei prodotti mediatici. In una sorta di economia del dono “social”, l’obbligo rituale del dare-ricevere-ricambiare diventa il motore che alimenta le comunità virtuali, entro un rapporto in cui il “contraente” dello scambio è l’intera cerchia di amici e di followers, che restituiranno quanto offerto in un secondo momento. Una forma di scambio tenuta insieme dalla metafora dell’amicizia, dunque del rapporto di fiducia con l’altro.

Fiducia e innovazione sono intensamente e reciprocamente connesse: la fiducia è una precondizione culturale dell’innovazione e le nuove forme di relazione, abilitate dalle tecnologie, possono innovare, “rendere nuovo”, il rapporto tra le persone, nei diversi contesti di vita.

Ne parliamo alla Camera dei Deputati il 20 novembre in occasione del workshop “Fiducia e Innovazione: nuovi modelli di relazione e di misura”, organizzato da Culture in collaborazione con l’Intergruppo Parlamentare per l’Innovazione Tecnologica.

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