L'ACQUISIZIONE

Sony compra Emi per 2 miliardi di dollari, nasce il gigante mondiale dell’industria musicale

Il gruppo giapponese possedeva già una partecipazione del 30%. Obiettivo guadagni stabili tramite abbonamenti e streaming: “Investimento in proprietà intellettuale dei contenuti e pietra miliare per la nostra crescita di lungo termine”

Pubblicato il 22 Mag 2018

Patrizia Licata

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Sony compra Emi e diventa la più grande casa discografica mondiale: il gruppo giapponese, che già possedeva una partecipazione di circa il 30% in Emi Music Publishing, ha firmato un accordo con il fondo di investimento Mubadala di Abu Dhabi per rilevare la sua quota del 60% per un valore di circa 2,3 miliardi di dollari (1,9 miliardi più il debito) che le garantisce un controllo di circa il 90%. La casa giapponese rafforza così i muscoli per competere in un’industria radicalmente trasformata dall’avvento dei servizi musicali in streaming.

Si tratta dell’operazione più sostanziosa messa a segno dal Ceo di Sony Kenichiro Yoshida e che permette al gruppo di inglobare il nutrito catalogo di Emi, oltre 2 milioni di canzoni di artisti tra acui Kanye West, Queen, Pharell Williams. Sony Atv, invece, detiene i diritti di artisti come Drake, Ed Sheeran, Taylor Swift, Kanye West, The Beatles, Bob Dylan, Queen.

Emi è la seconda più grande casa editrice musicale al mondo con 663 milioni di dollari di vendite e una quota di mercato del 15%, secondo quanto riferito da Sony. L’acquisizione fa salire lo share della casa discografica giapponese al 26%.

L’idea del Ceo Yoshida, come indicato in conferenza stampa, è rendere più stabili e prevedibili le entrate di Sony tramite la vendita dei diritti dei contenuti di intrattenimento – una strategia che prosegue il cammino inaugurato dal suo predecessore Kazuo Hirai, che ha radicalmente trasformato il modello di business di Sony allontanandosi dal settore dell’elettronica di consumo che non garantisce alti margini. In particolare, è la Playstation a non rendere più come in passato: l’utile operativo dell’unità di business legata alla console per videogiochi è previsto in calo quest’anno (a 130-170 miliardi di yen contro 190 miliardi di yen l’anno scorso).

“Questo investimento in proprietà intellettuale sui contenuti è una pietra miliare per la nostra crescita di lungo termine”, ha affermato Yoshida. Il Ceo ha riconosciuto che il mercato della musica ha perso larghe fette di guadagno dal 1999 al 2014 con l’affermazione di Internet, ma oggi la crescita per l’industria musicale può essere garantita dai servizi in streaming in abbonamento.

La diffusione dello streaming digitale fa crescere anche le entrate per i diritti d’autore e Sony può intercettare questo valore come gestore del copyright per gli artisti che rappresenta grazie agli accordi siglati con piattaforme online come Spotify, Apple Music, Google Play, SoundCloud e YouTube”, ha commentato l’analista di Macquarie, Damian Thong.

Le affermazioni di Thong sono corroborate da quanto emerso nell’ultima trimestrale di Vivendi, con risultati sottotono ma il business musicale di Universal Music Group che traina il fatturato (revenues +4,5% a 1,222 milioni di euro) grazie ad abbonamenti e streaming.

Yoshida di Sony, alla guida dell’azienda da aprile, sta puntando sull’offerta di contenuti e questo mese ha già portato a casa un accordo da 185 milioni di dollari per comprare il 39% di Peanuts Holdings, l’azienda che possiede i diritti del marchio dietro ai fumetti di Snoopy e Charlie Brown.

@RIPRODUZIONE RISERVATA

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