Mentre è ormai prossima la data di aggiudicazione della gara SPC (per il nuovo Sistema Pubblico di Connettività) da 2,4 miliardi di euro, è anche appena scaduta la consultazione pubblica per il piano Crescita Digitale. SPC ha un ruolo prominente nel suddetto piano, che però è stato concepito in una “era geologica” antecedente rispetto alla relativa gara. Altri tempi (2013), altri Governi; diversa anche la direzione dell’Agenzia per l’Italia Digitale.
La sfasatura temporale è interessante perché potenzialmente gravida di contraddizioni, che possono essere un bastone tra le ruote nei piani governativi per la crescita digitale dell’Italia.
Vediamo infatti quale ruolo il piano attribuisce all’SPC.
Si legge che “è il framework italiano di interoperabilità: un insieme di linee guida, regole tecniche ed infrastrutture per garantire la connettività e l’interoperabilità delle pubbliche amministrazioni. L’attuale Sistema,se prevalentemente attivato su Banda Ultra Larga (minimo 30 MB eper almeno il 70% in 100 MB), abbinato alla predisposizione all’accessowifi per tutte gli edifici pubblici, con priorità per le scuole, gli ospedali etuttii luoghi ad alta frequentazione, permetterà di ottimizzare l’offertae di razionalizzare le risorse pubbliche che – da spesa corrente –possono trasformarsi in investimenti pro futuro. L’accesso wifi potràessere erogato ai cittadini anche gratuitamente, attraverso il sistemapubblico di identità digitale”.
E ancora: “le nuove gare SPC già avviate consentiranno alle PA di acquisire servizi di connettività ad alta intensità di banda e ad assicurare la cooperazione applicativa e l’interoperabilità fra tutte le amministrazioni. Un aggiornamento del modello architetturale SPC, facendo leva sulle rinnovate infrastrutture condivise per l’interoperabilità e sugli accordiquadro, abbinata alla predisposizione wifi di tutti gli edifici pubblici, consentirà nei prossimi 5 anni di sostenere il raggiungimento degli obiettivi di connettività a banda ultra larga a 100 MB almeno negli edifici pubblici”.
Insomma, SPC è un tassello importante per una Italia a 100 Megabit, a partire dagli edifici pubblici e dalle PA. Ma è proprio sulle velocità abilitate che si sono concentrate le polemiche sulla gara. A vincere sarà infatti l’offerta più bassa, ricevuta da Consip, su velocità di 8 Megabit. Gli aggiudicatari della gara offriranno anche velocità superiori a questo minimo e- probabilmente, a giudicare dall’orientamento di Crescita Digitale- la Presidenza del Consiglio chiederà alle amministrazioni pubbliche di comprare collegamenti a 100 Megabit. Altrimenti, il Sistema risulterà incompatibile con gli obiettivi generali di infrastrutturazione del Paese. A questo punto però si aprono due questioni: gli operatori vincitori saranno davvero in grado di garantire i 100 Megabit su tutto il territorio nazionale, cioè a tutte le PA richiedenti? E- soprattutto- a quali condizioni? Non risulta che gli operatori con l’offerta al momento più bassa alla gara (Tiscali e BT Italia) abbiano reti capillari in fibra ottica. Né piani industriali per realizzarli.
Il rischio principale sembra questo: visto che a vincere sarà l’offerta più bassa sugli 8 Megabit, non è detto che il listino dei due vincitori sia il più concorrenziale anche per i 100 Megabit. Che è però la vera velocità che interessa alle PA, nel nuovo piano.
E’ un nodo che si rivelerà nelle prime settimane del 2015, a valle dell’aggiudicazione della gara, e sarà certo all’attenzione dell’Agenzia per l’Italia Digitale.