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Start up, dalle ceneri nasce l’innovazione

Il Nokia’s Bridge Programm offre ai dipendenti licenziati formazione e servizi per lanciare nuove imprese: come Jolla Mobile, progetto creato da un gruppo di ingegneri tagliati fuori dalla società finlandese. Ecco le nuove strategie per liberare spirito imprenditoriale anche in tempi di crisi

Pubblicato il 18 Feb 2013

Giovanni Iozzia

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Di necessità si fa virtù. E si può fare anche innovazione. Il professor Mikkel Draebye, danese trapiantato in Italia dove insegna Strategia e imprenditorialità alla Sda Bocconi, riassume la questione in una domanda: perché quando siamo dipendenti il tasso di motivazione e creatività è di solito molto basso? Lui cerca risposte da dieci anni e adesso si trova di fronte a una domanda capovolta: “liberare” lo spirito imprenditoriale dei dipendenti può essere un modo per aiutarli anche quando non servono più?
È l’altra faccia della medaglia start up: non solo ascensore giovanile verso la cultura d’impresa, ma anche soluzione di “rinascita” per chi viene licenziato da un’azienda che trova un modo innovativo e non assistenziale per esercitare la propria responsabilità sociale. Gli incubatori o i fondi aziendali per l’imprenditorialità non sono una novità (Microsoft, Cisco, Vodafone, Pearson hanno avviato attività del genere), ma sostenere la nascita di nuove imprese quando si ridimensiona la propria è un altro discorso, che ha la sua migliore esemplificazione in Nokia: 10mila dipendenti eliminati a livello globale, 3.700 solo in Finlandia, seminando contemporanemente tante piccole nuove imprese al punto da aver fatto di Helsinki una delle capitali europee delle start up. Lo strumento è stato il Nokia’s Bridge Programm, lanciato nel 2011, un ponte appunto dalla vita “dipendente” a quella imprenditoriale. Qualcosa di piccolo dal punto di vista economico (il fondo è di 150mila euro) ma molto importante per la cultura dell’azienda, che offre ai dipendenti “bruciati” formazione e servizi per lanciare una start up. Ne sono state create un centinaio (non ci sono dati ufficiali).

Per molti si è trattato di recuperare e rilanciare progetti sviluppati all’interno dell’azienda, che quindi si è dimostrata disponibile a cedere alcuni suoi asset senza inutili gelosie. Altri hanno inventato business ex novo potendo contare su 25mila euro di aiuto (che possono arrivare a 100 mettendosi insieme ad altri tre colleghi di sventura). Il caso eclatante è quello di Jolla Mobile. Nel 2011 Marc Dillon viene licenziato dopo 10 anni di lavoro fra Helsinki e gli Stati Uniti. Nokia ha deciso di abbandonare la piattaforma open source MeeGo, creata in partnership con Intel nel 2010, perché sta andando verso l’accordo con Microsoft per Windows 8. Lui e il suo gruppo di ingegneri non servono più. Ma loro non intendono sprecare il lavoro fatto da dipendenti. Ottengono la licenza, la adattano e lanciano SailFish, che punta dritto al mercato cinese, dove dovrebbe debuttare questa primavera. Intanto Dillon a fine febbraio parteciperà al Mobile World Congress di Barcellona, dove presenterà il suo Keynote due giorni dopo il boss di Nokia Stephan Elop. Titolo: Mobile come piattaforma per l’innovazione. E per una nuova vita. La barchetta a remi (questo significa Jolla) si sta facendo largo nel grande mare della telefonia grazie all’uso intelligente di un patrimonio che altrimenti sarebbe andato perso.

Nokia non fa equity, non prende quote. Si limita a una sorta di outplacement imprenditoriale che a un certo punto, probabilmente già quest’anno, superata la fase critica dei tagli, terminerà. “Questa non è esattamente la corporate entrepreneurship, che prevede che l’azienda mantenga un ruolo nella start up e ne abbia un ritorno”, osserva Draebye. In Italia non ci sono ancora casi strutturati, ma qualcosa si sta muovendo. “Un grande banca con 2mila dipendenti con la necessità di una pesante ristrutturazione sta considerando la possibilità di avviarli verso start up, aiutandoli sia con servizi sia con finanziamenti, tenendo una piccola quota delle nuove società”, anticipa il professore, che aggiunge: “in Italia abbiamo ormai diversi esempi di aziende che hanno cominciato a pensare in salute all’innovazione in maniera più diffusa”. E pensa a Reale Mutua o IntesaSanPaolo o Whirpool, che ha un venture fund interno e ha affermato il principio che l’innovazione non nasce solo nel reparto Ricerca&Sviluppo, ma è responsabilità di tutti. E vantaggio di tutti. Anche quando non si è più dipendenti.

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